RECENSIONI
Aldo Nove
Maria
Einaudi, Pag.36 Euro 8,00
"Ora che pure Benigni s'è sposato/non abbiamo più chi ci bestemmia sul mercato". Simpatico distico, preso di pacca da Sopravvoliamo, una delle sigle di coda di Tunnel, trasmissione comico-satirica dei primi anni '90. E però: Aldo Nove, se si segue il suo percorso affettivo, si può proprio sostenere che deragli? Direi di no. Gradualmente, dall'esordio con Woobinda per Castelvecchi, sino alle ultime riuscite, è emersa rafforzandosi la vena dell'emotività - o meglio: l'Autore ha creduto bene occuparsi sin dall'inizio delle situazioni e delle scritture che più coinvolgono, come volesse contrastare (o anatomizzare per contrasto) l'incipiente atonia affettiva, il raffreddarsi progressivo, che caratterizza il nostro tempo, assieme all'esplosione emozionale. Pare esserci difatti un'incapacità diffusa tra le persone di modulare l'espressione dei sentimenti: si passa dall'ira più rapida all'anodino, trascurando o ignorando gli stadi mediani.
Aldo Nove, insomma, naviga tra bonacce e tempeste, mettendo in scena un'umanità la quale, implicata che sia nell'azione più abnorme o nel più sciatto, banale, quotidiano dei comportamenti, sembra esserlo per aver smarrito il vocabolario per esprimere e il codice per interpretare la geometria delle emozioni - rimane allora o il trucido o l'intimista sino al dolciastro. E grande rilievo ha, in questo viaggio, il vascello usato; una lingua che ha diversi pregi funzionali, e uno, in specie, che c'introduce a parlare di questo Maria: l'importanza data agli elementi che richiamano, alludono o disegnano il cosiddetto trash.
Non stupisce dunque che la traiettoria tematica di Nove intersechi un genere, quello devozionale-agiografico, che perfino negli episodi meglio riusciti conserva scorie di sdolcinato e di gusto discutibile. Qui siamo tra martedì grasso e venerdì santo, come diceva Manzoni del Tommaseo: anzi, un tantino più giù, a sentire Guido Vitiello, (1) che, rinnovando il genio del Gadda fustigatore delle illogicità del Foscolo e del Carducci, ribattendo alla tesi di Andrea Cortellessa per cui l'Autore sarebbe riuscito "a fare propria (...) la tradizione secolare dell'inno mariano", così commenta: "peccato che di questa tradizione la novena di Nove serbi solo il peggio". Segue divertentissima farsa, ovvero le rime a casaccio, i calchi cantautoriali, le gratuità pseudopolitiche, la metrica balbettante quando non fuori luogo (un settenario doppio al posto d'un endecasillabo), insomma le pécche riscontrate nel tentativo del poeta. Insomma: Nove ora prova, ma non ora pro Nove.
Oddìo: che il Nostro dispari come Word-binder non fosse di livello eccelso, ben ce l'aveva fatto sapere Sergio Claudio Perrone, (2) bastonandone la traduzione dei versi di Murray Lachlan Young - ove non solo l'insipienza tecnica di Nove lo conduce a marchiani errori di ribaltatura, ma in cui è palese un'"assoluta e imperterrita sordità in materia di suono & senso" - dacché l'atroce massacro (anzi, il "rifugio insaguinato", come lo volta l'improvvido volgarizzatore) del testo. Su questi bei fondamenti, non c'è da stupirsi che Maria rinnovi il detto crociano, secondo cui prima dei diciotto anni, tutti scrivono poesie, dopo, solo due tipi umani residuano: i poeti, e i cretini.
Più che a Rebora, o al Manzoni sacro - evocati da Alessandro Zaccuri nel suo volgar'elogio - (3) a chi paragoneremo allora questa generazione versiforme dell'ex-cannibale? Intervistato da Daniela Piccini, (4) Nove riflette: "Al di fuori di un libro, oggi, quand'è che viviamo veramente qualcosa? Forse quando ci nasce un figlio, o ci muore un genitore. Per il resto stiamo dentro una massa molliccia di tipo mediatico". E, accennando ai tempi lunghi della letteratura, per i quali si può interloquire oggi coi protagonisti d'antichi dibattiti (si cita Agostino), il secondo Aldo Nazionale si spinge a rilevare: "io posso dialogare con lui, provare commozione per quello che dice: questo (sic) è cultura, questo corto circuito amoroso tra vivi e morti". Non sono considerazioni trite o convenzionali: si riferiscono, presumo, ad un sentimento vero, ad un'esperienza vissuta. Ecco allora che il poeta al quale Aldo Nove più esattamente si riferisce sia quell'Alessandro Satta Centanìn ch'è - per quel che risulta - l'anagrafe dello pseudonimo. Smascheratosi, l'Autore entra a far parte definitiva di quel mondo che ha sempre descritto come repellente - e col quale non ha mai cessato d'avere intimo contatto. Offrendo l'occasione ai critici di comprendere quanto, essendo discutibile l'occasione che fa piangere la massaia sulla telenovela, nondimeno quel pianto sia autentico, veramente sofferto, del tutto degno di rispetto.
Nessun giudizio.
1) in www.poetastri.com. Data: venti febbraio 2007;
2) ne il Foglio del ventiquattro maggio 2003, ora in www.poetastri.com;
3) vedi www.db.avvenire.it;
4) da Così Maria mi ha sedotto, in www.sanpaolo.org.
di Marco Lanzòl
Aldo Nove, insomma, naviga tra bonacce e tempeste, mettendo in scena un'umanità la quale, implicata che sia nell'azione più abnorme o nel più sciatto, banale, quotidiano dei comportamenti, sembra esserlo per aver smarrito il vocabolario per esprimere e il codice per interpretare la geometria delle emozioni - rimane allora o il trucido o l'intimista sino al dolciastro. E grande rilievo ha, in questo viaggio, il vascello usato; una lingua che ha diversi pregi funzionali, e uno, in specie, che c'introduce a parlare di questo Maria: l'importanza data agli elementi che richiamano, alludono o disegnano il cosiddetto trash.
Non stupisce dunque che la traiettoria tematica di Nove intersechi un genere, quello devozionale-agiografico, che perfino negli episodi meglio riusciti conserva scorie di sdolcinato e di gusto discutibile. Qui siamo tra martedì grasso e venerdì santo, come diceva Manzoni del Tommaseo: anzi, un tantino più giù, a sentire Guido Vitiello, (1) che, rinnovando il genio del Gadda fustigatore delle illogicità del Foscolo e del Carducci, ribattendo alla tesi di Andrea Cortellessa per cui l'Autore sarebbe riuscito "a fare propria (...) la tradizione secolare dell'inno mariano", così commenta: "peccato che di questa tradizione la novena di Nove serbi solo il peggio". Segue divertentissima farsa, ovvero le rime a casaccio, i calchi cantautoriali, le gratuità pseudopolitiche, la metrica balbettante quando non fuori luogo (un settenario doppio al posto d'un endecasillabo), insomma le pécche riscontrate nel tentativo del poeta. Insomma: Nove ora prova, ma non ora pro Nove.
Oddìo: che il Nostro dispari come Word-binder non fosse di livello eccelso, ben ce l'aveva fatto sapere Sergio Claudio Perrone, (2) bastonandone la traduzione dei versi di Murray Lachlan Young - ove non solo l'insipienza tecnica di Nove lo conduce a marchiani errori di ribaltatura, ma in cui è palese un'"assoluta e imperterrita sordità in materia di suono & senso" - dacché l'atroce massacro (anzi, il "rifugio insaguinato", come lo volta l'improvvido volgarizzatore) del testo. Su questi bei fondamenti, non c'è da stupirsi che Maria rinnovi il detto crociano, secondo cui prima dei diciotto anni, tutti scrivono poesie, dopo, solo due tipi umani residuano: i poeti, e i cretini.
Più che a Rebora, o al Manzoni sacro - evocati da Alessandro Zaccuri nel suo volgar'elogio - (3) a chi paragoneremo allora questa generazione versiforme dell'ex-cannibale? Intervistato da Daniela Piccini, (4) Nove riflette: "Al di fuori di un libro, oggi, quand'è che viviamo veramente qualcosa? Forse quando ci nasce un figlio, o ci muore un genitore. Per il resto stiamo dentro una massa molliccia di tipo mediatico". E, accennando ai tempi lunghi della letteratura, per i quali si può interloquire oggi coi protagonisti d'antichi dibattiti (si cita Agostino), il secondo Aldo Nazionale si spinge a rilevare: "io posso dialogare con lui, provare commozione per quello che dice: questo (sic) è cultura, questo corto circuito amoroso tra vivi e morti". Non sono considerazioni trite o convenzionali: si riferiscono, presumo, ad un sentimento vero, ad un'esperienza vissuta. Ecco allora che il poeta al quale Aldo Nove più esattamente si riferisce sia quell'Alessandro Satta Centanìn ch'è - per quel che risulta - l'anagrafe dello pseudonimo. Smascheratosi, l'Autore entra a far parte definitiva di quel mondo che ha sempre descritto come repellente - e col quale non ha mai cessato d'avere intimo contatto. Offrendo l'occasione ai critici di comprendere quanto, essendo discutibile l'occasione che fa piangere la massaia sulla telenovela, nondimeno quel pianto sia autentico, veramente sofferto, del tutto degno di rispetto.
Nessun giudizio.
1) in www.poetastri.com. Data: venti febbraio 2007;
2) ne il Foglio del ventiquattro maggio 2003, ora in www.poetastri.com;
3) vedi www.db.avvenire.it;
4) da Così Maria mi ha sedotto, in www.sanpaolo.org.
di Marco Lanzòl
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Einaudi stile libero, Pag. 111 Euro 15,50Ora capisco le sue ossessioni mariologiche: non sa dove sbatter testa. Nove ormai è rimasto solo un nom de plume, se fosse un voto nemmeno ad educazione fisica. 'Ste ginniche performances da vita oscena fanno francamente ridere i polli. Che vuoi che sia un po' di sm, un po' di bondage e un po' di noioso bisessualismo: ma davvero basta questo per render pubblica una 'vita spericolata'? Ma dài!
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