ATTUALITA'
Alfredo Ronci
I misfatti della Chiesa cattolica: 'Contro Cesare' di Emilio Gentile.
Benedetto XVI ha recentemente affermato che il 2012 sarà, nonostante gli auspici nefasti di cui si vocifera di continuo e gli spread, l'anno della fede. Ma non sarebbe stato meglio, chessò, proclamare un anno del 'mea culpa' o meglio ancora uno della riconsiderazione, nonostante il pontificato di Woitila e l'attuale di Papa Ratzinger, del Concilio Vaticano secondo?
Il bel saggio di Emilio Gentile Contro Cesare (Cristianesimo e totalitarismo nell'epoca dei fascismi – Feltrinelli 2011) ci offre la possibilità di fare chiarezza su alcuni punti che la miopia contemporanea, se non la cattiva coscienza, se non una muffetta ideologica persistente, ci ha impedito finora di considerare.
Ebbene, lo scopo del professor Gentile, noto non certo per le sue adesioni rivoluzionarie, consiste soprattutto nello studio dei rapporti tra Stato e Chiesa dopo l'avvento dei fascismi (intendendo con simile espressione, il fascismo italiano, il nazismo hitleriano e il comunismo stalinista): rapporti spesso ambigui se non contraddittori.
La contraddittorietà nasceva purtroppo da un conflitto tra chi propugnava un'acquiescenza, rivelatasi troppo spesso immotivata, delle gerarchi ecclesiali nei confronti di un potere sempre più invadente e totalitario, e chi rispondeva con fatti e discorsi inequivocabili, ma frangia minoritaria, sulla strada di un antifascismo cattolico coerente e cristiano.
La maggioranza dei credenti e gran parte del clero, in Italia come in Germania, negò o non seppe o non volle riconoscere la natura anticristiana del fascismo e del nazionalsocialismo, e li considerò alleati formidabili della Chiesa nella lotta contro il comunismo e contro la democrazia laica, che Mussolini e Hitler avevano sconfitto e messo al bando nei loro paesi.
Inutile qui, per questione di tempo, riportare le posizioni antimoderniste di Benedetto XV, di Leone XIII: la loro eredità fu raccolta dai successori, Pio XI e Pio XII con l'unico intento di non rompere i delicati equilibri col potere totalitario in difesa di privilegi e prerogative più che secolari.
Quel che ha sempre indignato nella posizione della Chiesa è la sistematica censura che adottò nei confronti non di chi calpestava i suoi diritti, ma nei confronti di chi nel reclamare gli stessi indicava la strada per isolare i fascismi. E su questo la disamina di Gentile è implacabile e inappuntabile.
Prendiamo il caso di Don Sturzo: il fondatore del partito popolare aveva anche lui una opinione negativa sulla modernità pagana, come già espressa da una serie di papi, ma se ne distanziava su una questione essenziale: il rapporto fra modernità e democrazia che, pur senza essere indagato in forma chiara e coerente dal sacerdote siciliano, introduceva tuttavia una contraddizione notevole nella definizione cattolica della modernità razionale, laica e liberale come un unico processo genetico inevitabilmente e irrimediabilmente marchiato dalla sua origine satanica.
La distanza netta ed inequivocabile di don Sturzo dal fascismo ne determinò ben presto l'allontanamento e l'esilio a Londra. Vero che il 'licenziamento' fu dovuto ad una campagna diffamatoria non solo dei giornali fascisti, ma anche quelli cattolici e dalla pressione del Vaticano stesso, ma in realtà il desiderio stesso del Santo Padre corrispondeva a un desiderio del nuovo Cesare in camicia nera che aveva minacciato rappresaglie contro le associazioni cattoliche e il clero se la Chiesa non fosse intervenuta a togliere dalla politica il sacerdote siciliano, che Mussolini considerava il suo principale e più pericoloso avversario.
La vicenda di don Sturzo fu la più emblematica, ma purtroppo una delle tante: nel 1926, quando lo stato fascista aveva ormai completato la distruzione dello Stato liberale e messo al bando tutti i partiti e le organizzazioni sindacali, l'unica preoccupazione di Pio XI, in prossimità dei futuri Patti Lateranensi, fu lo 'strazio' con cui informava, durante il Concistoro segreto dello stesso anno, della persecuzione che la Chiesa subiva nel Messico da parte dello Stato anticlericale. (!)
La stessa Chiesa che non esitò un attimo a firmare nel '29 il nuovo Concordato col regime (e Pio XI dichiarò che Mussolini era l'uomo della Provvidenza!) e in aggiunta patti con la cattolicissima Spagna dopo l'avvento della dittatura di Miguel Primo de Rivera, con la dittatura polacca del generale Pilsudski, con la dittatura del lettone Antanas Smetona e del portoghese Salazar.
E nei confronti di Hitler?
Nessuna protesta pubblica fu invece levata dai pulpiti contro le leggi di Norimberga, promulgate nel settembre 1935, che misero definitivamente al bando gli ebrei dalla vita pubblica, classificandoli come razza inferiore e pericolosa. Se proteste ci furono, furono solo in difesa degli ebrei battezzati. Le Chiese aprirono gli archivi parrocchiali alla verifica degli ascendenti ariani dei propri fedeli.
Questo è un punto di fondamentale importanza: sempre per questione di spazio non possiamo riportare qui le diatribe sull'annosa questione dell'antisemitismo cattolico, di cui Civiltà Cattolica, rivista dei gesuiti, si fece portatrice anche in tempi 'sospetti'. Va ricordata però la posizione della Chiesa Cattolica nei confronti delle leggi razziali emanate successivamente dal fascismo nel corso del 1938. E che curiosamente non è rientrata in Contro Cesare, anche se non esitiamo a pensare che possa costituire un elemento essenziale nei futuri studi di Gentile sul fascismo
Perché sia ancora più chiaro il percorso che il duce e i suoi fedeli seguirono perché si realizzasse quella linea che, secondo lo storico De Felice fu determinata essenzialmente dalla convinzione che per rendere granitica l'alleanza italo-tedesca fosse necessario eliminare ogni stridente contrasto nella politica dei due regimi, andiamo brevemente ad elencare le tappe più significative di tutto il processo.
16 Febbraio 1938: Pubblicazione dell''Informazione Diplomatica' n.14. Scritta unicamente per stemperare le polemiche sull'intenzione del governo fascista di inaugurare una politica antisemita, affermava però che le correnti dell'antifascismo dipendono regolarmente da elementi ebraici.
14 Luglio. Manifesto della razza. Un gruppo di studiosi fascisti docenti nelle Università italiane e sotto l'egida del Ministero della Cultura Popolare, proponeva in dieci punti la concezione del regime sul problema della razza, menzionando però soltanto al punto nove un esplicito riferimento agli ebrei. Ciano confessò nel suo diario: Il duce mi annuncia la pubblicazione da parte del Giornale d'Italia di uno statement sulle questioni della razza. Figura scritta da un gruppo di studiosi, sotto l'egida della Cultura Popolare. Mi dice in realtà che l'ha quasi completamente redatto lui.
19 Luglio. Trasformazione dell'Ufficio Demografico Centrale presso il Ministero dell'Interno in Direzione Generale per la Demografia e Razza
25 Luglio. Comunicato ufficiale del Partito Nazional Fascista sul Manifesto della razza del 14.
5 Agosto. Se con l'Informazione Diplomatica n.18 si informavano gli italiani che discriminare non significa perseguitare nello stesso tempo il governo prendeva il primo provvedimento: si vietava agli studenti stranieri ebrei l'iscrizione alle scuole del Regno.
3 Settembre. Con un decreto legge del Ministero dell'Educazione Nazionale venivano esclusi da tutte le scuole statali, parastatali o riconosciute nel Regno, gli insegnanti e gli alunni di razza ebraica.
6 Settembre. Un decreto legge stabiliva l'espulsione dall'Italia degli ebrei stranieri anche se divenuti cittadini italiani dopo il primo gennaio 1919.
6 Ottobre. Riunione del Gran Consiglio. Si pongono le basi per quelle che saranno le disposizioni definitive in materia di legislazione razziale. Tra le più significative: divieto di matrimoni di italiani e italiane con elementi appartenenti alle razze camita, semita e altre razze non ariane. Divieto per i dipendenti dello Stato ed Enti pubblici, personale civile e militare, di contrarre matrimonio con donne straniere di qualsiasi razza.
17 Novembre. Attuazione delle disposizioni emanate dal Gran Consiglio.
Come abbiamo già riportato in precedenza, furono quest'ultimi provvedimenti a svegliare l'attenzione della Santa Sede sul problema della razza. Che l'ambiente ecclesiastico non vedesse di buon occhio gli ebrei era cosa risaputissima: ma furono gli stessi fascisti, come ci suggerisce Ernesto Rossi nel suo fondamentale Il manganello e l'aspersorio a ritirar fuori dagli ammuffati scaffali della Compagnia di Gesù la tavola fondamentale per giustificare la politica antisemita del governo. Civiltà Cattolica, l'organo ufficiale dei gesuiti, attraverso i quaderni del 22 settembre, del 4 novembre e del 9 dicembre 1889 indicava la ragione principale delle persecuzioni inflitte da secoli al popolo ebraico: cupidigia insaziabile di straricchire con l'usura, di prepotere con le perfidie e di dominare, tutto invadendo e tutto usurpando, quanto gli è possibile negli Stati.
Con l'unto della carità cristiana, come diceva Ernesto Rossi, il giornale gesuita faceva sue le proposte più disumane nei confronti degli ebrei.
Ricordiamo che solo con l'enciclica 'Nostra aetate', durante il Concilio Vaticano II dell'ottobre del 1965 i cattolici fecero cadere l'accusa di deicidio nei confronti del popolo ebreo.
Ma lo spettacolo che le gerarchie ecclesiastiche offrirono all'indomani dell'emanazione delle leggi razziali non fu per nulla edificante: Pio XI, per paura che un'opposizione troppo decisa mettesse in forse i recenti Patti Lateranensi del 1929, tentò l'unica carta della riserva a proposito del matrimonio fra italiani ed ebrei convertiti al cattolicesimo. Ciano nei suoi diari espone la posizione ufficiale del duce: Il Papa vorrebbe che venisse accordata la deroga anche per i convertiti al cattolicesimo. Il Duce ha respinto tale richiesta che trasformerebbe la legge razzista in confessionale.
Due rapporti dell'Ambasciata presso la Santa Sede a Ciano e da questi trasmessi a Mussolini, indicarono, sin dall'immediata emanazione dei deliberati, la presa di posizione del Vaticano: si apprezzava il comma nel quale non era considerato di razza ebraica colui che era nato da un matrimonio misto e qualora avesse professato altra religione all'infuori di quella ebraica alla data del 18 ottobre XVI (era fascista), ma l'unico (e ribadiamo unico) punto sul quale la Chiesa aveva intenzione di formulare obiezioni era quello dei matrimoni misti con ebrei convertiti al cattolicesimo.
Scriveva Ernesto Rossi: (Pio XI) non disse mai una parola di solidarietà verso le migliaia di ebrei che, senza alcuna loro colpa, venivano messi al bando dalla vita civile. Anche lui, come per Hitler e per Mussolini e per i gesuiti della Civiltà Cattolica, gli ebrei costituivano un gravissimo pericolo per l'umanità. I fascisti avevano soltanto il torto di esagerare, ma le loro intenzioni erano buone.
Basterebbero questi appunti per sottolineare come l'altra questione fondamentale, quella del comportamento di Pio XII nei confronti della questione ebraica, sia tutto sommato secondaria: ammettendo pure che papa Pacelli abbia adottato in quei frangenti una politica moralmente ineccepibile (ma abbiamo i nostri dubbi), rimane lo sconforto e la rabbia per una sistematica censura della Chiesa nei confronti della modernità dettata solo ed unicamente dal tentativo di rinverdire fasti, privilegi e prerogative plurisecolari.
Emilio Gentile col suo Contro Cesare non fa sconti.
Il bel saggio di Emilio Gentile Contro Cesare (Cristianesimo e totalitarismo nell'epoca dei fascismi – Feltrinelli 2011) ci offre la possibilità di fare chiarezza su alcuni punti che la miopia contemporanea, se non la cattiva coscienza, se non una muffetta ideologica persistente, ci ha impedito finora di considerare.
Ebbene, lo scopo del professor Gentile, noto non certo per le sue adesioni rivoluzionarie, consiste soprattutto nello studio dei rapporti tra Stato e Chiesa dopo l'avvento dei fascismi (intendendo con simile espressione, il fascismo italiano, il nazismo hitleriano e il comunismo stalinista): rapporti spesso ambigui se non contraddittori.
La contraddittorietà nasceva purtroppo da un conflitto tra chi propugnava un'acquiescenza, rivelatasi troppo spesso immotivata, delle gerarchi ecclesiali nei confronti di un potere sempre più invadente e totalitario, e chi rispondeva con fatti e discorsi inequivocabili, ma frangia minoritaria, sulla strada di un antifascismo cattolico coerente e cristiano.
La maggioranza dei credenti e gran parte del clero, in Italia come in Germania, negò o non seppe o non volle riconoscere la natura anticristiana del fascismo e del nazionalsocialismo, e li considerò alleati formidabili della Chiesa nella lotta contro il comunismo e contro la democrazia laica, che Mussolini e Hitler avevano sconfitto e messo al bando nei loro paesi.
Inutile qui, per questione di tempo, riportare le posizioni antimoderniste di Benedetto XV, di Leone XIII: la loro eredità fu raccolta dai successori, Pio XI e Pio XII con l'unico intento di non rompere i delicati equilibri col potere totalitario in difesa di privilegi e prerogative più che secolari.
Quel che ha sempre indignato nella posizione della Chiesa è la sistematica censura che adottò nei confronti non di chi calpestava i suoi diritti, ma nei confronti di chi nel reclamare gli stessi indicava la strada per isolare i fascismi. E su questo la disamina di Gentile è implacabile e inappuntabile.
Prendiamo il caso di Don Sturzo: il fondatore del partito popolare aveva anche lui una opinione negativa sulla modernità pagana, come già espressa da una serie di papi, ma se ne distanziava su una questione essenziale: il rapporto fra modernità e democrazia che, pur senza essere indagato in forma chiara e coerente dal sacerdote siciliano, introduceva tuttavia una contraddizione notevole nella definizione cattolica della modernità razionale, laica e liberale come un unico processo genetico inevitabilmente e irrimediabilmente marchiato dalla sua origine satanica.
La distanza netta ed inequivocabile di don Sturzo dal fascismo ne determinò ben presto l'allontanamento e l'esilio a Londra. Vero che il 'licenziamento' fu dovuto ad una campagna diffamatoria non solo dei giornali fascisti, ma anche quelli cattolici e dalla pressione del Vaticano stesso, ma in realtà il desiderio stesso del Santo Padre corrispondeva a un desiderio del nuovo Cesare in camicia nera che aveva minacciato rappresaglie contro le associazioni cattoliche e il clero se la Chiesa non fosse intervenuta a togliere dalla politica il sacerdote siciliano, che Mussolini considerava il suo principale e più pericoloso avversario.
La vicenda di don Sturzo fu la più emblematica, ma purtroppo una delle tante: nel 1926, quando lo stato fascista aveva ormai completato la distruzione dello Stato liberale e messo al bando tutti i partiti e le organizzazioni sindacali, l'unica preoccupazione di Pio XI, in prossimità dei futuri Patti Lateranensi, fu lo 'strazio' con cui informava, durante il Concistoro segreto dello stesso anno, della persecuzione che la Chiesa subiva nel Messico da parte dello Stato anticlericale. (!)
La stessa Chiesa che non esitò un attimo a firmare nel '29 il nuovo Concordato col regime (e Pio XI dichiarò che Mussolini era l'uomo della Provvidenza!) e in aggiunta patti con la cattolicissima Spagna dopo l'avvento della dittatura di Miguel Primo de Rivera, con la dittatura polacca del generale Pilsudski, con la dittatura del lettone Antanas Smetona e del portoghese Salazar.
E nei confronti di Hitler?
Nessuna protesta pubblica fu invece levata dai pulpiti contro le leggi di Norimberga, promulgate nel settembre 1935, che misero definitivamente al bando gli ebrei dalla vita pubblica, classificandoli come razza inferiore e pericolosa. Se proteste ci furono, furono solo in difesa degli ebrei battezzati. Le Chiese aprirono gli archivi parrocchiali alla verifica degli ascendenti ariani dei propri fedeli.
Questo è un punto di fondamentale importanza: sempre per questione di spazio non possiamo riportare qui le diatribe sull'annosa questione dell'antisemitismo cattolico, di cui Civiltà Cattolica, rivista dei gesuiti, si fece portatrice anche in tempi 'sospetti'. Va ricordata però la posizione della Chiesa Cattolica nei confronti delle leggi razziali emanate successivamente dal fascismo nel corso del 1938. E che curiosamente non è rientrata in Contro Cesare, anche se non esitiamo a pensare che possa costituire un elemento essenziale nei futuri studi di Gentile sul fascismo
Perché sia ancora più chiaro il percorso che il duce e i suoi fedeli seguirono perché si realizzasse quella linea che, secondo lo storico De Felice fu determinata essenzialmente dalla convinzione che per rendere granitica l'alleanza italo-tedesca fosse necessario eliminare ogni stridente contrasto nella politica dei due regimi, andiamo brevemente ad elencare le tappe più significative di tutto il processo.
16 Febbraio 1938: Pubblicazione dell''Informazione Diplomatica' n.14. Scritta unicamente per stemperare le polemiche sull'intenzione del governo fascista di inaugurare una politica antisemita, affermava però che le correnti dell'antifascismo dipendono regolarmente da elementi ebraici.
14 Luglio. Manifesto della razza. Un gruppo di studiosi fascisti docenti nelle Università italiane e sotto l'egida del Ministero della Cultura Popolare, proponeva in dieci punti la concezione del regime sul problema della razza, menzionando però soltanto al punto nove un esplicito riferimento agli ebrei. Ciano confessò nel suo diario: Il duce mi annuncia la pubblicazione da parte del Giornale d'Italia di uno statement sulle questioni della razza. Figura scritta da un gruppo di studiosi, sotto l'egida della Cultura Popolare. Mi dice in realtà che l'ha quasi completamente redatto lui.
19 Luglio. Trasformazione dell'Ufficio Demografico Centrale presso il Ministero dell'Interno in Direzione Generale per la Demografia e Razza
25 Luglio. Comunicato ufficiale del Partito Nazional Fascista sul Manifesto della razza del 14.
5 Agosto. Se con l'Informazione Diplomatica n.18 si informavano gli italiani che discriminare non significa perseguitare nello stesso tempo il governo prendeva il primo provvedimento: si vietava agli studenti stranieri ebrei l'iscrizione alle scuole del Regno.
3 Settembre. Con un decreto legge del Ministero dell'Educazione Nazionale venivano esclusi da tutte le scuole statali, parastatali o riconosciute nel Regno, gli insegnanti e gli alunni di razza ebraica.
6 Settembre. Un decreto legge stabiliva l'espulsione dall'Italia degli ebrei stranieri anche se divenuti cittadini italiani dopo il primo gennaio 1919.
6 Ottobre. Riunione del Gran Consiglio. Si pongono le basi per quelle che saranno le disposizioni definitive in materia di legislazione razziale. Tra le più significative: divieto di matrimoni di italiani e italiane con elementi appartenenti alle razze camita, semita e altre razze non ariane. Divieto per i dipendenti dello Stato ed Enti pubblici, personale civile e militare, di contrarre matrimonio con donne straniere di qualsiasi razza.
17 Novembre. Attuazione delle disposizioni emanate dal Gran Consiglio.
Come abbiamo già riportato in precedenza, furono quest'ultimi provvedimenti a svegliare l'attenzione della Santa Sede sul problema della razza. Che l'ambiente ecclesiastico non vedesse di buon occhio gli ebrei era cosa risaputissima: ma furono gli stessi fascisti, come ci suggerisce Ernesto Rossi nel suo fondamentale Il manganello e l'aspersorio a ritirar fuori dagli ammuffati scaffali della Compagnia di Gesù la tavola fondamentale per giustificare la politica antisemita del governo. Civiltà Cattolica, l'organo ufficiale dei gesuiti, attraverso i quaderni del 22 settembre, del 4 novembre e del 9 dicembre 1889 indicava la ragione principale delle persecuzioni inflitte da secoli al popolo ebraico: cupidigia insaziabile di straricchire con l'usura, di prepotere con le perfidie e di dominare, tutto invadendo e tutto usurpando, quanto gli è possibile negli Stati.
Con l'unto della carità cristiana, come diceva Ernesto Rossi, il giornale gesuita faceva sue le proposte più disumane nei confronti degli ebrei.
Ricordiamo che solo con l'enciclica 'Nostra aetate', durante il Concilio Vaticano II dell'ottobre del 1965 i cattolici fecero cadere l'accusa di deicidio nei confronti del popolo ebreo.
Ma lo spettacolo che le gerarchie ecclesiastiche offrirono all'indomani dell'emanazione delle leggi razziali non fu per nulla edificante: Pio XI, per paura che un'opposizione troppo decisa mettesse in forse i recenti Patti Lateranensi del 1929, tentò l'unica carta della riserva a proposito del matrimonio fra italiani ed ebrei convertiti al cattolicesimo. Ciano nei suoi diari espone la posizione ufficiale del duce: Il Papa vorrebbe che venisse accordata la deroga anche per i convertiti al cattolicesimo. Il Duce ha respinto tale richiesta che trasformerebbe la legge razzista in confessionale.
Due rapporti dell'Ambasciata presso la Santa Sede a Ciano e da questi trasmessi a Mussolini, indicarono, sin dall'immediata emanazione dei deliberati, la presa di posizione del Vaticano: si apprezzava il comma nel quale non era considerato di razza ebraica colui che era nato da un matrimonio misto e qualora avesse professato altra religione all'infuori di quella ebraica alla data del 18 ottobre XVI (era fascista), ma l'unico (e ribadiamo unico) punto sul quale la Chiesa aveva intenzione di formulare obiezioni era quello dei matrimoni misti con ebrei convertiti al cattolicesimo.
Scriveva Ernesto Rossi: (Pio XI) non disse mai una parola di solidarietà verso le migliaia di ebrei che, senza alcuna loro colpa, venivano messi al bando dalla vita civile. Anche lui, come per Hitler e per Mussolini e per i gesuiti della Civiltà Cattolica, gli ebrei costituivano un gravissimo pericolo per l'umanità. I fascisti avevano soltanto il torto di esagerare, ma le loro intenzioni erano buone.
Basterebbero questi appunti per sottolineare come l'altra questione fondamentale, quella del comportamento di Pio XII nei confronti della questione ebraica, sia tutto sommato secondaria: ammettendo pure che papa Pacelli abbia adottato in quei frangenti una politica moralmente ineccepibile (ma abbiamo i nostri dubbi), rimane lo sconforto e la rabbia per una sistematica censura della Chiesa nei confronti della modernità dettata solo ed unicamente dal tentativo di rinverdire fasti, privilegi e prerogative plurisecolari.
Emilio Gentile col suo Contro Cesare non fa sconti.
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