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Il Paradiso degli Orchi
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INTERVISTE

Carola Susani

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Non è da un giorno che scrivi. La tua cosa migliore?



Probabilmente il libro prima di questo "Pecore vive". (1) S'intitolava "La terra dei dinosauri" (Feltrinelli) - un libro per adulti. Non capire male. Niente luci rosse. Il fatto è che sulla coscienza ho due libri per ragazzi - "Il licantropo" e "Colapesce" (entrambi Feltrinelli), ambientati nel Belice del terremoto. Mentre "La terra" era la cronaca d'una ragazza (della media borghesia romana) che diviene testimone di Geova. Libro controverso: accettato, rifiutato, discusso. Quel che volevo - in parte - ottenere: rifiuto e pensiero.



Che storia hai?



Particolare. Da piccolina - sono classe '65 -, i miei genitori si trasferirono nel Belice devastato dal terremoto. Facevano parte d'un gruppo affine ai "dolciniàni", i seguaci di Danilo Dolci. Ricostruzione e sviluppo in termini non violenti e democratici - non democristiani. Sono stata in valle del Belice per quattro anni, molto piccola: ne sto scrivendo per Laterza.

Esaurita quest'esperienza, senza una lira i miei si trasferirono a Palermo, per cercare di mettere insieme pane e companatico. Sono rimasta lì fino alla mia età di diciott'anni, dopodiché ho lasciato casa e famiglia, e sono venuta su a Roma a studiare lettere. Ho incontrato Gianfranco Goretti ("Franco", da qui in avanti. N.d.R), e abbiamo seguito antropologia culturale per vari anni, laureandoci poi in storia contemporanea. Elaborammo una tesi comune, sull'omosessualità, dividendoci i campi. Considera che in quel periodo c'era l'occupazione, il movimento de "la Pantera". Io e Franco tenevamo seminari, e avevamo organizzato un gruppo che si chiamava ORO - organizzazione per la ricerca sulle omosessualità. C'erano anche altre persone oltre a noi, grazie al cielo, perché da soli non ce l'avremmo fatta. Abbiamo lavorato su omosessualità e fascismo: Franco concentrandosi sui confinati - da quella tesi è venuto il testo che ha realizzato con Tommaso Giartosio (2) -, io esaminando come si era giunti all'esito fascista. Ovvero discutendo lo sguardo positivista sull'omosessualità, quindi la definizione dell'immagine dell'omosessualità. Il che ad esempio coinvolgeva un personaggio interessantissimo, molto moderno, stimato da Dall'Orto: (3) Aldo Mieli, che era il fondatore della "Rassegna di studi sessuali", uno che lavorava sulla liberazione gay nel ventennio. La mia tesi andava da Lombroso ad Aldo Mieli, appunto.



Rispetto a Goretti, indagavi i discorsi sull'omosessualità.



Infatti la mia ricerca s'intitolava "I discorsi sull'omosessualità nel tardo positivismo italiano". C'entravano Lombroso e i lombrosiani, il dibattito tra medici, psichiatri, giuristi e avvocati, fino a giungere alla legislazione vera e propria.



Anche al razzismo italiano - "La difesa della razza" di Interlandi, per dire.



Sì. Ne esce che il fascismo rinuncia a una legge contro gli omosessuali. Siccome i gay in Italia non esistevano. E se esistevano, non era il caso di dirlo. Ma vorrei aggiungere, riguardo al testo di Goretti e Giartosio, che il libro che hanno fatto è un lavoro enorme. E che Franco, quando lavora, ha un rispetto tale per cui ogni incontro non è un'intervista giornalistica, bensì un'amicizia elaborata, una scoperta di com'è ogni persona che ha incontrato. C'è la consapevolezza piena che hai a che fare con delle persone, non con delle "fonti orali", cosa molto rara nella ricerca storiografica. Secondo me lui è un grande raffinato nella ricerca. Poi viene il lavoro di messa in ordine, proprio linguistico... beh, c'è la grande mano di Tommaso (Giartosio, N.d.R), che ha dato aria al saggio. Però ogni contributo è stato preziosissimo, e io conosco bene quello di Franco - che ci ha messo credo cinque o sei anni per concludere.



Veniamo alla tua ultima fatica. Il titolo del libro è "Pecore vive". Non attira subito. Perché l'hai scelto?



Non ho l'ossessione di attirare col titolo. Mi hanno spesso rimproverato per ciò. Mi sembra che il titolo debba dire qualcosa in più rispetto al testo. In questo caso "pecore vive" nasceva da una specie di slogan che oniricamente aveva inventato Gemma - protagonista del racconto centrale. Lei diceva "pecore vive e lupi sazi", come idea di paradiso... dopodiché ho pensato: "ma 'ndo' stanno 'sti lupi sàzzi?" Cioè, l'idea che possano esistere lupi sazi è caduta da sé... e quindi è rimasto "pecore vive". Che un po', se dobbiamo spiegarlo, ha a che fare con lo stare al mondo, con l'essere umani.



Credevo c'entrasse anche la pecora Dolly.



Sì, poràccia... mi piace molto la pecora Dolly... mi ci identifico molto!



Io m'identifico con un porco adulto. Stiamo messi bene, vedo. Comunque, complimenti per la scelta!



(ride) Grazie!



I personaggi di "Pecore vive" si trovano in una condizione "metastabile", che potrebbe cioè evolvere in maniera positiva o negativa.



M'interessano circostanze che hanno vari esiti, perciò indefinite. Dove avviene un fatto grave, che trasforma radicalmente la realtà di queste persone oggi. Però si trascina, non viene risolto. Il cancro trascinato è curabile, ma con interventi continui. M'interessa l'affido, che non è una condizione precisa e risolta, ma è una condizione perennemente in divenire, di grande ansietà. Un altro tema è per esempio il precariato economico... in tutto ciò vi sono le condizioni di incertezza che non sono tanto diverse dallo stare al mondo, e lo ricordano.



"Il male non può essere vinto, ma solo compensato dal bene". Così si legge nel testo. E' un ulteriore elemento di ambiguità nei personaggi - il bene non esiste, è un portato del male, dell'esperienza del dolore?



Intanto la frase è di Gemma, non è mia. Chiarisco, poiché mi è stato chiesto "quanto ti identifichi in questa frase"? Direi quasi per niente. Lei è un personaggio alla ricerca della purezza. Questo è l'unico possibile compromesso con la realtà che hai, se pensi che c'è tutto male e che devi compensarlo con il bene... ho l'impressione che il bene sia molto più espanso, presente, e che tuttavia non sia mai solo... cioè, che siano mischiati i due estremi - non in termini di equilibrio, o di yin e yang... ma dde che! Però ogni nostro gesto li porta entrambi. E il tuo lavoro è discernere, capire come le azioni abbiano un buon esito, benché poi le loro motivazioni siano molto spesso nere.



Ciò dà al libro una dimensione etica rara in un Autore italiano. Risulta dalla scrittura, o è un piano preordinato dovuto a una tensione morale preesistente?



Io ragiono in termini etici, non riesco a togliermi di dosso quest'abito... è il mio modo di guardare il mondo. E' il tema delle scelte - ma quotidiane. Se prendo un caffè, mi pongo il problema: cosa c'è di bene e cosa c'è di male? Figuriamoci quando scrivo. So che scrivo racconti morali, lo voglio anche fare, però progetto racconti morali che siano campi di forze, e in cui il giudizio non sia mai predeterminato.



Se no sarebbe moralismo, non morale. Ma il libro s'apre con una ragazzina che s'intrattiene con dei lombrichi - e son "pensieri lombrichi"! E va a chiudersi con una gentile signora che cova l'uovo d'un lucertolone. Questi sono, chiedo scusa, gli unici due momenti erotici del libro.



(ride) Questo è bellissimo...



E' il "Salò-Sade"? L' umanità fa schifo, dunque meglio i lombrichi e i lucertoloni?



Non proprio. Queste bestiole sono sicuramente una vita allo stato brado, qualcosa di primario. (4) Un ricominciare, che però non esclude il genere umano, un "erotismo", come dici tu, ch'è passione del mondo primaria, arcaica, ancestrale. Ripartiamo da lì!



Nei tuoi racconti mi pare ci sia un' atmosfera espressiva tra l'Amelio de "Le chiavi di casa" e l' Archibugi de "Il grande cocomero". Però, tu citi "Kill Bill" e "Scream".



Guarda, io non vado al cinema. Quando me lo vedo a casa, mi scelgo roba diversa dagli Autori che citi e che comunque rispetto, perché mi interessa stare sopra le righe. Quel che mi attrae in Kill Bill, e nell'horror peggiore, è questo. Che è una delle cose che ci sono nei miei racconti. Quello che già hai citato tu... tutta una storia che si sviluppa attorno all'amore per i lombrichi, per esempio, è stare sopra le righe. O Gemma, che ha una passione per un portantino che tutte le signore alle quali ho fatto leggere il racconto han chiamato "disgustoso". L'horror è un genere che mi interessa molto, però in alcuni suoi meccanismi, non prendendolo per com'è. Poi non è proprio vero che non esistono registi che non mi interessano: Lars von Trier, Atom Egoyan sono miei autori carissimi... proprio perché c'è uno stare sopra le righe, raccontare in una maniera che non è naturalistica.



E' uscito "Contro le donne nei secoli dei secoli", di Silvia Ballestra.



Non l'ho letto, ma lo leggerò.



E' una serrata e ferrata requisitoria contro il violento atteggiamento "maschio vs. femmina", e il contrattacco che si oppone alle conquiste delle donne.



Parlare di ciò implica un discorso d'una complessità enorme. Cercherò d'affrontarne in breve solo alcuni punti. So quanto mi è servita la storia del femminismo per sopravvivere. Ma so pure che il femminismo a un certo punto è stato uno dei luoghi in cui il vittimismo femminile ha trovato modo di metter radici. Devo dire che ho molto poco interesse per il vittimismo. (5) Ma questo tema del superamento del vittimismo e quindi dell'assunzione di responsabilità mi sembra fondamentale, e vale in tutti i campi del pensiero delle donne - perché di loro stiamo parlando. Anche rispetto ai grandi temi della riproduzione. Nel senso che la sensazione di essere sempre eternamente vittime non permette il rapporto reale di assunzione della responsabilità, e anche un pensiero del mondo che dev'essere differente da quello degli uomini. Diciamo però che è anche vero che dopo duemila anni di storia il femminismo ha una storia minuscola, quindi deve maturare un pensiero anche femminile... però sarebbe ora!



Parliamo di questioni più strettamente letterarie. La prima è "chi fur li maggior tui?" - i tuoi Autori di riferimento?



Un sacco di gente: da Dostoevskij a Flannery O' Connor - e stiamo nel campo della "fede". Poi però c'è anche Clarice Lispector, c'è Coetzee. C'è una bella folla di gente che mi sta sulla schiena, e di cui però mi libero molto facilmente, tutto sommato.



Sì, io anche sono una persona affollata. Ma ancora: s'è affermato un italiano letterario "medio", ch'è pure nei tuoi racconti. Vuoi dirci come procede la tua scrittura?



Io parto normalmente dai personaggi. Ognuno di questi racconti è un lavoro su una voce. Difatti, la più difficile è stata la ragazzina, Chiara, perché ho dovuto far risonare nelle mie orecchie un linguaggio, un lessico che veramente è... sì, abbassato si può dire, però non è neanche abbassato perché è per forza metaforico. Detto questo, io non faccio presa diretta. Metto mano alla redazione quasi con violenza, perché la mia scrittura è fortemente ritmica. Cioè, tu pensa che una delle mie prime cose, "Il libro di Teresa" (Giunti), era quasi illeggibile per la densità - ai limiti del poetico. Non si sopportava! E lì, a poco a poco... sono anni che vado cercando di sciogliere questo nodo, però rimane che a me la densità linguistica interessa moltissimo, per il fatto che ogni frase di significati non dico quaranta ma almeno un paio li deve avere! Lo sento come necessità di scrittura. E allora ritmo, polisemanticità, voce del personaggio, devi mette' tutte insieme queste cose, tenendo conto che non bisogna rinunciare alla leggibilità... stare dentro questo quadro. Insomma, è stata 'na fatica!



Una fatica ripagata. Beh, l'esame è finito: trenta e lode.



*****

1) Minimum Fax, Roma 2006;

2) Gianfranco Goretti, Tommaso Giartosio, La città e l'isola, Donzelli, Roma 2006;

3) Giovanni Dall'Orto, scrittore e polemista omosessuale, fondatore con altri di Babilonia, rivista frociarola. Per saperne di più: Gianni Rossi Barilli, Il movimento gay in Italia, Feltrinelli, Milano 1999;

4) cfr. Pino Pascali, ne Le trasformazioni del serpente, montaggio a cura di Marco Giusti;

5) si parla di Robert Hughes, La cultura del piagnisteo, Adelphi, Milano 1994.







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