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Il Paradiso degli Orchi
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ATTUALITA'

Alfredo Ronci

I quattro evangelisti era tre, Luca e Matteo

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Oh oh mamma

Voglio fare il casqué

Oh oh mamma

Scivolando dal bidet




Da "Oh mamma voglio l'uovo alla coque" di Clem Sacco e i Califfi.



La mia professoressa nana di italiano del liceo, cinica e sadica a tal punto da consegnare i temi partendo dal voto più basso a quello più alto, segnò definitivamente la vita di un'allieva scrivendole sul compito: "Hai fatto come quello che diceva che i quattro evangelisti erano tre, Luca e Matteo". Indubbiamente giudizio tranchant, ma pregno di uno spessore, non solo dottrinale, di tutto rispetto. Lei che, tra l'altro, rifuggiva come peste – a darle torto! – l'eufuismo, ma anche l'azzardo sperimentale.

Mi pare, e la butto là, che nella letteratura stia avvenendo quello che la mia compagna di classe, inopinatamente secondo la prof., aveva tentato di barattare come logica stringente. Ma ahimé riducendo di molto il costrutto ad un parto settimino, che dico, sestino!

Ma parla come magni, obietterà qualcuno!

Obiezione accolta. Dunque riporto accadimenti ed esempi.

Il raperonzolo della letteratura italiana nonché di un intellettualismo svelto e smaliziato, Alessandro Baricco, in una delle sue esternazioni ad hoc propose, tempo addietro, l'eliminazione dell'editor, cioè di colui che nelle fredde stanze di un ufficio editoriale, pressato da un manager pretenzioso ed austero, con perizia certosina, va a scovare le imperfezioni e gli errori dei pubblicanda, cioè di coloro che aspirano a pubblicare un libro. Da quel che so un'iniziativa del genere innalzerebbe l'indice di disoccupazione dello zero alla milionesima potenza perché gli editor già non esistono più. E lo scuorno è maggiore dal momento che l'indicazione viene da un bipede per nulla implume e non acefalo, anzi, semmai corazzato di catafratta e cimiero.

Perché dunque la provocazione? Perché va a braccetto con altre trovate editoriali che lasciano il segno. Einaudi, mesi fa, pubblica un libro di Vincenzo Rabito Terra Matta. L'epopea picaresca di un siciliano semianalfabeta raccontata in mille fittissime pagine, con il punto e virgola a dividere ogni parola dalla successiva (Così si legge sul sito della Einaudi). E che te pare! L'intelligencija italica si smana e si sbuccia per applaudire l'evento. Consolo (ça va sans dire, ma l'avete mai letto?) parla di un testo unico, un caso di scrittura singolare, un documento straordinario. Cos'ha in comune con la boutade del Baricco (la sapevate che il barocco ha uno stile monumentale e il Baricco uno stile minimintile?), che in ambo i casi non si hanno correzioni, nemmeno i segnacci blu e rossi di scolaresche memorie, quando con gli errori arrivavano pure le bacchettate sulle mani.

A 'sto punto chi vieta agli audaci editori di prendere in toto l'Archivio dei diari di Pieve Santo Stefano e pubblicarne uno a settimana? Magari prefati dottamente da esimi scrittori in vena di nodi? Già immagino la Tamaro a presentare Il cielo in una stanza, sentito e drammatico viatico di una casalinga (di Voghera?) emblema della condizione della donna negli anni del boom economico, o il Bevilacqua che di fronte ad un I rosari dell'Elicanto non sa trattenere l'emozione al cospetto di un registro (nemmeno diario) che accanto alla lista delle spese ridotte al minimo mostra preci e sofferenze di una madre di undici figli nella Puglia dell'immediato dopoguerra?

C'è di più (e ritorno al parto settimino, anzi sestino!). Ora la Mondadori se n'è inventata un'altra delle sue. Siccome ha i magazzini pieni di storie noir da propinare ad un pubblico affamato di delitti e giustizialismo (e senza editing!) che ti fa? T'inventa una collana, succedanea al Giallo Mondadori, in cui i nomi degli autori sono sì indicati nella copertina, di colore nero-grigia!(che audacia cromatica!), ma guai a tentarne di sapere la provenienza, i precedenti – ma sì, pure penali – ed il mestiere (perché si sa, di penna carta e calamaio solo pochi fortunati riescono a sopravvivere): nulla vi è. Il buio regna.

Siamo dunque a questo: che si pubblica un libro senza correggerlo, che al massimo riporta il nome dell'autore - perché la paternità dell'opera col tempo può diventare un optional - e che non importa cosa dica, perché alla fine tutto fa brodo.

E poi ci si meraviglia che la palma del premio Strega (o il kitchissimo bottiglione) vada a Niccolò Ammaniti. Come essere finiti dalla padella alla brace. O come diceva Clem Sacco, dal casqué al bidet.









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