RACCONTI
Davide Caneva
La scelta
Hans, l'amico che mi vuole bene, stamane era sotto la mia finestra. Ha buttato una noce di ghiaia e ha urlato: "Hey, Giovi, apri e guarda!"
Ha dovuto ritirare la noce di ghiaia e dire le stesse cose una seconda volta perché Giovi non si voleva alzare: stava a letto, non completamente seccato dei richiami dell'amico Hans.
Allora penso: "proprio perché è un mio amico dovrei alzarmi. Se non mi alzo, e non lo faccio subito, l'amico si stancherà di buttare noci di ghiaia e di chiamare il mio nome. Quanta ghiaia ci può essere nel cortile dabbasso? Non molta forse, perché Hans di solito mi chiama in questo modo e adesso, in tutti questi anni di chiamate, Hans si sta guardando attorno per scorgere se è rimasta dell'altra ghiaia. Hans potrebbe avere la gola secca anche: del resto mi ha chiamato in tutti questi anni, sempre a quest'ora; e mai che io gli abbia dato alcuna soddisfazione: non mi sono mai alzato, né ho tirato su la tapparella, né mi sono affacciato alla finestra. Così Hans, oltre a cercare nuove noci di ghiaia, deve anche usare la sua voce, di per sé già abbastanza debole.
Per tutti questi motivi dovrei alzarmi."
Ma se mi alzo penso che dovrò innanzitutto uscire da sotto le coperte, che sono calde, mentre la stanza, invariabilmente, in ogni stagione risulta essere fredda: questo per il particolare orientamento rivolto al cosmo senza calore. E non ho mai, in assoluto, a disposizione qualcosa da indossare subito. Ogni sera, prima di coricami, mi prendo l'impegno di posizionare sulla sponda del letto una veste appropriata: essa è soffice e tiene lontano il freddo; ma il sonno tumultuoso la fa sempre cadere a terra accumulando altro freddo.
Avessi anche la volontà di alzarmi, dovrei impegnarmi moltissimo con la tapparella, di norma piuttosto tenace nell'opporsi. Credo poi che mi farebbero male gli occhi, la luce è molto potente quando entra in questa stanza. Per la verità essa, la luce, entra solo un'occasione. Solo in un preciso istante della giornata riesce a farsi largo tra i palazzi di fronte e tra le altre strette prospettive: e ciò coincide proprio quando il mio amico Hans mi vuole! Così rischierei gli occhi. Per non parlare che arrivati a quel punto, cioè alzata la tapparella, dovrei proprio aprire la finestra e probabilmente morirei soffocato.
L'aria che vi è fuori, infatti, da tempo oramai non entra nel circolo del mio corpo, abituato com'è alla miscela più densa di quella della stanza.
Per tutti questi motivi non dovrei alzarmi."
Ogni giorno, ogni ora del mio tempo, la passo temendo di sentire quei ticchettii battere il vetro della stanza. Temo di udire la voce di Hans, mi tormento di fronte ai suoi terrificanti dilemmi.
Ha dovuto ritirare la noce di ghiaia e dire le stesse cose una seconda volta perché Giovi non si voleva alzare: stava a letto, non completamente seccato dei richiami dell'amico Hans.
Allora penso: "proprio perché è un mio amico dovrei alzarmi. Se non mi alzo, e non lo faccio subito, l'amico si stancherà di buttare noci di ghiaia e di chiamare il mio nome. Quanta ghiaia ci può essere nel cortile dabbasso? Non molta forse, perché Hans di solito mi chiama in questo modo e adesso, in tutti questi anni di chiamate, Hans si sta guardando attorno per scorgere se è rimasta dell'altra ghiaia. Hans potrebbe avere la gola secca anche: del resto mi ha chiamato in tutti questi anni, sempre a quest'ora; e mai che io gli abbia dato alcuna soddisfazione: non mi sono mai alzato, né ho tirato su la tapparella, né mi sono affacciato alla finestra. Così Hans, oltre a cercare nuove noci di ghiaia, deve anche usare la sua voce, di per sé già abbastanza debole.
Per tutti questi motivi dovrei alzarmi."
Ma se mi alzo penso che dovrò innanzitutto uscire da sotto le coperte, che sono calde, mentre la stanza, invariabilmente, in ogni stagione risulta essere fredda: questo per il particolare orientamento rivolto al cosmo senza calore. E non ho mai, in assoluto, a disposizione qualcosa da indossare subito. Ogni sera, prima di coricami, mi prendo l'impegno di posizionare sulla sponda del letto una veste appropriata: essa è soffice e tiene lontano il freddo; ma il sonno tumultuoso la fa sempre cadere a terra accumulando altro freddo.
Avessi anche la volontà di alzarmi, dovrei impegnarmi moltissimo con la tapparella, di norma piuttosto tenace nell'opporsi. Credo poi che mi farebbero male gli occhi, la luce è molto potente quando entra in questa stanza. Per la verità essa, la luce, entra solo un'occasione. Solo in un preciso istante della giornata riesce a farsi largo tra i palazzi di fronte e tra le altre strette prospettive: e ciò coincide proprio quando il mio amico Hans mi vuole! Così rischierei gli occhi. Per non parlare che arrivati a quel punto, cioè alzata la tapparella, dovrei proprio aprire la finestra e probabilmente morirei soffocato.
L'aria che vi è fuori, infatti, da tempo oramai non entra nel circolo del mio corpo, abituato com'è alla miscela più densa di quella della stanza.
Per tutti questi motivi non dovrei alzarmi."
Ogni giorno, ogni ora del mio tempo, la passo temendo di sentire quei ticchettii battere il vetro della stanza. Temo di udire la voce di Hans, mi tormento di fronte ai suoi terrificanti dilemmi.
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