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Il Paradiso degli Orchi
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RACCONTI

Maurizio Antonetti

Changement d'adresse

immagine
Milano, 1989



Gli occhi di Vanni non vedono lo stillicidio profumato del caffè sui bordi delle tazze. Il viso è rivolto verso l'espresso-bar vicino alla finestra, ma lo sguardo si frantuma in un verde screziato, di pioppi, fuori dal palazzo. Il vetro doppio dell'appartamento ricaccia fuori il trambusto degli uccelli, la cucina galleggia nel silenzio.

Di colpo, un crepito elettrronico spezza l'incantesimo. E' il televisore che si accende, dall'altra parte della stanza.

La voce spavalda di uno speaker americano lo riporta alla realtà delle tazzine e della prima colazione. Vanni spegne la macchinetta del caffè e con rapidità meccanica aggiunge del latte alle tazze schizzate di nero.

"Deux capucins pour mademoiselle" annuncia accentuando grottescamente la parola capucins: in francese significa soltanto "frati cappuccini, senza alcun riferimento alla bevanda calda; Valeria, di solito, finge d'infuriarsi quando Vanni si diverte a storpiare una qualsiasi delle lingue che le permettono di lavorare.

Di solito.

"Mmmmmh... che profumo!" Valeria lo bacia frettolosamente sulla guancia, mentre Vanni depone la tazza sul tavolo, davanti a lei. "dovevi fare il barista, invece di metterti a insegnare musica".

Nel sedersi, Vanni osserva gli schizzi di caffè colati sulle tazze e scopre di non avere fame. Cerca nuovamente i pioppi fuori dall'appartamento. Le foglie più alte arrivano al loro livello, al quinto piano. Soltanto una settimana fa non erano ancora spuntate e ora producono già un effetto ipnotico, sotto l'azione del vento.

Valeria scoppia a ridere.

Vanni si volta di scatto, ferito. Non s'aspettava quell'intromissione. Ma poi si rende conto che la donna, in realtà, non ha mai smesso di fissare il video.

"Negli States" annuncia lei, con evidente riferimentoa una battuta dello speaker, "sono assai più spassosi i tiggì..." s'interrompe per accendersi una sigaretta. Lo sguardo di Vanni si posa sulla tazza della donna, ancora quasi piena "...di tutti quei talk-show demenziali dove trattano gli spettatori peggio della merda. E in Italia, ovviamente, vengono imitati soltanto questi ultimi".

Vanni sorride, ma non per la battuta di Valeria. Semplicemente, trova piuttosto ridicolo il fatto di seguire, alle sette del mattino, il notiziario di un altro continente, trasmesso in una lingua che lui capisce appena. Valeria invece, lei, sa districarsi in cinque lingue. E' il suo lavoro, in agenzia. Quello stesso lavoro che le fa accendere il televisore appena alzata per sintonizzarsi sul network americano. Che la fa andare su tutte le furie ogni volta che lui sbaglia, deliberatamente o meno, un termine straniero... Quasi ogni volta, si corregge.

Sul video scorrono i titoli di coda.

"beh, io vado" Valeria emette uno sbuffo di fumo e spegne la cicca nella tazza. Poi spegne anche la TV. "non importa che sistemi tu... Posso farlo io, questo pomeriggio. Non è oggi, che hai tutte e cinque le ore?"

"No, è domani. Stamattina la prima lezione è alle dieci. Ho tutto il tempo per mettere in ordine, non c'è problema".

Valeria lo guarda negli occhi per la prima volta. Sul volto le sfreccia un'ombra di perplessità. Un silenzio irreale amplifica i piccoli rumori della stanza: il frigo, un orologio, le condutture del riscaldamento.

"Domattina sarò io a preparare i cappuccini, allora".

Altre volte avrebbe detto anche lei capucins, imitando la voce di Vanni per prenderlo in giro.

"D'accordo". Vanni ha già iniziato a sparecchiare, mentre Valeria indossa un vistoso impermeabile viola. In piedi, davanti allo specchio si dà gli ultimi ritocchi di colore al viso.

"Ciao".

Vanni non sente la porta che si chiude alle spalle della donna. Sente, invece, loscatto secco e inaspettato della chiave che gira nuovamente nella serratura, dall'esterno.

"Dimenticavo... c'è posta per te": Il volto di Valeria ricompare tra lo stipite e la porta, perentorio come l'impronta di profumo che l'accompagna ovunque. Sta osservando una cartolina azzurra e gialla dall'aspetto insolito. "L'ho presa l'altro ieri, uscendo... era insieme a dei depliant pubblicitari e per poco non cestinavo tutto. E' un avviso di cambio d'indirizzo, niente d'importante, credo". La rigira più volte fra le mani, incuriosita. "Viene da Amiens, in Piccardia".

"Molto pratici, questi changement d'adresse!" aggiunge nel porgere a vanni la sua cartolina. "Sveltiscono la corrispondenza, dovremmo servircene più spesso anche in Italia".

"Penso di sì..." Vanni non sapeva neppure che esistesse una cartolina per i cambi d'indirizzo.

"Il fatto è che qui nessuno sa dove trovarli..." (sospiro di Valeria) "Del resto, non si può paragonare il servizio postale francese con il nostro... c'è ancora molta strada da qui al '93!"

E' la seconda volta che Vanni la sente parlare di consuetudini straniere. Piuttosto lontane dalla loro vita. O forse soltanto dalla sua.

Però la cartolina è indirizzata a lui. Vanni la sfiora quasi con timore. Potrebbe essere un presentimento.

"Uh, com'è tardi!" Valeria ha scoccato un'occhiata all'orologio appeso al muro. "Ciao!" gli sfiora la guancia con le labbra e un attimo prima di richiudere domanda, divertita "Czermina è un nome di persona o un piatto di minestra?" (1)

Neppure questa volta Vanni percepisce il colpo (più secco di prima) della porta che si chiude.

Czermina...

Ha letto il nome sulla cartolina nello stesso istante in cui Valeria lo ha pronunciato. Poi è arrivata l'onda, violentissima, e vanni ne è stato travolto. Non ha sentito altro, è annegato nel silenzio...

...Il primo appiglio è arrivato dagli alberi. Pioppi, ancora, ma con le foglie gialle, in un parco colorato di ombrelli e di bambini. E case, case dai tetti molto scuri, spioventi, lucidati dalla pioggia.

Salisburgo, 1984. La prima settimana di novembre. Il primo concerto importante di Vanni, come primo violoncello nell'orchestra del conservatorio. C'è l'enorme custodia accanto a lui, sulla panchina. C'è la magia di Rostropovic nella mente, la musica che già vibra nelle dita. C'è l'attesa. E l'euforia della speranza.

Czernina è tutto questo.

C'è una ragazza bionda, appoggiata sulla bici, che continua a fissarmi da sotto l'ombrello. Sorride. Ha gli occhi dello stesso colore della pioggia.

Ewa Czernina...

...un pretesto già dimenticato, parole prese a senso in polacco e in italiano, e poi la fuga in bicicletta sotto l'acqua, in due più un violoncello, tra la folla sbigottita di Getreidegasse e i rimproveri urlati in tedesco; un piccolo attico in faccia a Sebastiankirche, poco più di una soffitta; i panni fradici, stesi su una sedia, la doccia insieme, i nostri corpi avvolti nelvapore, la pelle bianchissima di Ewa, il suo profumo di scoiattolo bagnato; la musica di Ewa "sunday, bloody sunday" a cento watt, Bono Vox che mette in fuga Rostropovic. Le labbra di Ewa, il suo respiro concitato; seni piccoli, di neve candida, capezzoli brillanti come braci; mani avide, baci arroganti, gemiti, morsi, follia...

Ewa Czernina è ancora tutto questo, dopo cinque anni.

Vanni, invece, non studia più al conservatorio. Da un anno insegna musica in una scuola media di Milano; è passato dall'altra parte della barricata. Ha qualche capello di meno e pochi soldi in più. Vive un'altra vita, con un'altra donna. Cinque anni, un abisso.

Chissà se ewa è ancora la stessa studentessa di Varsavia che non può (o non vuole?) rivedere la sua patria. Che adesso viva in Francia, in fondo, non fa nessuna differenza. Amiens o Salisburgo, per un'apolide, sono la stessa città.

Vanni interroga la cartolina come una cartomante i suoi tarocchi: il nuovo indirizzo porta la data del 22 Aprile; le caselle del numero telefonico sono vuote, e il resto è un modulo stampato con la scritta in calce: MERCI DE BIEN VOULOIR LE NOTER.

Che significa? Ewa desidera semplicemente che Vanni annoti quel recapito sulla sua agenda? Talvolta anche le formule stampate nascondono messaggi personali.

La lite con Ewa Czernina era scoppiata proprio per un'agenda piena d'indirizzi.

Lei gli aveva frugato nella giacca, la mattina, prima che lui si svegliasse, e aveva trovato l'agenda. Quindi, dopo aver cancellato tutti i nomi femminili, aveva aggiunto il suo, con l'eye-liner, e sotto kochan çie, "ti amo".

Vanni non aveva capito. Non conosceva il polacco. Si era arrabbiato. La ragazza aveva cominciato a singhiozzare. Vanni la scuoteva e lei continuava a ripetere una frase, la stessa frase, prima in polacco, poi anche in inglese e in tedesco. Finalmente riuscì a farsi comprendere. Gli stava gridando: "Non hai più bisogno di quei nomi, adesso hai me!".

Vanni ebbe paura. Le strappò di mano l'agendina, si svincolò da lei e uscì per sempre dal suo appartamento. Una volta fuori, si rese conto di aver dimenticato la giacca. Faceva molto freddo, ma non trovò il coraggio di tornare. Si strinse più forte al violoncello, e non la rivide mai più.

Cinque anni dopo, Vanni è ancora inchiodato ai ricordi, con una tazza nella mano destra e uno changement d'adress nella sinistra, indirizzato a lui.

Ma è veramente indirizzato a lui? No. Ewa, probabilmente, non vuole comunicare col Vanni di adesso. Se così fosse, gli avrebbe spedito una lettera o, almeno, avrebbe aggiunto le cifre del telefono. Ma Ewa non è tanto ingenua da desiderare oggi ciò che non fu possibile cinque anni fa. Ewa sa che vanni, oggi, divide il letto con uno di quei nomi sbaffati di nero.

L'assurdo è che allora, "Valeria" era soltanto il nome di un'amica, come tutti gli altri, in quell'agenda. La loro relazione è nata solo "dopo", perché l'amore di Valeria parla sì polacco, ma non è polacca; Valeria, in sostanza, è l'esatto contrario di Ewa Czernina.

Neppure Ewa Czernina, tuttavia, può continuare ad essere per sempre la ragazza dagli occhi di pioggia. I cinque anni sono trascorsi anche per lei, cosicché, in realtà, l'abisso che li separa è doppio. Alla stazione di Amiens, Vanni ne è certo, avrà trovato ad attenderla l'uomo che ama.

Ma Ewa, semplicemente tacendo, gli ha permesso di pensarla ancora, con bici e ombrello, sotto la pioggia di Salisburgo. In più gli fa sapere che è disposta a fare altrettanto con lui, tenendo in vita quel Vanni che a Milano non esiste più. Tutto qui. Senza rimpianti e, forse, anche senza nostalgia. Il messaggio non cela nessuna forma di richiesta. E', tutt'al più, un'offerta, che Vanni potrà contraccambiare soltanto tacendo a sua volta. E' quanto di più prezioso potevano donarsi oggi. Ewa, probabilmente, ha già ottenuto tutto l'amore che desiderava. Vanni ha conservato la sua libertà. Non era questo che voleva?

Libertà.

Adesso Vanni fissa di nuovo la finestra. Ha gli occhi sbarrati, come la stessa finestra, come il giardino coi pioppi, chiuso dagli altri palazzi.

Una macchia viola appare in un angolo del quadro. Valeria è scesa in strada. Vanni ha vissuto cinque anni di ricordi neltempo che Valeria impiega a fare cinque piani. Accenna un saluto con la mano, ma Valeria non lo vede; sta salendo sul Mercedes cabriolet di franco, un collega premuroso che passa a prenderla tutte le mattine. Franco, come sempre, le sorride. Vanni chiude gli occhi. Si rende conto, all'improvviso, che la differenza tra Valeria ad Ewa Czernina sta tutta in questo semplice confronto: Ewa, la prima volta che ha letto il nome di Valeria, sull'agenda, ha tentato di distruggerlo e poi gli ha offerto tutta la sua vita in due parole scritte con l'eye-liner. Valeria, invece, non si è neppure accorta che Czernina poteva essere un nome di donna e lo ha paragonato a una minestra.

Non era questo che voleva?



(1) La czernina è un piatto molto apprezzato in Polonia. Si tratta di una minestra a base di riso o di pasta, il cui brodo, dopo la cottura, viene arricchito con del sangue fresco.













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