CLASSICI
Alfredo Ronci
Un maestro, disperato tra i disperati: Lorenzo Viani e il suo 'Angiò, uomo d'acqua'.
Qui non si può parlar d'arte, ma solo di letteratura: non un limite, ma una necessità. Altrimenti non basterebbe spazio per studiare Viani e la sua statura di pittore.
Andiamo sullo scrittore, che conosciamo meglio e che più s'addice all'occasione. Sullo scrittore e sulle 'sue' creature, quelle che amò e sulle quali costruì un universo letterario, ma che era solo specchio della vita: i reietti, i diseredati, gli esclusi, gli emarginati, i disgraziati, i soli e disperati.
Non è facile raccapezzarsi sull'opera narrativa di Viani ma, in questa, un punto solido e in comune v'è: l'amore per il diverso, colui che la società emargina, vuoi per condizioni 'oggettive', vuoi per gli accadimenti incerti del destino.
Ma non si può parlar della solidarietà dell'uomo se non s'accenna alle sue innumerevoli passioni politiche: prima anarchico, poi socialista, poi socialista rivoluzionario, infine fascista. Ma di quest'ultima ne fece, pare, una sorta di paravento per le sue stringenti necessità economiche.
Insomma un'irrequieto, fin da bambino, e l'urgenza del vivere lo portò spesso in giro per altri paesi (soprattutto la Francia e Parigi), alla ricerca di un centro di gravità: ma nei pochi momenti di tranquillità dipingeva, illustrava e scriveva, come primiera risorsa.
Gli ubriachi (1923) erano bozzetti sapidissimi e violenti, dove è presentata una Versilia di tipi avventurosi e anarchici, coraggiosi sul mare e rissosi in terra.
Parigi, (1925) nonostante le lumieres è anch'essa città di diseredati e di ubriachi, di scarti della società.
Ne I Vageri (1927) (come a dire navageri, cioè marinai) Viani rivendica le sofferenze dei suoi eroi e s'augura per loro un'era di giustizia sociale.
Le chiavi nel pozzo (1935) offre un quadro desolato della mente umana mischiando le sue esperienze di ricoverato in una casa di cura con occasionali visite nel manicomio di Maggiano che furono anche fonte di ispirazione di numerosi dipinti.
Angiò, uomo d'acqua (1928) è il suo romanzo più famoso, accompagnato sia nell'edizione principale (Alpes), sia in quella che stiamo considerando (Rizzoli) da una serie di disegni dell'autore come compendio di un'arte unica.
Il personaggio di Angiò è una figura realmente esistita a Viareggio alla fine dell'ottocento. Il suo nome vero era Angelo Bertuccelli, detto appunto Angiò, di statura bassissima e di lineamenti grotteschi: di carattere tanto generoso quanto litigioso e attaccabrighe.
Un giorno una goletta in partenza da Viareggio trovò delle difficoltà ad uscire perché la carena toccava praticamente il fondo. Il capitano chiese agli uomini quale profondità vi fosse in quel preciso punto. Angiò si gettò in acqua e riemergendo disse: 'C'è un uomo d'acqua'. Non riflettendo che la sua bassissima statura era mezza altezza d'uomo.
Questo è l'avvio, poi il personaggio di Viani è altra cosa, compendio di caratteri e ossessioni e summa dell'arte letteraria dello scrittore/pittore toscano.
Un uomo (mezzo?) che rinuncia incredibilmente al mare, facendo voto, dopo aver temuto per la propria vita in seguito ad una terribile tempesta. Unico suo rifugio: una casupola in prossimità del mare lungo la sottile linea della costa e arrivando a cibarsi solo della straccatura (cumuli delle cose lasciate dal mare). Padrone assoluto del suo spazio allontana chiunque si avvicini (non fa così il cane che, pur legato, abbaia in continuazione contro quegli sconosciuti che hanno l'ardire di avvicinare la casa del padrone?) ma, nonostante la sua indole rissosa e schizzinosa, è continuamente oggetto di scherzi e perfidie da parte dei suoi concittadini (ragazzi ed adulti) di statura 'normale'. Angiò è un giullare potentissimo e fragilissimo.
Inevitabile che un reietto del genere possa confrontarsi solo ed unicamente con un suo pari di isolamento: il gigantesco ed astato Fello che, seppur respinto dopo qualche tempo, accorrerà in aiuto di Angiò quando questi, ripreso dalla nostalgia del mare, è salvato da annegamento sicuro.
Angiò, uomo d'acqua non è lettura facile: ricca di idiomi dialettali (in soccorso del lettore un glossarietto finale di termini marinareschi e vocaboli meno comuni scelti appositamente dall'autore) s'innesta in un tradizione letteraria di sperimentazione linguistica e dove, al dire del postfatore Marcello Ciccuto... è anche palpabile quanto la rabbia anarchica del giovane Viani si sia depurata a quest'altezza in un eccesso di espressività densa, magmatica, tutta in incontrollata antitesi così al silenzio metafisico come all'ironica leggerezza dei futuristi.
Così come nel suo 'marasma' ideologico Viani rispetta nella pittura e nella letteratura quel suo sentire istintuale ed animalesco: morirà affrescando, il 2 novembre del 1936, il Collegio ostiense degli Orfani del Mare.
In perfetta coerenza coi suoi personaggi più amati.
L'edizione da noi considerata è:
Lorenzo Viani
Angiò, uomo d'acqua
Rizzoli - 1982
Andiamo sullo scrittore, che conosciamo meglio e che più s'addice all'occasione. Sullo scrittore e sulle 'sue' creature, quelle che amò e sulle quali costruì un universo letterario, ma che era solo specchio della vita: i reietti, i diseredati, gli esclusi, gli emarginati, i disgraziati, i soli e disperati.
Non è facile raccapezzarsi sull'opera narrativa di Viani ma, in questa, un punto solido e in comune v'è: l'amore per il diverso, colui che la società emargina, vuoi per condizioni 'oggettive', vuoi per gli accadimenti incerti del destino.
Ma non si può parlar della solidarietà dell'uomo se non s'accenna alle sue innumerevoli passioni politiche: prima anarchico, poi socialista, poi socialista rivoluzionario, infine fascista. Ma di quest'ultima ne fece, pare, una sorta di paravento per le sue stringenti necessità economiche.
Insomma un'irrequieto, fin da bambino, e l'urgenza del vivere lo portò spesso in giro per altri paesi (soprattutto la Francia e Parigi), alla ricerca di un centro di gravità: ma nei pochi momenti di tranquillità dipingeva, illustrava e scriveva, come primiera risorsa.
Gli ubriachi (1923) erano bozzetti sapidissimi e violenti, dove è presentata una Versilia di tipi avventurosi e anarchici, coraggiosi sul mare e rissosi in terra.
Parigi, (1925) nonostante le lumieres è anch'essa città di diseredati e di ubriachi, di scarti della società.
Ne I Vageri (1927) (come a dire navageri, cioè marinai) Viani rivendica le sofferenze dei suoi eroi e s'augura per loro un'era di giustizia sociale.
Le chiavi nel pozzo (1935) offre un quadro desolato della mente umana mischiando le sue esperienze di ricoverato in una casa di cura con occasionali visite nel manicomio di Maggiano che furono anche fonte di ispirazione di numerosi dipinti.
Angiò, uomo d'acqua (1928) è il suo romanzo più famoso, accompagnato sia nell'edizione principale (Alpes), sia in quella che stiamo considerando (Rizzoli) da una serie di disegni dell'autore come compendio di un'arte unica.
Il personaggio di Angiò è una figura realmente esistita a Viareggio alla fine dell'ottocento. Il suo nome vero era Angelo Bertuccelli, detto appunto Angiò, di statura bassissima e di lineamenti grotteschi: di carattere tanto generoso quanto litigioso e attaccabrighe.
Un giorno una goletta in partenza da Viareggio trovò delle difficoltà ad uscire perché la carena toccava praticamente il fondo. Il capitano chiese agli uomini quale profondità vi fosse in quel preciso punto. Angiò si gettò in acqua e riemergendo disse: 'C'è un uomo d'acqua'. Non riflettendo che la sua bassissima statura era mezza altezza d'uomo.
Questo è l'avvio, poi il personaggio di Viani è altra cosa, compendio di caratteri e ossessioni e summa dell'arte letteraria dello scrittore/pittore toscano.
Un uomo (mezzo?) che rinuncia incredibilmente al mare, facendo voto, dopo aver temuto per la propria vita in seguito ad una terribile tempesta. Unico suo rifugio: una casupola in prossimità del mare lungo la sottile linea della costa e arrivando a cibarsi solo della straccatura (cumuli delle cose lasciate dal mare). Padrone assoluto del suo spazio allontana chiunque si avvicini (non fa così il cane che, pur legato, abbaia in continuazione contro quegli sconosciuti che hanno l'ardire di avvicinare la casa del padrone?) ma, nonostante la sua indole rissosa e schizzinosa, è continuamente oggetto di scherzi e perfidie da parte dei suoi concittadini (ragazzi ed adulti) di statura 'normale'. Angiò è un giullare potentissimo e fragilissimo.
Inevitabile che un reietto del genere possa confrontarsi solo ed unicamente con un suo pari di isolamento: il gigantesco ed astato Fello che, seppur respinto dopo qualche tempo, accorrerà in aiuto di Angiò quando questi, ripreso dalla nostalgia del mare, è salvato da annegamento sicuro.
Angiò, uomo d'acqua non è lettura facile: ricca di idiomi dialettali (in soccorso del lettore un glossarietto finale di termini marinareschi e vocaboli meno comuni scelti appositamente dall'autore) s'innesta in un tradizione letteraria di sperimentazione linguistica e dove, al dire del postfatore Marcello Ciccuto... è anche palpabile quanto la rabbia anarchica del giovane Viani si sia depurata a quest'altezza in un eccesso di espressività densa, magmatica, tutta in incontrollata antitesi così al silenzio metafisico come all'ironica leggerezza dei futuristi.
Così come nel suo 'marasma' ideologico Viani rispetta nella pittura e nella letteratura quel suo sentire istintuale ed animalesco: morirà affrescando, il 2 novembre del 1936, il Collegio ostiense degli Orfani del Mare.
In perfetta coerenza coi suoi personaggi più amati.
L'edizione da noi considerata è:
Lorenzo Viani
Angiò, uomo d'acqua
Rizzoli - 1982
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