RACCONTI
Emanuele Aldrovandi
Metafisica della clessidra
"Ci sono due modi per affrontare una situazione che arreca sofferenza."
Quando ero alle superiori e mi proponevano schematizzazioni del genere, tipologia -x o non x-, finivo solitamente per alzare la mano e chiedere, fingendo stupore, per quale motivo i modi non potessero essere tre, o cinque. Evitavo il numero quattro perché, in caso d'inondazione, un postulato quadrato verrebbe spazzato via dalla forza dell'acqua. A meno che ovviamente non fosse posto a rombo, ma ciò sarebbe sconveniente. I triangoli e i pentagoni, invece, fanno scorrere l'acqua delle critiche sulle angolazioni dei loro spigoli e resistono; finché il fiume non si secca.
"Vedi, c'è la possibilità scientifica che consiste nel cercare di isolare le cause della sofferenza." Sussurra Banderuola, mentre mi versa il caffé. "Lungo o corto?" Chiede senza aspettare la risposta. "Ne ho fatto uno più lungo e uno più corto, scegli pure quello che vuoi. Dicevo, questa tipologia d'approccio è basata sulla logica: uno si mette lì, magari con un foglio di carta e una matita per disegnare le frecce causali, poi inizia a setacciare i ricordi in cerca di spie che avrebbero potuto prevedere il fallimento. Dopodichè estrae stralci d'esperienza, analizza con attenzione la maniera in cui hanno influito sul degenerare della situazione e si sforza di trovare una spiegazione plausibile e ripetibile di come sono andate le cose."
"È importante la ripetibilità." Aggiungo meccanicamente, mescolando lo zucchero nel mio caffé.
"Si, infatti. Perché è proprio lo stesso atteggiamento di chi costruisce una scienza. Cioè, alla fine si potrebbe edificare una scienza su... su tutto. Vedi, facendo così si potrebbero anche ottenere dei risultati. I ricercatori fanno ipotesi, si pongono problemi e cercano di svolgerli; magari non hanno scoperto nessuna causa ultima e necessaria, ma riescono a risolvere qualche situazione specifica... quando hai una delusione amorosa puoi adottare lo stesso approccio."
"Sarebbe irritante se, dopo aver riconquistato la ragazza, scrivessero una scienza dei rapporti di coppia." Constato, finendo il caffé.
"Ma lo farebbero. Lo farebbero, così come gli scienziati producono teorie." Risponde Banderuola, lievemente compiaciuto. Dopodichè mi spiega che l'altro atteggiamento, l'altro polo della sua linea, consiste nell'oblio. L'oblio, siamo d'accordo, è la principale attività dell'uomo. La distrazione è una medicina contro l'esistenza: la cura con garze infettate ma ben tenute, la nasconde in impegni che al momento sembrano inderogabili o in sbronze epocali e irrinunciabili. Lavorare, riposarsi dopo aver lavorato, svagarsi prima di cominciare a lavorare, drogarsi per dimenticare il lavoro, pensare ad altro; ecco come si fluttua attraverso le stagioni, senza pensarci troppo. Da un certo punto di vista l'oblio è una fortuna.
"Dipende dalle persone." Aggiungo.
"Ieri sera sono stato stronzo con Romi a dire che l'oblio mi da fastidio." Si rammarica Banderuola.
"Credo abbia capito che parlavate di due cose diverse."
"Credo anch'io."
Nevica.
"La tua dicotomia non mi soddisfa."
"Dovrebbe." Sorride Banderuola. "Immagina una linea le cui estremità siano scienza e oblio: ognuno si può collocare più vicino all'una o all'altro. Le gradazioni sono infinite."
"Hai creato una metafisica." Scoppiamo a ridere.
"Adesso posso scrivere miliardi di libri in cui mi giustifico."
"Aspetta. Secondo me c'è un altro punto." Lo interrompo.
"Impossibile."
"Il triangolo sì, sarebbe una forma metafisica perfetta."
"Questo è vero. Mi sfugge il terzo polo, però."
"Il lirismo fatalista."
"Oh." Ride Banderuola.
"Cioè la posizione di chi è ben conscio di non poter fare nulla per modificare o comprendere i fatti che gli stanno accadendo, ma non vuole nemmeno dimenticarli e pensare ad altro."
"Va be. Ma allora cosa fa?"
"Vive la sua sofferenza."
Restiamo un attimo in silenzio. Banderuola ruota il cucchiaino nella tazza vuota di caffé producendo suoni striduli, poi solleva ed abbassa il coperchio dello zucchero di canna.
"D'accordo. Sì. L'accetto." Borbotta. "Solo perché il triangolo è più metafisico. Dunque, ora abbiamo tre poli, tre possibili estremi per affrontare una situazione di sofferenza: il tentativo scientifico di isolare le cause e gli effetti e di comprendere in modo inequivocabile ciò che sta accadendo, l'oblio della distrazione o dello sballo e il lirismo fatalista contemplativo."
"Non siamo arrivati al punto di creare una scala di valori fra essi, vero?" Chiedo con preoccupazione.
"No?" Riflette Banderuola, ma non capisco se sia un affermazione o un'altra domanda.
"Allora diciamo che ognuno si può collocare in un punto qualsiasi all'interno del triangolo, in una posizione le cui coordinate rappresentano la quantità di scientificità, di oblio e di lirismo."
"Bene."
È pomeriggio. Parliamo d'altro finché Romi non suona il campanello. Banderuola lo fa entrare e lui appoggia i suoi pantaloni sporchi di neve sulla sedia della cucina, di fianco a me.
"Le vostre facce tristi mi rallegrano." Dice.
"Abbiamo creato una metafisica." Lo incalza subito Banderuola, e inizia a spiegargli tutto.
"Non capisco il punto di partenza." Lo interrompe ad un certo punto Romi. "Questo triangolo vale solo per le situazioni di sofferenza o è universale?"
"Bho."
"Facciamolo universale." Romi decide di mettere il suo mattone all'edificio metafisico. "Vale anche per la gioia: la posizione scientifica cerca di capire le cause del momento positivo..."
"Per renderlo ripetibile. Ci sta."
"Non capisco come faremo a distinguere sofferenza e gioia." Dico, inascoltato.
"L'oblio -continua Romi- consiste nel godere i momenti positivi senza pensarci..."
"Come una distrazione rispetto ai momenti negativi." Aggiunge Banderuola. "Fantastico."
"Mi lasci parlare, cazzo."
Restiamo tutti in silenzio per qualche secondo.
"Vuoi del caffé Romi?" Banderuola si alza in piedi e si dirige verso i fornelli; è pensieroso. "Mi sfugge però l'atteggiamento del lirismo fatalista nei confronti della gioia..."
"È esattamente lo stesso." Rispondo io con finta prontezza, visto che ci stavo già pensando. "Non vi è differenza fra gioia e dolore, sono equipresenti nel successo e nel fallimento. L'unica costante è una certa malinconia lirica."
"Perfetto." Gli occhi di Banderuola s'illuminano. "Sentite questa. Due triangoli, eh, ci siete? Messi in modo da avere un vertice in comune, questo vertice è l'atteggiamento lirico fatalista, gli altri quattro sono scienza e oblio divisi due per due nei momenti positivi e nei momenti negativi."
"È una metafisica a forma di clessidra."
"Totalmente gratuiti." Ride Banderuola.
Versiamo un altro caffé. La nostra metafisica non sta in piedi, perciò è degna di essere tale.
Quando ero alle superiori e mi proponevano schematizzazioni del genere, tipologia -x o non x-, finivo solitamente per alzare la mano e chiedere, fingendo stupore, per quale motivo i modi non potessero essere tre, o cinque. Evitavo il numero quattro perché, in caso d'inondazione, un postulato quadrato verrebbe spazzato via dalla forza dell'acqua. A meno che ovviamente non fosse posto a rombo, ma ciò sarebbe sconveniente. I triangoli e i pentagoni, invece, fanno scorrere l'acqua delle critiche sulle angolazioni dei loro spigoli e resistono; finché il fiume non si secca.
"Vedi, c'è la possibilità scientifica che consiste nel cercare di isolare le cause della sofferenza." Sussurra Banderuola, mentre mi versa il caffé. "Lungo o corto?" Chiede senza aspettare la risposta. "Ne ho fatto uno più lungo e uno più corto, scegli pure quello che vuoi. Dicevo, questa tipologia d'approccio è basata sulla logica: uno si mette lì, magari con un foglio di carta e una matita per disegnare le frecce causali, poi inizia a setacciare i ricordi in cerca di spie che avrebbero potuto prevedere il fallimento. Dopodichè estrae stralci d'esperienza, analizza con attenzione la maniera in cui hanno influito sul degenerare della situazione e si sforza di trovare una spiegazione plausibile e ripetibile di come sono andate le cose."
"È importante la ripetibilità." Aggiungo meccanicamente, mescolando lo zucchero nel mio caffé.
"Si, infatti. Perché è proprio lo stesso atteggiamento di chi costruisce una scienza. Cioè, alla fine si potrebbe edificare una scienza su... su tutto. Vedi, facendo così si potrebbero anche ottenere dei risultati. I ricercatori fanno ipotesi, si pongono problemi e cercano di svolgerli; magari non hanno scoperto nessuna causa ultima e necessaria, ma riescono a risolvere qualche situazione specifica... quando hai una delusione amorosa puoi adottare lo stesso approccio."
"Sarebbe irritante se, dopo aver riconquistato la ragazza, scrivessero una scienza dei rapporti di coppia." Constato, finendo il caffé.
"Ma lo farebbero. Lo farebbero, così come gli scienziati producono teorie." Risponde Banderuola, lievemente compiaciuto. Dopodichè mi spiega che l'altro atteggiamento, l'altro polo della sua linea, consiste nell'oblio. L'oblio, siamo d'accordo, è la principale attività dell'uomo. La distrazione è una medicina contro l'esistenza: la cura con garze infettate ma ben tenute, la nasconde in impegni che al momento sembrano inderogabili o in sbronze epocali e irrinunciabili. Lavorare, riposarsi dopo aver lavorato, svagarsi prima di cominciare a lavorare, drogarsi per dimenticare il lavoro, pensare ad altro; ecco come si fluttua attraverso le stagioni, senza pensarci troppo. Da un certo punto di vista l'oblio è una fortuna.
"Dipende dalle persone." Aggiungo.
"Ieri sera sono stato stronzo con Romi a dire che l'oblio mi da fastidio." Si rammarica Banderuola.
"Credo abbia capito che parlavate di due cose diverse."
"Credo anch'io."
Nevica.
"La tua dicotomia non mi soddisfa."
"Dovrebbe." Sorride Banderuola. "Immagina una linea le cui estremità siano scienza e oblio: ognuno si può collocare più vicino all'una o all'altro. Le gradazioni sono infinite."
"Hai creato una metafisica." Scoppiamo a ridere.
"Adesso posso scrivere miliardi di libri in cui mi giustifico."
"Aspetta. Secondo me c'è un altro punto." Lo interrompo.
"Impossibile."
"Il triangolo sì, sarebbe una forma metafisica perfetta."
"Questo è vero. Mi sfugge il terzo polo, però."
"Il lirismo fatalista."
"Oh." Ride Banderuola.
"Cioè la posizione di chi è ben conscio di non poter fare nulla per modificare o comprendere i fatti che gli stanno accadendo, ma non vuole nemmeno dimenticarli e pensare ad altro."
"Va be. Ma allora cosa fa?"
"Vive la sua sofferenza."
Restiamo un attimo in silenzio. Banderuola ruota il cucchiaino nella tazza vuota di caffé producendo suoni striduli, poi solleva ed abbassa il coperchio dello zucchero di canna.
"D'accordo. Sì. L'accetto." Borbotta. "Solo perché il triangolo è più metafisico. Dunque, ora abbiamo tre poli, tre possibili estremi per affrontare una situazione di sofferenza: il tentativo scientifico di isolare le cause e gli effetti e di comprendere in modo inequivocabile ciò che sta accadendo, l'oblio della distrazione o dello sballo e il lirismo fatalista contemplativo."
"Non siamo arrivati al punto di creare una scala di valori fra essi, vero?" Chiedo con preoccupazione.
"No?" Riflette Banderuola, ma non capisco se sia un affermazione o un'altra domanda.
"Allora diciamo che ognuno si può collocare in un punto qualsiasi all'interno del triangolo, in una posizione le cui coordinate rappresentano la quantità di scientificità, di oblio e di lirismo."
"Bene."
È pomeriggio. Parliamo d'altro finché Romi non suona il campanello. Banderuola lo fa entrare e lui appoggia i suoi pantaloni sporchi di neve sulla sedia della cucina, di fianco a me.
"Le vostre facce tristi mi rallegrano." Dice.
"Abbiamo creato una metafisica." Lo incalza subito Banderuola, e inizia a spiegargli tutto.
"Non capisco il punto di partenza." Lo interrompe ad un certo punto Romi. "Questo triangolo vale solo per le situazioni di sofferenza o è universale?"
"Bho."
"Facciamolo universale." Romi decide di mettere il suo mattone all'edificio metafisico. "Vale anche per la gioia: la posizione scientifica cerca di capire le cause del momento positivo..."
"Per renderlo ripetibile. Ci sta."
"Non capisco come faremo a distinguere sofferenza e gioia." Dico, inascoltato.
"L'oblio -continua Romi- consiste nel godere i momenti positivi senza pensarci..."
"Come una distrazione rispetto ai momenti negativi." Aggiunge Banderuola. "Fantastico."
"Mi lasci parlare, cazzo."
Restiamo tutti in silenzio per qualche secondo.
"Vuoi del caffé Romi?" Banderuola si alza in piedi e si dirige verso i fornelli; è pensieroso. "Mi sfugge però l'atteggiamento del lirismo fatalista nei confronti della gioia..."
"È esattamente lo stesso." Rispondo io con finta prontezza, visto che ci stavo già pensando. "Non vi è differenza fra gioia e dolore, sono equipresenti nel successo e nel fallimento. L'unica costante è una certa malinconia lirica."
"Perfetto." Gli occhi di Banderuola s'illuminano. "Sentite questa. Due triangoli, eh, ci siete? Messi in modo da avere un vertice in comune, questo vertice è l'atteggiamento lirico fatalista, gli altri quattro sono scienza e oblio divisi due per due nei momenti positivi e nei momenti negativi."
"È una metafisica a forma di clessidra."
"Totalmente gratuiti." Ride Banderuola.
Versiamo un altro caffé. La nostra metafisica non sta in piedi, perciò è degna di essere tale.
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