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Il Paradiso degli Orchi
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RACCONTI

Elisabetta Bordieri

In bilico

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"Un giorno come un altro..."



Anche quel lunedì mattina suonò la sveglia.

Sara la sentì distintamente fino a diventare un tutt'uno con i battiti del suo cuore.

Sarebbe rimasta così, ferma, nel suo letto, con i capelli sciolti che cadevano giù, per l'intero corso di quella giornata.

Poi si ricordò che non poteva permetterselo.

Con gli occhi ancora chiusi tirò fuori la mano dal caldo della coperta e sfiorando a caso i tasti riuscì a spegnerla.

La sveglia. Strano. Ormai era diventata una amica di cui fidarsi.

Un richiamo piacevole e rassicurante.

Esisteva ancora al mondo un qualcosa che ogni mattina si ricordava di lei, e che ogni mattina era lì pronta a svegliarla.

Da tempo aveva rinunciato a credere di poter sostituire quel qualcosa con un qualcuno.

Ma non ci faceva più caso.

E soprattutto non ci pensava più.

Ricordava perfettamente l'ultima volta in cui Daniele la baciò per andarsene via.

Per sempre.

Ma era riuscita a riporre quel ricordo nell'angolo più profondo della sua anima.

Lì in quell'angolo era soprattutto buio. E solo all'oscuro Sara poteva starsene tranquilla, al sicuro ed al riparo dai fantasmi.

Con un gesto scostante e metodico si tirò su e si mise a sedere sul letto.

Era finita anche per quella mattina l'idea di poter assaporare qualche attimo in più di sonno.

Lunedì. Ora bisognava affrontare questo lunedì.

Riuscì a prepararsi per tempo.

Prese un paio di biscotti al cioccolato e uscì di casa.

La macchina. Dove aveva parcheggiato ieri la macchina?

Maledisse la serata del giorno precedente e Michela che l'aveva costretta ad uscire.

Ora stava ritardando. Oggi. Il giorno più importante della sua vita.

Poi lo vide.

Lo vide.

Smise di pensare. Smise di cercare. Smise di essere.

Lui era lì, fermo, davanti a lei, dall'altra parte della strada, che la guardava.

Impietrita non riuscì a fare altro che deglutire l'ultima briciola di biscotto.

No, non oggi, non poteva permetterglielo.

Improvvisamente si ricordò dove fosse la macchina.

Distolse gli occhi e la mente da quella figura e a passi svelti si avviò verso il parcheggio.

Salì senza pensarci su.

Un altro amico, il rumore del motore. Un amico che ogni mattina le permetteva di sognare di scappare via e quella mattina più che mai lo ringraziò di esserci.

E scappò via.

Come aveva potuto farlo? Come? Come aveva potuto, dopo così tanto tempo, riaffacciarsi alla sua vita? E perché oggi, proprio oggi che aveva deciso di cambiare il corso della sua intera esistenza?

Continuava a guidare, consapevole di andare troppo veloce, ma doveva sbrigarsi se non voleva ripensarci un'altra volta.

Arrivò in aeroporto, accostò la macchina dove non avrebbe potuto parcheggiarla e spense il motore.

Sara sentì il caldo delle sue lacrime avvolgerla pienamente, sentì il dolore che lasciavano al loro passaggio sulle sue guance, sentì l'amaro sapore quando dolcemente lambivano le sue labbra.

Sapeva il motivo per cui era lì. Non stava fuggendo. Era solo stanca.

Stanca di dover dire buongiorno ogni stupido giorno al suo capo, una donna che non conosceva il sapore dell'allegria e della gioia di vivere, una donna, un tempo un'amica, che l'aveva assunta nel suo bunker di malafede e di meschinità.

Stanca di dover telefonare ogni giorno a suo fratello, solo per chiedergli banalmente "come stai ?" e per ricordargli di prendere le sue medicine, fratello che adorava ma che non era più, ormai da troppo tempo, quella persona con cui aveva condiviso una rara complicità.

Stanca di vivere da sola, stanca di essere stata costretta a riporre il ricordo di Daniele nel cassetto dei ricordi chiuso a chiave, stanca di sognare di volare via.

Era stanca. Era solo stanca.

E ora sarebbe bastato scendere dalla macchina per cambiare tutto questo.

Aveva comprato quel biglietto due mesi prima, quando Michela, l'unica vera amica rimasta, le aveva detto che non c'era più tempo per pensarci.

Così si era decisa. Era andata a fare il biglietto. "Quando il giorno di ritorno?" le aveva chiesto la ragazza dell'agenzia di viaggi. E con il cuore che sussultava vertiginosamente, aveva risposto che si trattava di un biglietto di sola andata. Aveva poi fatto la valigia, l'aveva messa nel portabagagli della sua fedele micra e lì stava da circa due mesi. Oggi era finalmente giunto il momento.

Che importanza poteva avere ormai il fatto di essersi ritrovata oggi Daniele sotto casa?

Che motivo aveva di credere che era lì deciso a tornare da lei?

Che cosa mai poteva girare nella sua testa di uomo pronto a farla soffrire di nuovo?

Non aveva risposte e non voleva trovarle.

Non ora.

Aspettò che anche l'ultima lacrima venisse giù e poi telefonò a Michela, chiedendole di passare a prendere la macchina.

Guardò fuori, sorrise di un sorriso pieno, consapevole e sicuro.

Aprì lo sportello e scese, prese il suo piccolo trolley e si avviò verso la sua nuova vita.

Oggi del resto era un giorno come un altro.



"E poi..."



Quella sera la luna argentava un po' ovunque.

Ma era attraverso i cespugli sul mare che filtrava una luce magica, surreale quasi evanescente.

I due ragazzi riuscivano a malapena a percepire la sabbia che lambiva la loro pelle.

Due corpi, i loro, che non avevano mai conosciuto emozioni così forti.

Fino a quella sera...

"Promettimi che non cambierai mai" sussurrò la ragazza.

"No, non cambierò mai" la rassicurò lui.

Le ore passarono in fretta, più in fretta di quanto i due giovani si sarebbero mai aspettati.

"La prossima volta vedrai che succederà" disse lei.

"Non abbiamo fretta, io so aspettare".

Si erano conosciuti in spiaggia pochi giorni prima.

Lei si accorse immediatamente di lui.

Non era solo bello, era anche gentile e delicato.

Attento.

Si, era soprattutto attento.

Così lei credeva.

Era stufa dei soliti ragazzi che la riempivano di complimenti.

Non ne poteva più.

Lui era diverso.

Le si era avvicinato chiedendole semplicemente se le piacesse la musica che stava andando alla radio.

Non sembrava un tipo che ci stesse provando.

Sembrava uno sincero.

Uno che stesse solo chiedendo se le piacesse quella musica.

Si scambiarono solo poche parole, piacevoli e stranamente interessanti.

Si ritrovò così a parlare con un illustre sconosciuto di musica.

Italiana.

Incredibile, i ragazzi sapevano parlare solo di Queen, Genesis e Pink Floyd.

E ormai lei si era abituata a passare per una romantica demente in via di estinzione quando anche solo accennava ad argomentare di altro genere di musica.

Eh si.

Lui era diverso.

Si salutarono.

Senza un "a presto".

Si salutarono e basta.

E poi accadde

E poi si rividero.

Quella sera in spiaggia.

Si ritrovarono così abbracciati senza accorgersene e senza soprattutto averlo nemmeno sperato.

Lui era diverso.

E quella sera glielo dimostrò.

La sua dolcezza e la sua comprensione le fecero capire che lui era tutto quanto lei avesse mai desiderato in un ragazzo.

La sua ragionevolezza e la sua pazienza la convinsero che non tutto il genere maschile stesse lì solo per andare a letto con lei.

Lui era diverso.

Ma quella notte volò via e il mattino cancellò ogni magica traccia d'amore.

Maledetto quel mattino.

Perché il mattino seguente la ragazza potè intuire.

Ed infine capì che lui non era diverso.

Lo rincontrò al solito posto.

In spiaggia.

Lo vide da lontano e gli corse incontro.

Anche lui la vide ma non si mosse.

Continuò a parlottare con quelle persone.

Come poteva essere?

Gli si avvicinò fino a toccarlo.

Solo allora lui si divincolò con una scusa.

"Dimmi, cosa c'è?" sbuffò lui.

"Ma...volevo sapere come stavi, volevo rivederti..." quasi sospirò lei.

"Non credo sarà possibile per un po', devo studiare. Magari ci risentiamo" concluse lui.

Lo guardò fissa.

Poi guardò il mare.

Lo guardò ancora una volta.

Incredula. Addolorata. Furibonda.

Le si delineò improvvisamente nella mente una chiara visione di cosa fare.

Girò le spalle a quello che credeva essere il suo destino.

E a piccoli passi se ne andò via.

Camminava da ore sulla riva.

L'imbrunire illuminava la sera di colori travolgenti.

Ormai non sentiva più nemmeno quella strana sensazione di malessere latente in fondo allo stomaco.

Solo una piccola percezione appena accennata di disagio, che lei attribuì al freddo della sera.

Lontano da lui aspettò la notte.

E la notte arrivò.

Era lì seduta sulla sabbia di fronte al mare.

Di fronte al suo mare.

Lui...lui non c'era più.

Così si alzò e si avviò dove sapeva che doveva andare.

Il fresco della sabbia di notte al contatto con i suoi piedi scalzi era un piacere inconfondibile.

Fino a sentire il piacere estremo.

Il tocco magico dell'acqua.

Socchiuse gli occhi.

Alzò leggermente il collo verso l'alto.

E sorrise.

Si incamminò piano dolcemente verso l'infinito confine della sua vita.

Credette di sentire freddo ed invece era la carezza estrema dell'acqua sulla sua pelle.

Andò ancora avanti fino a...volare.

Si ritrovò in alto parallela all'acqua a faccia in giù a guardare le onde del mare.

Erano buie e nere ma incredibilmente confortevoli.

Desiderava scendere e toccarle.

Non seppe mai come ma scese.

Fu così che sentì il caldo abbraccio delle onde che sfioravano la sua schiena.

E poi vide il cielo.

Grande e scuro con le sue nuvole che assumevano strane sagome striate di viola così piene di fascino.

Le sue braccia erano aperte, ma non troppo, vicino ai fianchi, con i palmi in giù che seguivano la danza delle onde.

E poi chiuse gli occhi.

E poi sorrise.

E poi...



"L'infinito confine della vita"



Sara non si accorse di nulla.

Eppure era lì ad un passo dalla riva.

Non vide quella ragazza dondolare in balia della calma delle onde e non vide nemmeno che stava sorridendo.

Era solo intenta a passeggiare e a ricordare.

A ricordare che ormai da mesi si trovava in un posto così, lontana dal quello che era stato il suo mondo.

Il nuovo lavoro le piaceva e soprattutto le lasciava del tempo libero, tempo che lei occupava quasi sempre per andare in spiaggia a guardare il mare.

La sera era il momento che preferiva, il momento in cui il cielo si confondeva con l'orizzonte.

E quella sera le nuvole assumevano strane sagome striate di viola così piene di fascino e le onde erano buie e nere ma incredibilmente confortevoli.

Era stata in spiaggia anche la sera precedente.

La ricordò come una sera particolare: la luna argentava un po' ovunque, ma era attraverso i cespugli sul mare che filtrava una luce magica, surreale quasi evanescente.

Continuò a muovere leggeri passi sulla sabbia.

E continuò a ricordare.

E sorrise pensando ai due giovani che, nemmeno troppo appartati, se ne stavano avvinghiati l'uno all'altra. Sara era certa che i due ragazzi riuscivano a malapena a percepire la sabbia che lambiva la loro pelle. Ricordò Daniele. Ricordò le sue promesse. Ricordò le sue bugie. Non capiva cosa ci facesse ancora a spasso nei tranquilli meandri della sua mente. Era ancora lì a rovistare nel suo cuore in cerca chissà poi di cosa. Lo odiò e lo amò. Fortemente.

Continuò a camminare ancora in una spiaggia deserta, da sola.

Poi, chissà perché, si girò di scatto.

Sentì come un richiamo, uno strano richiamo.

Un fruscio forse, come di un qualcosa che graffiando struscia sulle onde.

E fu così che la vide.

Per il tempo di un attimo che sembrò eterno si impietrì.

Poi corse come il vento.

Urlando verso quel corpo che galleggiava inerme, entrò in acqua.

Trascinò la ragazza fuori e la adagiò sulla riva.

Ora se ne accorse.

Sorrideva.

Di un sorriso caldo ed avvolgente.

Come chi abbia trovato nella sofferenza estrema l'unica soluzione ad un problema.

Sara non seppe mai l'intrinseca verità dei suoi pensieri.

China su di lei la chiamò, la scosse, la implorò.

Per minuti e minuti più lunghi di un'eternità.

Nulla.

Il nulla più atroce ed incontemplabile.

Urlò, urlò ancora al mare, a quel mare maledetto e dannato.

Urlò, urlò e pianse, fino a sentire dentro il dolore prendere vita, fino a sentire le lacrime fare male, fino a...mio dio...fino a sentirla tossire.

Era viva.

E tossiva.

E sorrideva.

Ancora sorrideva.

"Devo essermi addormentata...ho freddo...ma tu chi sei?" tossicchiò la ragazza.

Sara non riuscì a dire una sola parola.

Era viva.

Non era possibile.

L'aveva vista con i suoi occhi: il corpo galleggiava senza vita nelle ignare acque del mare e poi l'aveva trascinata con le sue braccia a fatica fino a riva...

Eppure era lì.

Che le parlava.

"Allora...ma tu stai piangendo? Che ti succede?" disse la giovane.

Incredibile.

Non si era accorta di nulla o forse non ricordava.

Ora era la ragazza a prendersi cura di lei e delle sue lacrime.

"Ma tu...tu...tu eri...insomma si, tu eri...stavi lì che..." bisbigliò Sara.

"Cosa? Cosa vuoi dirmi? Io cosa?" incalzò la ragazza.

"Tu eri in balia delle onde...come se fossi...".

"...morta?"

Sul viso della giovane rispuntò quel sorriso che Sara non avrebbe mai dimenticato.

"Mi spiace averti spaventato" aggiunse "in genere la sera qui non viene nessuno. E allora ogni tanto quando ho un problema vengo a rilassarmi".

"A rilassarti?!?".

"Si, a rilassarmi" sospirò lei "ed ho una tecnica tutta mia per riuscirci".

E così la giovane le parlò del mare e della sua magia.

Le spiegò come di notte il mare assuma le sembianze di una donna vestita di bianco che dolcemente inizia a cullare il tuo affannoso respiro fino a renderlo un'unica cosa con il cammino del vento.

Le spiegò come il fresco della sabbia di notte al contatto con i tuoi piedi scalzi sia un piacere inconfondibile.

Fino a sentire il piacere estremo.

Il tocco magico dell'acqua.

Le spiegò come sia naturale allora sorridere.

Le spiegò ancora come la dolce signora ti inviti a volare fino a ritrovarti parallela all'acqua a faccia in giù a guardare le onde del mare.

E ancora di come poi riesci a scendere e a sentire il caldo abbraccio delle onde che sfiorano la tua schiena e di come con le braccia aperte vicino ai fianchi, con i palmi in giù puoi seguire la danza delle onde.

Questo le stava spiegando la ragazza.

Sara quasi non la ascoltava più.

L'eco del suo silenzio si fece sempre più forte e mai come prima capì nitidamente cosa significasse.

Non seppe quantificare quanto tempo trascorse e da quanto tempo se ne stava lì sdraiata accanto ad una sconosciuta.

La ragazza intuì cosa stesse per accadere.

E sorridendo la lasciò andare.

Sara non le disse una parola, si alzò quasi assorta e la ringraziò con lo sguardo.

Scorse in lontananza la donna vestita di bianco.

Socchiuse gli occhi.

Alzò leggermente il collo verso l'alto.

Sorrise.

E si incamminò piano dolcemente verso l'infinito confine della sua vita.













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