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Il Paradiso degli Orchi
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RACCONTI

Patrice Salsa

Due mazzi di peonie (traduz.dal francese Marco Lanzòl)

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Sia chiaro che, quando avevano acquistato le peonie mentre Campo - il mercato - andava a chiudere, non sapevano ancora che Steeve sarebbe morto quella sera, anche se la notizia era prevedibile e - perché nasconderlo - attesa.

Avevano preso due mazzi, uno d'un rosa violaceo piuttosto scuro, l'altro rosa, ma più chiaro, quasi lezioso se non ci fossero state screziature color sangue. Non s'erano saputi decidere per l'una o l'altra varietà, e avevano perciò combinato un bouquet sontuoso poiché di massa considerevole. Tale reticenza, piuttosto frequente, nello scegliere tra due piaceri li conduceva regolarmente a degli accordi singolari, che riguardavano la loro vita, gli altri e loro stessi, provocando talvolta lo stupore - o addirittura la riprovazione - nella propria cerchia di conoscenti e amici.

Una volta arrivati a casa, s'erano affaccendati a preparare il pranzo, sistemando le pietanze, decidendo sull'ordine col quale servirle, ed infine mettendo l'olio d'oliva a scaldare. Il più giovane spesso rimaneva commosso, però senza lasciarlo trasparire, dalla costanza che mostravano a voler indovinare e mettere in opera quel che faceva più piacere all'altro. Ciò li portava spesso a delle strategie contorte, che un osservatore esterno avrebbe potuto analizzare come una compiaciuta dipendenza. Quando si compivano, ne provava il sollievo che si sente a saldare un vecchio debito. L'uno e l'altro avevano proposto una soluzione per il vaso destinato ad accogliere i fiori, e, com'era certo, una terza venne scelta.

In serata, un colpo di telefono aveva - infine - avvertito che era successo l'inevitabile: pena e dolore avevano sostituito la tristezza mal dissimulata che aveva marcato il loro ritrovarsi dopo qualche settimana di separazione. La loro amicizia era già antica, ma non s'era costruita nell'evidenza che ne illumina tante altre. Davanti alle reticenze del giovane era servita, al più vecchio, l'ostinazione data dall'esperienza. Il cadetto, perso nella sua difficoltà a stare nel mondo e con gli altri, aveva nondimeno percepito oscuramente in quella relazione in divenire un nodo stretto, che non chiedeva che di sciogliersi, ammesso che ci si sbarazzasse degli orpelli dell'ambiguità. C'erano stati degli scontri, c'erano state degli screzi, c'erano stati degli allontanamenti, ma furono altrettante tappe alchemiche nella sintesi d'un sentimento denso, puro e inossidabile.



Il pomeriggio, le peonie s'erano schiuse, e il variopinto bouquet spandeva la sua fragranza un poco speziata in tutto l'appartamento.



L'indomani, verso mezzogiorno, di ritorno dall'aeroporto, lo sguardo del più giovane si posò lungamente sui fiori, la cui esuberanza e vitalità gli sembrarono anormali, quasi oscene, e si mise a piangere. La mattina era trascorsa rapidamente, nella febbrile attività occasionata dall'organizzazione improvvisa d'un trasloco urgente - millecinquecento chilometri. Aveva parlato poco, scambiando fattive banalità la cui prudenza era un fragile bastione contro il proprio collasso. Il maggiore, partito per compiere i riti dell' addio, era intimamente legato a colui del quale non avrebbe più fatto menzione se non al passato; e non era certo questo il caso del più giovane, il cui dolore, benché di diversa origine, non era meno profondo - poiché sapere che è impossibile, o poco meno, attutire il malessere di quelli che uno ama raddoppia la sofferenza.

Anche sapendo che le peonie ne hanno molto bisogno, dimenticò di aggiungere dell'acqua al vaso, e, in due giorni, il calore e la mancanza d'umidità fece considerevolmente avvizzire i fiori. Ciò gli offrì il destro per una considerazione sulla fragilità. Era parecchio tempo che notava come una metafora, per quanto comune, non era dunque meno forte - e anzi, al contrario, ogni nuovo uso ne riaffermava l'evidenza. Pensare che da Ronsard a Françoise Hardy, tanti poeti avevano cantato l'analogia tra il fiore - che si schiude al mattino per morire la sera - e la caducità del bello, della giovinezza e della vita, non gli impediva di aderire pienamente a quest'immagine. Considerò inoltre, con una specie di apatia che l'inquietò, che, in questo caso, la negligenza, l'oblio, indi la trascuratezza, avevano un effetto d'accelerazione, che faceva risaltare la brutalità dell'esistenza.



Dove' ripartire senza poter attendere il ritorno del suo amico.

Non gettò via il bouquet.

Non ci pensò.



Tre settimane più tardi, in un'altra città, rientrando solitario nell'alba già chiara dopo una notte alcoolica, festiva e itinerante - durante la quale aveva rivisto il più vecchio - e passando nei lungofiume sui quali venivano montati gli stands per il mercato domenicale, fece un mezzo giro a tornare indietro, dopo aver passato di qualche metro un banco che esponeva delle peonie, e ne acquistò un mazzo. Pensava, è evidente, ai fiori abbandonati, e si chiese se il suo amico, scoprendoli, vi aveva visto, sia pure confusamente, il segno che, senza pensarci, aveva voluto lasciargli.

Continuando a seguire il fiume, rifletteva, tanto per farsene gioco quanto per rammaricarsene, alla chimera familiare che l'aveva tenuto sveglio fino al termine della notte, fino a quest'attimo in cui il suo desiderio era completamente estinto, e tutta la sua materia consumata da una fiamma chiara e sterile. C'erano sempre dei momenti difficili, dei momenti in cui si sentiva annientato, pericolosamente stanco, inutile e invisibile.

Canticchiando, con una voce che sapeva orribilmente falsa, una sequela di canzoni particolarmente tristi, ritornò al suo appartamento e mise i fiori nell'acqua, prima di scivolare nel sonno.



Sapeva che, ormai, non avrebbe mai potuto vedere un mazzo di peonie senza pensare a Steeve.







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