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Il Paradiso degli Orchi
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RACCONTI

Alessandro Meoni

Poliziotte in visone

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Quando squillò il telefono, fu Marcy a rispondere.

Franca era in cucina, a dare disposizioni alla cuoca.

"Sì?" fece.

"Qui centrale" disse la voce.

"Mio Dio un uomo. Franca c'è un uomo al telefono!!".

D'istinto controllò la pettinatura allo specchio veneziano.

Era perfetta naturalmente. Cosa diavolo le prendeva. Si irritò con se stessa.

"Qui agente Marcy".

"C'è stato un omicidio. Il capo vi vuole subito a rapporto qui alla centrale".

Lei svenne.

Durò una frazione di secondo, giusto il tempo di non spiegazzarsi il pigiama palazzo di Fendi. Si riprese subito.

"Che tipo di omicidio?" chiese.

"Socialmente accettabile" disse il centralinista.

Marcy ritenne di potersi fidare. Il centralinista era andato a scuola con la sorella della commercialista della sua manicure e quindi era fonte sicura.

"Ok, arriviamo. Il tempo di indossare qualcosa" disse.

L'interlocutore sospirò.

Giunse prima l'aroma di patchouli, poi quello della crema da giorno.

Poi arrivò lei.

"Dov'è?" chiese Franca.

"Dov'è chi?".

"Ma l'uomo!".

"Ah. Era al telefono".

"E non poteva bussare?".

"Al telefono?".

"Ma no, alla porta".

Marcy sapeva cosa fare.

Inserì la cassetta della comunione di sua figlia e lasciò che Franca parlasse con quella.

Dopotutto era vestita in modo splendido.

Si cambiarono velocemente.

Un'ora per scegliere la mise, due per magnificare con un trucco adeguato i lineamenti cesellati.

Pierre, l'autista palestrato, le fece accomodare nella Rolls di pattuglia.

Avevano fatto togliere il servosterzo, per vedergli meglio i bicipiti.

"Dunque stamani il percorso è: sarta-coiffeur-manicure-centrale. E prenda per il centro. Voglio vedere le vetrine della Spagnoli" disse Franca.

"Allibisco" fece Marcy.

"Perché?".

"La Spagnoli alla tua età?".

"Solo per il gusto di rifiutare" spiegò Franca.

"Capisco cara".

Pierre le depositò davanti alla centrale di polizia.

Come al solito finsero entrambe un accenno di inciampo, per aggrapparsi ai suoi bicipiti.

L'autista le sorresse senza difficoltà e, per 6.000 euro al mese, sopportò l'ennesima palpata.

La stazione di polizia era abilmente camuffata da istituto di bellezza.

Superfluo dire che fosse di un'eleganza e di un lusso inauditi.

Lo avevano chiamato Charme.

La receptionist le accolse con un gran sorriso.

Le gettarono in faccia le pellicce.

"Chi era quella?" chiese Franca.

"La guardarobiera credo" rispose spazientita Marcy.

I tacchi risuonarono sul marmo di Carrara mentre raggiungevano l'ufficio del capo.

"Ma aveva le perle".

"Coltivate amore. Hai di nuovo dimenticato i bifocali vero".

"Taci che possono sentirci".

Arrivarono alla porta del capo.

Un'impiegata controllò le loro manicure e la riga delle calze.

Il capo le accolse accigliato.

"Tesoooro, stai benisssssimo" trillò Franca.

"Umpf" bofonchiò Clara.

Indossava una mimetica di Pucci con i gradi di strass.

Il severo chignon era raccolto sotto un cappello a tesa larga.

La veletta abbassata esprimeva minaccia.

"Siamo di malumore eh capo" notò Marcy.

"Per forza. Con quelle scarpe" disse Franca.

"Taci, taci. Ero a una svendita e improvvisamente è andata via la luce" si lamentò Clara.

Entrambe si precipitarono a consolarla.

Poi sedettero sui canapè di struzzo.

Tra gli stuzzichini e i pettegolezzi si fecero le cinque.

Presero il tè e poi discussero del caso.

"Avete sentito? Una signora milanese è deceduta dopo un'infiltrazione di botulino" esordì Franca.

"Non quel caso, cara" la corresse Marcy.

"L'omicidio" puntualizzò Clara.

Svennero tutte e tre.

Naturalmente quel tanto che bastava per non rovinare le acconciature.

"Quartieri alti?" s'informò Franca.

"Vi ho mai deluse?" disse Clara.

"Ti adoro quando fai la professional" ammise Marcy.

"Bacino bacetto?" propose Clara.

"Bacino bacetto" accettò Marcy.

"Avete finito?" berciò Franca.

"Bacino bacetto anche a teeeee" dissero all'unisono le altre due.

Clara battè le mani.

"Su bimbe, andate adesso. Ho uno stuolo di arredatori feroci che aspetta fuori della porta".

Si salutarono con il codice segreto: palmo contro palmo agitando le ditine.

Il garage della centrale conteneva tutto il necessario per ogni tipo di missione.

Si andava dalla Smart per lo shopping alla Ferrari per gli inseguimenti a Portofino.

Scelsero qualcosa che si intonasse alle loro borsette.

La Porsche blu andava benissimo.

Dentro trovarono i visoni d'ordinanza.

Franca si mise alla guida.

L'auto era un concentrato di tecnologia: aveva le sospensioni attive capaci di filtrare ogni piccolo avvallamento, lo sterzo attivo consentiva di parcheggiare in un fazzoletto e i fari attivi permettevano l'illuminazione in pineta.

Lì dentro, l'unica cosa passiva era lei.

"Dove siamo dirette" domandò Marcy.

"Bel Air o Beverly Hills naturalmente".

"Mica siamo a Los Angeles".

"Lo so ma mi piace tanto pensarlo...".

Si fermarono diligentemente con il rosso.

Accanto a loro si affiancò una cosa gialla decapottata.

Entrambe si sporsero a guardare il tipo al volante.

"Tò" disse Marcy.

"Lo conosci??".

"Mi ricorda qualcuno".

"Chi??" chiese Franca.

"Ma dai , quel tuo ex. Quello che dicevi ti completasse".

"In che senso?".

"Tu riuscivi a vedere il film e lui a sentirlo".

"Ah ricordo. Passammo un inverno stupendo giocando ai mimi".

"Dai. Dammi sto indirizzo" sospirò Marcy.

"Via dei Gerani 32. Li odio i gerani".

"Allora trova un omicidio in una parallela".

"Si arrabbierà la Clara?".

"Ma certo. Dice che i casi irrisolti fanno a pugni con le tendine del suo boudoir".

"Ah terribile. Vada per i gerani allora" convenne Franca.

Parcheggiarono davanti alla villa neoclassica.

C'era un via vai di gente in uniforme.

"Credevo che il gattopardo fosse estinto" disse Marcy.

"Scusi, per la piscina?" chiese Franca a un agente in lince blu.

Marcy la tirò all'interno della casa.

Rabbrividirono di fronte al Klimt accostato al trumeau Luis XV.

Rimasero estasiate invece del magnifico tappeto cinese.

"Peccato per quel cadavere messo sopra" commentò Marcy.

"E che orrore quel tailleur. Un Versace di due anni fa".

Si accostarono al corpo.

"Passami la trousse".

Franca fece cenno al filippino.

"Non questa. L'altra, per le impronte" sibilò Marcy.

"Tesoro se non mi dici la marca mi confondo".

Franca fece il giro della stanza.

"Che fastidio mi dà quando non mettono il prezzo sotto gli oggetti".

Marcy si chinò sul cadavere.

A voler essere precisi, lei stava seduta in poltrona sfogliando Marie-Claire.

Il cadavere lo stava esaminando la manovalanza.

"Trovato nulla ragazzi?" chiese.

"Sì" - disse Ambra, un tempo certamente uomo - "Ha le doppie punte".

"Un ottimo movente" commentò Franca.

"Un party fantastico".

"Oh, grazie" disse Marcy.

"Sa dov'è il bar?".

"Vede quella donna ubriaca? Ecco, là".

"E' sicura che si tratti di una donna?".

"Si fidi tesoro. E' donna almeno quanto me".

Franca arrivò con le scarpe in mano.

"Beh?" chiese Marcy.

"Con quel che le ho pagate. Così le vedono meglio".

"Quanta gente. Come procedono le indagini?".

"Ferme. Al momento c'è la dimostrazione delle pentole in salotto".

"E il cadavere?".

"Lo abbiamo squisitamente composto nello sgabuzzino".

C'erano tutte.

Le ragazze della divisione termale, i corpi d'assalto (alle svendite, n.d.r.), le ausiliarie del traffico e perfino qualche animalista pentita.

Giovanna accorse trafelata.

"Presto, sono finiti i pasticcini".

L'elaborata cotonatura grigio acciaio esibiva la luce blu intermittente.

Saggiamente, aveva disinserito la sirena.

"Trovassimo mai uno che muoia con la dispensa piena" disse Franca.

"Ragazze, abbiamo il movente però manca l'arma del delitto" osservò Marcy.

"Ah quella? La sto usando io per pettinare di là in sala" disse Giovanna.

"La uccidi tu cara o ci penso io?" propose Marcy.

"Ma per piacere. Evitiamo una folla di cadaveri. Non ho la pochette adatta" disse Franca.

"C'è qualcosa che non va?" chiese Giovanna con aria innocente.

"Almeno dicci di che si tratta" la incitò Franca.

"E' un inventaricci".

"Originale. Sublime" dissero rapite le altre due.

"Naturalmente non ve lo darò mai".

"Hai un cuore grande come i tuoi piedi" disse Marcy.

Franca battè le mani.

"E come è stata uccisa?".

"Un ricciolo messo male" disse Giovanna scuotendo la testa.

"Terribile. Le sarà venuto un infarto" fece Franca.

"Esattamente" confermò Giovanna.

Amelia portò i rinfreschi.

"Ecco qua. Cicuta per zia Marcy, curaro per zia Franca, stricnina per il mio amore" petulò.

"Stemperiamo con il ghiaccio" propose Marcy.

"Che ragazza solerte" si complimentò Franca.

Amelia portava le insegne della divisione pret-à-porter: praticamente nuda.

C'era solo questo filo di ermellino che le partiva dal pube e arrivava alla schiena.

"Amore, sono pronti i completini per i rilevamenti impronte?" chiese Giovanna.

"Quasi. Devono mandare il taffetà da Carpi".

"Eppure c'è qualcosa che mi sfugge" disse Franca pensierosa.

"Le smagliature?" azzardò Giovanna.

"Le zampe di gallina?" suggerì Amelia.

"L'alluce valgo?" propose Marcy.

"Provo a mimarlo?".

"L'ultima volta che hai usato il linguaggio dei segni stavi fumando e mi hai dato fuoco al divano" le rammentò Marcy.

"Dio che noia queste feste" sbadigliò Giovanna.

Riposero i bicchieri nello scomparto tra i suoi capelli.

"Prima di andarcene dovremo ringraziare la padrona di casa" disse Amelia.

"Qualcuno la conosce?" chiese Franca.

Passarono le pin-up della sezione autopsie con il cadavere.

"Ma guarda credo sia lei" disse Marcy.

"Ci vorrà una medium" fece Giovanna.

"Adesso ricordo" s'illuminò Franca.

Si divisero per procedere alle indagini.

Franca e Marcy sarebbero andate all'obitorio.

Le altre due corsero dal notaio per farsi intestare la villa.

(Giovanna non restituì mai più l'inventaricci).

Il corteo si snodò per i quartieri alti, la Porsche in testa e i carri con quelle della scientifica a seguire.

Per disperdere la folla, Marcy usò il fischietto, ma tutti si misero a ballare Y.M.C.A.

Al fine di evitare le zone depresse presero la panoramica.

Il viaggio si allungava un po' ma ne valeva la pena.

Poi c'era l'inaugurazione di quel nuovo bar...

Insomma giunsero all'obitorio che era notte fonda.

"Questo posto mi ricorda il mio ex" disse Franca.

"Il fatto che tu ricordi qualcosa mi sorprende" fece Marcy.

"O forse era il mio ex-ex?".

"Quello che nel suo albero genealogico vanta due rottwailer?".

"Non ci capivamo lo stesso. Però in una maniera completamente diversa".

Salirono la gradinata del negozio di complementi di arredo.

"Chi mai penserebbe a un obitorio".

"Forse i cadaveri" suggerì Marcy.

L'impiegata alla reception le riconobbe e chiese l'autografo.

Le spillarono 30 euro ciascuna.

"Con questi ci rammendo la pelliccia" gongolò Franca.

Attraversarono l'atrio rosa pesca fino alla doppia porta barocco spagnolo.

"Sei pronta"? chiese Marcy.

"Sai che adoro le autopsie".

"Speriamo che usino il servito buono".

"La volta scorsa rimanemmo in piedi per ore".

"Ho portato le spiaggine" sussurrò Marcy.

Inspirarono a fondo ed entrarono.

Come al solito, l'arredamento le colpì.

Un trionfo dell'art-déco.

Arresisi di fronte all'evidente indifferenza dei cadaveri verso ogni objet d'art, gli arredatori avevano pensato di rendere meno sgradevole il lavoro agli addetti ai lavori.

Naturalmente il marmo di Carrara si era rivelato necessario.

Piccole vetrinette ben illuminate, spezzavano a intervalli regolari quella fredda sontuosità.

"Prendo quel collier" disse Marcy alla commessa.

"Io ne prendo due" intervenne Franca.

"Allora ci aggiunga anche quella tiarina".

"Mi dia anche quella parure".

Quando la commessa esaurì i gioielli, la tensione continuò in sala autopsie.

"Forza fammi vedere. Io ho tre specilli di Cartier, un bisturi di Capodimonte e un sacco per cadaveri di Capucci" abbaiò Marcy.

"Tsk. Io ho quattro vasche per la coagulazione di Bulgari e due – dico due – svuotaintestini di Baccarat" squittì Franca.

Marcy tentò l'ultima carta.

"Ci aggiungo l'anello che mi ha regalato il mio ex. Magnifico vero?".

"Certo. E sono sicura che prima o poi arriverà anche la pietra" convenne Franca.

Si accordarono per un pareggio.

La sala autopsie era in fermento.

I phon andavano senza sosta e la ragazza della manicure era sull'orlo di una crisi isterica.

Quando Franca esibì la tessera di Elizabeth Arden, due dell'anticrimine furono fatte sloggiare in fretta e furia.

"Mi farò il colore".

"Di solito vai alla Fiat".

"Per i metallizzati" precisò Franca.

A lei toccò dopo una Panda.

"Non ho gli sportelli" replicò stizzita alla lavorante.

Marcy si rendeva conto che il tempo stringeva.

Clara avrebbe voluto un rapporto completo di lì a breve e poi non avevano ancora scoperto l'assassino.

"Ma chi se ne frega" esclamò.

"Del cadavere che ne facciamo?" chiese Franca.

Ma la domanda rimase sospesa.

Giovanna, Amelia e Clara fecero irruzione nel locale.

Le due poliziotte si strinsero nei loro visoni d'ordinanza, temendo una lavata di capo.

In fondo, i risultati delle loro indagini rispecchiavano il reddito dichiarato nel 740, cioè zero.

Non erano pagate abbastanza per quel lavoro di responsabilità.

E tutte quelle multe per divieto di sosta davanti a Ferrè...

Naturalmente il capo se ne fregava. Lei voleva risultati.

Le guardarono avvicinarsi minacciosamente, tutte e tre accigliate.

Franca e Marcy erano sicure di essere sull'orlo del licenziamento.

"Presto! Ho un'unghia scheggiata!" urlò Clara.

"Soccorso! Ho i topi nei capelli!" ululò Giovanna.

"May-Day! Ho perso un tacco!" gridò Amelia.

Le due tutrici dell'ordine si guardarono espellendo il fiato.

Andava tutto bene.

Avrebbero continuato a gravare pesantemente sul bilancio dello Stato.

Sospirando, si alzarono per prestare i primi aiuti alle sventurate.

Più tardi, sorseggiando i drinks in caserma, si domandarono dove diavolo fosse zia Kathrina.

Dal momento che era stata vista aggirarsi spettinata da Tiffany, convennero tutte che doveva per forza essere lei l'assassina.

E così, anche l'ennesimo caso fu risolto.





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