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Il Paradiso degli Orchi
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RACCONTI

Elisabetta Bordieri

Addosso a me

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Ieri.

Un martedì inutile, tiepido e senza vento. Un giorno fottuto di aspettative che sempre piovono come grandine sui mandorli in fiore. La mia mente lontana dal raccogliere i danni che poi avrei bruciato al vento. Ero ancora lì a credere che c'è un tempo per tutto. Niente di più falso. Il tempo non esiste. Poi arriva mercoledì.



Oggi.

Giornata infame. Di quelle si dice ispirino gli artisti. Cosa c'è da ispirare poi. Bloccata qui, dentro questa camera, a guardare fuori le colline diventare petroliere in un mare folle di temporali. Un grigiume intorno da far paura. Nemmeno due timide ali di un airone sul fiume. Niente. Niente che ricordi la mia vita di poche ore fa. Niente.



Ieri.

"Sono tre ore che stai su quel libro bellina, servirebbe anche a me"

"Scusa? Ci sono altri mille libri in questo posto. Consulta gli altri"

"Questo -posto- è una biblioteca comunale dove i libri sono a disposizione di tutti, di t u t t i, e non di una persona sola"

"Beh, senti devo finire una cosa"

"E' un po' che -devo finire una cosa- mi sembra"

"Sto facendo delle ricerche"

"Ah si? E su cosa? Su come esportare frigoriferi obsoleti in Africa?"

"Ma che vuoi?! Non sei simpatico"

"Tu invece pure"

"-Tu invece pure- non è corretto"

"Senti, sbrigati per favore"

"No"

"Come -no-?"

"No. Italiano corretto. Devo finire qui"

"Fanculo"

"Fanculo tu"



Oggi.

Un giorno. Ventiquattro ore. Millequattrocentoquaranta minuti. Ottantaseimilaquattrocentosecondi secondi. Questo il tempo per perdermi, senza ritrovarmi, dentro una fantasia fatta di poco e di amaro. Ma gli eventi fortuiti hanno sempre il loro fascino su di me. Solo perchè banalmente sanno di mistero e magia. Quasi leggessi un almanacco del soprannaturale dei secoli. Una dolce stregoneria atavica che mi fa entrare in un vortice di luce e di energia vibrazionale. Lo sconosciuto è miele e io una stupida mosca attratta da una strana delicatezza che non ricordo.



Ieri.

"Ehi, vieni, interrompo per poco, e comuque non sono tre ore. Ehi!"

"Che ti strilli! Non siamo mica al mercato! Grazie, comunque, ho fatto anch'io"

"Ma se non ti ho visto consultare alcun altro libro!"

"Ho consultato un computer. Cose moderne, i computer, hai presente?"

"Si, ho presente. E tu devi essere uno che è ancora alla ricerca del punto G"

"Cosa??"

"Niente, troppo complicato, lascia stare"

"Sei una folle"

"Sei uno arido"



Oggi.

Ho ancora sul collo il fiato di questa notte passata ma che stentava ad andare via. Lo scandire dello scorrere dei miei pensieri nel buio sembrava il letto di un torrente fermo e spento in attesa della fredda pioggia.



Ieri.

"Perchè ti serviva il mio libro se poi hai usato il computer?"

"Il -tuo- libro?"

"Che palle! Dai che hai capito!"

"Perchè si"

"Bella risposta"

"Non meno della tua domanda"



Oggi.

E poi la notte è passata per davvero. E la mattina è arrivata senza fatica mentre io ero lì sudata nell'affanno della desolazione.



Ieri.

"La mia ricerca è quasi finita, mi fermo un attimo"

"Caffè?"

"No, quando mi fermo penso"

"Ah. E cosa pensi?"

"Penso a dove vorrei essere"

"Però, potrebbe sembrare interessante. E dove rimarebbe questo posto?"

"Su una nuvola"

"Già, nuvolandia, sembra adatta a te"



Oggi.

Una calamita. Senza sapere il perchè. Eppure stavo lì. Inchiodata lì. In mezzo al silenzio delle sue e delle mie parole. Dicono che il silenzio urli. Non è vero. E' calmo e delicato. É silenzio. Mi guida nei pensieri. Mi rende vulnerabile. Mi ammansisce. E lui, nelle sue provocazioni, era silenzio. Non potevo sapere cosa fosse ieri. Solo dopo, solo oggi, solo alla fine ho saputo cos'era. Era pelle. Era pelle su pelle. E la pelle sa raccontare dettagli che sfuggono al tatto della vita di ogni giorno. Dettagli che sarebbero scivolati via senza lasciare profumo.



Ieri.

"Beh io andrei, ti saluto"

"Si, vado anch'io tra poco"

"Allora ciao"

"Una cosa prima che vai, cos'era la storia del punto G"?

"E tu, cos'era la storia del computer?"

"Non è difficile, per una ricerca si può anche fare uso di un pc, anzi lo fanno tutti, più pratico e anche più attendibile"

"Però rompevi per avere il libro"

"Comunque intendevo questo. Parlavo di questo"

"Io parlavo della stessa cosa"

"No tu parlavi del punto G"

"La stessa cosa, la stessa ricerca"

"Il computer e il punto G sono la stessa cosa??"

"Sono tempo perso"

"Che??"

"Prova a cercare qualche altra lettera"

"Si, tutto l'alfabeto! Sei fuori di testa"

"Sono fuori da tutto. Ciao. Alla prossima"

"E quando sarebbe?"

"Non lo so. Non ho ancora trovato frigoriferi per l'Africa"



Oggi.

Una storia al contrario. Fatta di insulti e rabbia prima. E di desiderio e armonia poi. Un giorno al contrario. Senza particolari essenze. Costruito su assiomi, su parole inutili dette e non spiegate, sulla verità di alcune bugie, su attenzioni mai esistite. Respirare attese, costruirsi illusioni, sceneggiare un film per poche ore come fossero una vita, ha senso solo se fatto con il dovuto distacco, con una opportuna freddezza, quasi con coraggio.



Ieri.

"Ancora qui?"

"Non sono mai andato via. Perchè sei tornata?"

"Bella l'atmosfera che si respira qui, vero?"

"Perchè sei tornata?"

"Ah ecco il libro di prima! Posso un secondo?"

"Fai pure. Perchè sei tornata?"

"Un'aria particolare, calda, quasi un profumo di soffitta, non trovi?, di polvere, di vento. Un posto ingiallito dalla lentezza incantata. Una favola"

"Perchè cazzo sei tornata??!!"



Oggi.

Voglia di leggerezza. Voglia solo di me. Come in un sogno inesistente di un cielo di panna, vedo i colori d'estate prendere forma dentro un gelo profondo. Il mare è sempre blu e riscalda il mio dolce sognare.



Ieri.

"Ti ho appena ho rivolto una domanda e non hai risposto"

"Dimmi"

"Cosa ci fai qui?"

"Sto finendo una ricerca"

"Ricominciamo??"

"Non abbiamo mai iniziato. Sto facendo delle ricerche. Punto. E vorrei portarle a termine"

"Allora cerca bene, e auguri per il tuo punto G!"

"Fai una cosa. Quando avrai finito, immagino dopo tre secondi, non chiedermi -sei venuta?- perchè rivelerebbe lo stronzo che sei!"

"-Chiedermi-?? Io a te? Ma che ti sei messa in testa?? Ti conosco da poche ore e mi stai pure sulle palle!"

"Stronzo e banale. Me ne vado"



Oggi.

I ricordi sono delle brutte bestie, sole e affamate di vendetta. Ricordi di niente. L'ostilità della vita regala attimi insensati e privi di equilibrio. Innamorarsi di questi attimi fa parte del frenetico delirio che accompagna le persone come me. E come sono io?



Ieri.

"Fermati un attimo"

"Che vuoi?"

"Parlarti"

"Devo andare"

"Non andare ora, fermati"

"Non ti stavo sulle palle?"

"Si, ma non è così che funziona"

"Cosa?"

"L'approccio"

"L'approccio? Un consiglio, lascia stare i computer e leggi i libri"

"I consigli si danno solo se richiesti"

"Fa' come ti pare"

"Un attimo aspetta, non andare via"



Oggi.

E poi sono andata via invece. Nella stretta morsa di me stessa. Desiderare e buttare via. Desiderarlo e buttarlo via. Ho tormentato le paure e i dubbi e soffocato ogni singola certezza. Ho sperato che potesse leggere il verso giusto dei miei pensieri attraverso le parole sbagliate. E ora non resta che ieri, con la sua idea vuota di pienezza, con il suo gioco di odori, resta l'ombra di un amore che ha volato senza piume, un fantasma da toccare da vicino, resta una scia bianca ormai sfumata, un nulla mentale. E resta oggi, come ieri. Addosso a me.







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