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CLASSICI

Alfredo Ronci

Un’autobiografia dolorosissima: “Si fa presto a dire fame” di Pietro Caleffi.

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In questo libro di memorie, scritto nel 1954, Piero Caleffi rievoca, a dieci anni di distanza, le esperienze vissute tra il 25 luglio del 1943 e il maggio 1945. Antifascista militante, dopo l’8 settembre 1943, lavora per la missione Law, diretta da Mino Steiner, fino a quando fu arrestato da fascisti e tedeschi e torturato. Per il suo rifiuto di parlare della sua attività clandestina, Caleffi fu destinato, nell’agosto del 1944, ai lager tedeschi, prima in quello, tollerabile, di Bolzano, poi in quello, sinistramente famoso di Mauthausen. Il valore civile, morale, letterario della testimonianza di Si fa presto a dire fame fu riconosciuto dal giudizio espresso dalla Giuria che assegnò a questo libro il Premio Venezia della Resistenza 1954-1955. Il migliore commento di queste pagine restano le parole scritte da Ferruccio Parri nella prefazione: “E difficile diventa scriverne. Un gesto, un’invettiva, una maledizione: a questo ridurrei l’introduzione. E’ l’ultima pagina, l’ultima riflessione, dolente e rasserenata e umana, a richiamarmi da questa tentazione di fuga, perché sia fatta nostra e serva anche a noi l’infinita sofferenza di questo compagno ritornato e dei molti che non sono tornati”.
Tracce del libro: (Pag. 17) Come tutti quelli della mia età, che erano contro, a quarantadue anni ero ancora un inquieto, un insoddisfatto, un “incompiuto”.
(Pag. 23) Era il caos. Mancavano ordini, mancava ogni traccia di un qualsiasi orientamento. Le autorità civili annaspavano quanto quelle militari. Lo smarrimento era quello che prende gli occupanti di una nave in pericolo.
(Pag. 110) Mi disse un giorno. “A volte mi dispero perché in Grecia, e ora qui in montagna, ho ucciso degli uomini”. “Non è tua colpa” gli risposi. “Non è per la colpa, che del resto non sento. Grava su noi uomini questa maledizione, che siamo costretti a vedere il Male in altri uomini. E allora il Bene ci impone di sparare. Ma in Grecia, in Grecia questo non valeva. Sapevo che il Male eravamo noi. E quelli che si difendevano, erano nel loro diritto”. “Tu sparavi per non essere ucciso.” “Non è una buona ragione”. E si prendeva la testa tra le mani e meditava.
(Pag. 128) “… La Chiesa è la verità, c’è Dio in essa.” “Dio è dunque con Mussolini? Gott mit uns?” “Sei un bestia, Gesù perdonami. Cosa c’entra?” “Ma Pio XII…”.
(Pag. 155) Ne fossero o no coscienti, i fascisti erano stati gli anticipatori del campo di sterminio.
(Pag. 207) In quei giorni non vi fu più tragedia personale, non vi fu più morte di uomini perché non vi era più vita di uomini. La tragedia divenne collettiva, gigantesca, la tragedia di quarantamila creature, per la maggior parte ammassate nel campo 2, nel campo 3, e nel “campo russo”, che si tenevano aggrappate a un filo di vita per animalesco istinto, ma che ormai andavano abbandonandosi, sempre più numerose, alla dissoluzione, prima ancora di spirare.
(Pag. 212) Un compagno che mi era vicino mi disse: “Il crematorio lavora”. “Bene” risposi “abbiamo un po’ di carne.” Più tardi ripensai a quel fatto e a quel dialogo e sentii un orrore immenso.
(Pag. 214) … un caporale SS, venuto a quell’ora chi sa per cosa, prese fra le braccia un bambino dei più piccoli, aveva forse cinque anni. Il caporale aveva un faccione tondo e pieno e ridente. Cominciò a palleggiare il bambino, buttandolo in alto per gioco, e a un tratto, senza che nulla facesse pensare a una cosa simile, lo lanciò con forza sui fili spinati del muro di cinta, percorsi da corrente ad alta tensione. Il piccolo vi rimase impigliato con il vestituccio a zebra ciondolante al vento, che sembrava l’ala di un uccello fulminato.
(Pag. 225) “Negri, com’è bella la vita” dissi. “Sarebbe bella se non ci fosse guerra” rispose. “forse non ci saranno più guerre, se i giovani saranno capaci di formare un mondo nuovo”.
E con questa attualissima conversazione chiudiamo gli inserti. Abbiamo deciso di riportare unicamente chiarimenti e brani dell’opera senza un nostro intervento perché ci sembrava corretto fare così, soprattutto per un profondo rispetto per l’autore e per tutti quelli che hanno sopportato il Male.



L’edizione da noi considerata è:

Piero Caleffi
Si fa presto a dire fame
I Record. Mondadori




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