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Il Paradiso degli Orchi
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RACCONTI

Paco Casagrande Ranalli alias Oz.L.Moreen

Même sang (la légende de la mère anxieuse)

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-23:44:58-

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-23:45:00-

-Bi bi bi bip... Bi bi bi bip... Bi bi bi... Clack!-

"Ahhh, DIO ! Ancora 10 minuti ti prego..."

"Jean-Christophe, lo sai che non possiamo permetterceli 10 minuti. Guarda che io non ho chiuso occhio"

"Si lo so Matthieu, lo so ma, YAWNNN... Cazzo che sonno. Se continuo così arriverò ai cinquanta precocemente"

"Ma tu dentro gia lo sei un cinquantenne"

"Spiritoso ! Solo perché ho intenzione di prendere una seconda laurea. Non sarà mica invidia la tua?"

"Certo, certo, ho sempre sognato di diventare un ingegnere ambientale, eh si. Dai che scherzo. Io intanto prendo il caffè. Il borsone è sotto al letto, il treppiede l'ho montato io, sta in terrazza"

Jean-Christophe si strofinò gli occhi, per l'ennesima volta. Si tolse le coperte di dosso. Poi rimase seduto a bordo letto, ancora insonnolito, per qualche secondo.

Dalla cucina, a 2 stanze da lì, il fischiettare ordinario di Matthieu dava il La a "Le tourbillon de la vie".

Il coretto stonato non tardò a farsi sentire, come ogni santa notte:

"On s'est connus, on s'est reconnus... On s'est perdus de vue, on s'est r'perdus d'vue... On s'est retrouvès... On s'est rèchauffès puis on s'est sèparès "



Due fratelli.



"Chacun pour soi est reparti, dans l'tourbillon de la vieee... Je l'ai revue un soir hàie hàieee hàieee. Ca fait dèjà un fameux bail... Ca fait dèjà un fameux bail... "



Una sola anima.



"Ahhh Matthieu, sai... Me la ricorda sempre"

"Bè, ce la cantava ogni sera per farci addormentare" Rispose portandogli il caffè caldo.

"Si, ed ogni sera ci ripeteva..."

"FARETE TARDI QUANDO SARETE GRANDI" Urlarono in coro scambiandosi un sorriso malinconico.

"Fottuto incidente d'auto" Esclamò Jean-Christophe.

"...Già..."

Calò il silenzio.

Jean-Christophe posò la tazzina sul comodino bombato in noce. Uno dei tanti pezzi di mobilia d'epoca presenti in casa. Dunque tirò fuori il borsone in similpelle da sotto il letto, lo aprì ed estrasse il fucile, comprese le parti aggiuntive.

Iniziò a montarlo mentre Matthieu osservava attento:

"30.000 franchi! Ed è stato un affare! Guarda che bello." Esclamò Jean-Christophe.

"Lo sai che non mi intendo di armi, Jean-Christophe"

"Si ma dai questo è un Remington Sps Hb Varmint ! E' un calibro 308! Guarda che impugnatura. Non si parla di microfusione qui."

E intanto maneggiava i pezzi con praticità assoluta, degna di un membro delle forze S.W.A.T. americane.

"Espulsore a puntone caricato a molla! Tempo di percussione entro i 3 millisecondi ! Ogni singola parte è stata trattata con nichel e teflon. Assolutamente un gioiello"

-Clack-

Concluse inserendo il caricatore.

Matthieu si toccò la fronte col palmo della mano e scuotendo la testa in segno di rassegnazione:

"Ahhh, secondo me sei proprio fissato. Dai sbrighiamoci che in mattinata ho da fare e vorrei schiacciare un pisolino anch'io"

La brezza gentile che arrivava dalla terrazza era tipica. A Juan-les-Pins, in Febbraio, sterne e gabbiani popolano le coste.

La luce caliginosa della luna pallida scopriva porzioni di stanza e pulviscolo. In lontananza gli abbracci violenti tra onde e scogli, dallo spettacolo naturale sottostante villa Bataille, si facevano sentire.

Jean-Christophe portò l'occorrente sull'ampia terrazza panoramica tondeggiante: Una sorta d'opera d'arte colonnata, aperta sulla prospettiva della costa azzurra. Dunque si affrettò a posizionare il treppiede e montarvici sopra il fucile. Serio. Concentrato. Sicuro.

"Due minuti, Jean-Christophe..."

"Tranquillo Matthieu, tranquillo. Oramai ci ho fatto il callo"

La vista dalla terrazza sembrava un quadro di Hermann Nestel, con l'aggiunta di luci in tempo reale, sabbia viva, crepuscolo appannato e quel silenzio assordante che di tanto in tanto viene interrotto dal classico, dolce, sibilo di vento sazio: Buio, buio totale tutt'attorno.

Poca luce, invece, proprio sulla riva: Su quei quindici, venti, metri di rena il faro indicava, in alternanza, la parte Ovest e Nord-Ovest della costa in corrispondenza della villa arroccata, sfumando ai vertici dietro montagnole di rocce e flora selvatica.

Jean-Christophe occhieggiava dal mirino telescopico, poi ad un tratto si pronunciò:

"Ci siamo, ci siamo, ci siaaa... Mooo... Eeee-ccooo-laaaa. La vedo !"

Matthieu si sporse e, con espressione apprensiva, chiese:

"E' uscita? E' uscita???"

"E' uscita Matthieu, è uscita. Sono... quanti, 2 mesi che va avanti così?"

"Cinquantaquattro giorni"

"Eh?"

"Si, sono cinquantaquattro giorni. Li ho contati"

"Appunto! Ancora ti stupisci. Sei proprio... Bah lasciamo stare..."

Da dietro la piccola parete rocciosa che s'intravedeva ad occhio nudo verso Nord-Ovest, proprio sulla spiaggia, usciva la figura esanime d'una donna: Il passo tardo, il movimento scoordinato, difettoso, d'una figura astemia di vita; Smuoveva la sabbia... Non camminava, smuoveva la sabbia.

"Jean-Christophe..."

"Che c'e!"

"... Niente..."



-STAFFF-



"A posto. Dritto sulla fronte, rapido e deciso" Commentò Jean-Christophe rimuovendo il fucile dal cavalletto.

"Sulla fronte? Perché sulla fronte??? Ma dai. caspita Jean-Christophe! S'era detto che il viso non l'avremmo mai rovinato!"

Sbraitando poggiato alla balaustra in marmo pentelico, ed indicando il corpo disteso sulla sabbia, Matthieu continuò:

"Che cavolo, guarda! Le avrai spappolato il cranio. Sei un... Un... Un fissato e... e, ahh lasciamo stare altrimenti mi viene un nervoso..."

Jean-Christophe era sereno. Chiuse il treppiede, lo imboscò vicino ad una delle colonnine tornite, poi si avvicinò a Matthieu che fissava la spiaggia pensieroso; Mise una mano sulla sua spalla, sorridendo:

"Lo sai... Mi fai proprio ridere quando fai così, fratellino"

Poi gli arruffò la chioma riccioluta e folta:

"Dai, su, scendiamo"

"Eh, scendiamo, scendiamo. Te la cavi sempre con poco tu eh. Sono troppo buono io. Però promettimi che non lo fai più. E smettila di chiamarmi fratellino, hai 2 minuti scarsi di vita in più da rinfacciarmi"

Jean-Christophe annuì col capo, sempre sorridente:

"Lo so fratellino, lo so. Ma fammi divertire almeno con te, no? Lo dici tu stesso che sono vecchio ahahah"

"Scemo" Proferì Matthieu con aria sarcasticamente imbronciata. Poi i due iniziarono a spintonarsi bonariamente mentre la discussione cameratesca scemava, fra pareti e corrimano di gran conto, per i tre piani di villa Bataille, fino alla spiaggietta privata.

"E poi, l'hai visto anche tu com'e ridotta ora, no? Il petto è andato. Le gambe sono reduci dei tentativi vani dei miei primi giorni da cecchino d'urgenza. L'unico punto vitale intatto era quello, Matthieu, era quello!"

"Va bene Jean-Christophe. E' solo che... Lo sai, insomma, per me ogni volta è un magone"

"Passerà... Passerà, Matthieu..."

"..."



Arrivati nei pressi del corpo, vestito in taffetas di seta nero con motivi color avorio e tabacco, Jean-Christophe e Matthieu s'operarono nell'afferrarlo per braccia e gambe e portarlo in villa, al piano terra.

"E' diventata più pesante o mi sono indebolito io?"

"La seconda, Jean-Christophe"

"Sai, pensavo... Se io un giorno dovessi diventare cieco, se avessi ancora buona immaginazione, voglio dire, probabilmente riuscirei anche ad adeguarmi. Chissà, magari mi concentrerei su aspetti della vita che adesso ignoro. Sarebbe brutto però perdere la vista. Non saprei..."

"Bè, Matthieu, in quel caso avresti dalla tua trent'anni di buona vista alle spalle che te lo consentirebbero... D'immaginare intendo. Pensa se tu fossi nato cieco. Ma poi aspetta un secondo, che c'entra adesso questo discorso"

"No, niente, è che sto leggendo la biografia di Aaron F. Kelly. Sai il famoso imprenditore australiano che ha perso la vista in seguito ad un'aggressione. Bè, lui s'e dato alla scrittura ad esempio. Anch'io farei una cosa del genere"

"Attento allo scalino, Matthieu. Ad ogni modo, che dire... se vuoi ti cavo gli occhi" Propose con tono sarcastico.

"Scemo dai, dico sul serio, io ci penso a certe cose. Non lo so... Sono paranoie forse"

"Appunto, non fartele. Uff. Poggiamola qui, mi fanno male le spalle" Concluse sbuffando Jean-Christophe.

Proprio nel grande atrio, nel mezzo del salone per gli ospiti a giorno, tra la mobilia pomposa e i suppellettili vitrei d'apparenza, spiccavano due grandi triclini in legno e bronzo. Il cadavere venne adagiato li, su uno di quelli.

Matthieu prese una seggiola, minuta, con la seduta in paglia, e si sedette proprio accanto al corpo:

"Jean-Christophe, mi porti l'occorren..."

"Ecco tutto" Intervenì Jean-Christophe, porgendo un vassoio argenteo contenente pinze da estrazione, un ago con del filo, del perossido d'idrogeno e batuffoli d'ovatta in quantità.

"Facciamo passi da giganti eh, Jean-Christophe ?"

"Te l'ho detto, oramai ci ho fatto il callo. Poi, avevo preparato gia tutto ieri, quando tu sei andato a dormire. Mi sono anticipato il lavoro"

"Hai detto bene, Jean-Christophe, hai detto bene. E' diventato un lavoro. Prima o poi ci toccherà attrezzarci meglio o, magari, trovare una soluzione definitiva"

Poi Matthieu afferrò le pinze ed aprendole e chiudendole di continuo, pronunciò un mezzo sorriso punzecchiante e domandò:

"Ma, ora che ci penso, tu non eri emofobico?"

Jean-Christophe toccandosi l'orecchio rispose con vaghezza:

"No, io non ho paura del sangue è che, cioè... Mi fa solo schifo vedere quando lo fai, ecco"

"Algofobico? Eh eh eh eeeh" Richiese Matthieu accentuando il sorriso ironicamente sadico.

"Ma no, ma no dai, te l'ho detto. Mi fa schifo tutto qui. Cioè, non so cosa sia l'algofobia ma non la ho! Non ho fobie falla finita, su"

"Ah se lo dici tu" Concluse Matthieu sogghignando.

Jean-Christophe dunque lasciò il vassoio sull'altro tricline, proprio dietro Matthieu, e si andò a sedere attorno al tavolo circolare a qualche metro di distanza.

"Pauroso!" Esclamò Matthieu a voce bassa.

"E finiscila... Guarda che ti sento"

Matthieu fece una risatina.





Il corpo della donna era sporco di sabbia e livido in ogni parte scoperta, con numerose cicatrici appannate dal chiarore della pelle. Il vestito grinzoso, logoro e renoso anch'esso. Molte delle ossa erano fratturate in più punti e lo testimoniavano gli affossamenti cutanei. Il processo di putrefazione non era iniziato ma il corpo presentava evidenti segni di disidratazione: Soprattutto le labbra, s'erano anchilosate fortemente. Gli occhi erano sbarrati, a fissare il vuoto. Tondeggianti, dolcissimi occhi glauchi...

Con cura maniacale, il glabro Matthieu, procedeva nella pulizia di quel corpo bianchiccio. Tamponava il viso con un batuffolo impregnato d'acqua ossigenata, poi ne passava un altro asciutto sulla zona umida, e così via fino all'aver cancellato ogni singola colata e schizzi di sangue. Le passava le dita fra i capelli. Le sfiorava adagio le gote. Il tutto molto lentamente, osservando il suo viso, con gli occhi luccicanti.

Poi si avvicinò con la testa, quasi guancia a guancia, ed in un mezzo abbraccio, sussurrò nell'orecchio pallido:

"Noi ti uccidiamo... Perché ti amiamo, mamma"



Erano le 1:27 a Juan-les-Pins, in febbraio, dove sterne e gabbiani popolano le coste.

Su una di queste, la spiaggia privata di villa Bataille, due ricchi fratelli ereditieri trasportavano un corpo di donna portandosi dietro un badile:

"Comunque, ci hai messo più del solito stanotte"

"No è che... Per estrarre il proiettile... Era andato troppo a fondo, e poi non riuscivo a ricucire, Jean-Christophe"

Matthieu continuò:

"E comunque sono anche insonnolito. Non credo che finirà mai questa storia..."

"Bè, la leggenda dice che quando muore la madre di due gemelli, avente stesso gruppo sanguigno di questi, il legame d'amore diventa indissolubile ed ella risorgerà ogni notte, a mezzanotte, per rimboccar loro le coperte. Per questo la chiamarono la leggenda della madre apprensiva"

"Si, Jean-Christophe, quello lo so ma... La leggenda non dice che ella diventerà una specie di zombie senza cervello né dignità. Non dice che vagherà senza meta sbattendo ovunque capiti come un ubriaco, lento e... E penoso, ecco! Non dice neanche che il corpo si manterrà in perfetto stato, voglio dire, guarda qui che roba! Salvaguardiamo il suo aspetto da quasi due mesi ma tra qualche tempo inizierà a fare anche i vermi. E comincia a puzzare, a dirla tutta" Concluse Matthieu.

Una volta arrivati nelle vicinanze di una fossa, nascosta proprio dietro una montagnola di rocce ai margini della spiaggia, allungarono il corpo in terra.

Jean-Christophe afferrò la pala asciugandosi la fronte con la manica del pigiama, dunque tolse della renella in eccesso dalla sepoltura:

"E comunque... Uff... E' una stupida leggenda lo stesso... Uff... Dammi una mano, prendila per le gambe" Sollecitò il fratello sbuffando.



-PAFF-



Il corpo con un tonfo finì nella grossa buca.

"Sai, Jean-Christophe, penso proprio che la scriverò questa storia, se un giorno diventerò cieco"

"Aspetterai quel momento per darti alla scrittura, Matthieu?"

"Ahhh, si adesso ho troppe cose per la testa. E, e poi voglio trovarmi una ragazza"

"Sei proprio scemo, fratellino, ahahah"

"E dai, Jean-Christophe, dico sul serio!" Ribattè dando una spintarella al fratello.

"Va bene, va bene Matthieu ma, fino a quel momento... Continua a preparare il caffè notturno. Adesso dammi una mano che ricopriamo la fossa. Tra qualche ora inizieranno a passare i cargo"



A Juan-les-Pins, alle 11:45 di ogni santa notte, da villa Bataille parte il La per "La tourbillon de la vie".



...On a continuè à toumer

tous lex deus enlacès

tous lex deus enlacès

puis on s'est rèchauffès...



Chacun pour soi est reparti, dans l'tourbillon de la vie...





Paco Casagrande Ranalli



Leone del dieci agosto 1981, atleta professionista e discreto fumettista, non ha mai abbandonato la scrittura. Nato a Roma, ci vive tutt'ora. Le sue intenzioni future, in caso riesca ad affermarsi, non sono "legate" ai monti e ai colli italiani. Ha intenzione di andare a vivere all'estero, magari in Giappone.

Ha lavorato sin da quando aveva sedici anni. Ora si reputa un nullafacente molto produttivo. Si dice che la costanza e l'impegno ripaghino, il problema è: anche in Italia ?





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