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Il Paradiso degli Orchi
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RACCONTI

Luca Caddia

Super extra gravity

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"Cosa? Ma non c'entrerà mai! No, dai, quello no."

"Aspetta, ascolta. Se lo metto nella tasca di sotto vedrai che c'entra."

"Ma come fa? Ci sono già i panni sporchi in quello di sotto. E l'alimentatore universale, guarda. Quello occupa più spazio di tutti!"

Ma Salvatore sapeva come far entrare due scatole di dolci in una tasca piena. Caloggero si stupiva sempre di come ogni volta ci riusciva, ma meglio così in fondo, quindi che problema c'era?

E no, c'era invece! "Non me la faranno mai passare come bagaglio a mano." In effetti era gonfia, e poi il fatto di avere la busta oltre al borsone complicava le cose. "Che ore sono?"

"Le quattro e mezza."

"Dai, che è ora."

Salvatore si accese una sigaretta. "Calò, l'aereo è alle sette e mezza. Mancano tre ore."

"Che succede se mi fanno infilare la borsa in quel coso? Dai, quello in cui c'entra a malapena il beauty." Bastò un attimo.

"Oddio, il beauty! Abbiamo dimenticato il beauty!" E ora? Vada per i dolci nella tasca di sotto, ma un beauty in una borsa strapiena voglio vedere come entrava.

Caloggero corse verso il bagno e tornò a passo lento col beauty gonfio in mano.

"Non c'entrerà mai. Mai! E' enorme." Salvatore posò la sigaretta sul bordo del tavolo. "Dammi qui" disse mozzando uno sbuffo. In effetti così non poteva entrare. "Ora non freghi più nessuno" esclamò Caloggero. "Voglio proprio vedere come fai."

Salvatore aprì il beauty e selezionò i beni di prima necessità. Lo shampoo, il dopobarba e basta. Il resto era tutto sacrificabile per lui.

"Teint de neige!" implorò Caloggero. "Pure teint de neige."

"Quello pesa!"

"La crema me la ricompro, costa quattro euro e cinquanta, ma come faccio senza profumo? Io d'inverno metto solo quello e Creed al cuoio russo!"

"Ma portati i campioncini, guarda quanti ne hai!" e così dicendo Salvatore smucinò tutti i campioncini di Materozzoli mischiati nel beauty come numeri della tombola. Tirò fuori Czech & Speake, n° 88. Ottantotto, manca poco alla paura!

"Ma questi che sono?" Chiese Salvatore schifato mentre tirava fuori dei cosi secchi.

"Sono i petali della rosa rossa che mi hai preso a Parigi, ti ricordi? Fuori da Burberry, mentre io pagavo tu sei andato dal fioraio e mi hai preso un mazzo di roselline gialle con al centro una rosa rossa. Ti ricordi i commessi che sono usciti tutti per guardarci? E poi c'era quell'americano osceno con i pantaloni uguali ai miei."

Salvatore finse una soddisfazione sincera. "Ma quei pantaloni non li hai più messi?"

"E' più forte di me, dopo che li ho visti addosso a Charlotte di Sex and the City e a Jonathan del Grande Fratello ho capito che non era più aria."

"Chi?" chiese Salvatore.

"Niente. Un frocio e una mignotta." Rispettivamente, s'intende.

"Ah." Ma Salvatore non era il tipo da perdersi in chiacchiere. E così, uno a uno, mano a mano, ogni pezzo si accomodò su quello spazio nella valigia che il senso comune di Caloggero aveva spacciato per pieno e l'indulgenza di Salvatore ritenuto disponibile. Il beauty così appiattito non occupava che il volume di un racconto, e chissà che non fosse anche per questa versatilità che a suo tempo era costato così caro.

"Come sei bravo a sistemare le cose" sospirò Caloggero "non per caso ti chiami Salvatore." E gli mise le mani sul collo baciandolo, anche se, come al solito da quando si erano lasciati, Salvatore ritirava sempre le labbra quando Caloggero lo baciava. "Oh, ma ti faccio schifo? Ammorbidisci un po'."

"Eh, ammorbidisci... Tu ora vai dal tuo fidanzato, non farlo soffrire poverino."

"C'è una chiamata senza risposta. Che faccio te lo porto?"



Arrivarono all'aeroporto che mancavano due ore.

"Madonna quanto pesa." In effetti la borsa non era mai stata così piena, gli faceva pure male la schiena a portarla.

"Mettila sul carrello, aspetta che te lo prendo."

"No, non ti preoccupare, grazie, lo faccio io." Caloggero a piena voce: "Salvatò, grazie di tutto, veramente. Questa volta sono stato veramente bene."

"L'hai chiamato il tuo fidanzato?"

"E smettila di pensare a lui, dai! Che dici, me la fanno portare a mano? Ho una paura che mi dicano d'imbarcarla..."

"Ma non ti preoccupare, dai, l'hai sempre fatto. L'hai preso il libro?"

"Sì, sta proprio vicino alle lampo, così quando apro lo trovo subito." Poi

"Oh, mi raccomando, fammi sapere dopo che sei andato dai carabinieri."

"Ma che te ne pare della denunzia? E' scritta bene?"

"Nessuno scrive più come scrivi tu."

Salvatore lo prese come un complimento (lo era, a suo modo, ma Caloggero aveva strascicato il commento così tanto che se qualcuno avesse mai fatto lo stesso con lui avrebbe subito pensato che lo stessero prendendo per il culo).

"A Dio" intendeva sempre Caloggero quando gli diceva "Addio". E mai come questa volta si sarebbe rivelato appropriato l'uso di quel termine un po' vocativo un po' moto a luogo.

Salvatore meno Caloggero è uguale a zero. Salutate Salvatore.



Appena entrato all'interno dell'aeroporto Caloggero si voltò verso l'alto per assicurarsi che il suo aereo non fosse in ritardo, ma il tabellone finiva coi voli delle sei e mezza, che però erano tutti in orario, quindi occhei. Aveva una sola cosa in testa: "Speriamo non me la facciano imbarcare."

I check-in disponibili erano due: uno con una squadra di calcio prima di lui, l'altro con solo due persone davanti. Erano due carrieristi dall'aspetto mediolano. Caloggero in genere osservava attentamente i suoi compagni di spazio, ma stavolta era talmente distratto dalla storia del bagaglio a mano che fece caso solo ai loro mocassini neri, un paio coi lacci un paio senza. Dichiararono una ventiquattrore a testa. "Ahimé," sospirò Caloggero "loro sì che viaggiano leggeri!"

Non appena i due tipi se ne furono andati l'assistente di terra si trovò davanti uno dei sorrisi più belli di Caloggero. Certo che ogni tanto fa piacere incontrare persone che ti augurano buongiorno e buon lavoro e che invece di lamentarsi perché le coordinate del volo non sono ancora pronte ti dicono: "Non si disturbi, se vuole posso tornare tra tredici, quindici minuti. Non c'è fretta." E sempre con quel sorriso, poi..."Ma che disturbo, sono qui apposta per aiutarla."

"Mi dia del tu, la prego, siamo coetanei."

"Corridoio o finestrino?"

"Faccia lei."

"Buon volo."

"Altrettanto... ehm, volevo dire, grazie." Poi: "E' fatta. Questa è fatta. Vaffanculo, troia. Ah, ah, ti ho fregato. Ma ti rendi conto? Non mi ha nemmeno chiesto se avevo bagaglio da spedire" pensò Caloggero, ma...

"Signore, scusi."

"Mica ce l'avrà con me" pensò il nostro tra sé e sé riprendendo a camminare senza girarsi.

"Signor Romeo" sì sì, ce l'aveva proprio con lui.

"Eh?" Gli chiese da lontano.

"Ha lasciato il biglietto."

"Uh! Che scemo! Grazie, scusi eh. Scusi anche lei, signora." E sorrise alla passeggera dietro di lui che ricambiò cortesemente. Poi se ne tornò in fretta verso l'uscita come se volesse sbrigarsi a tornare dov'era rimasto, in modo che nulla di ciò che era successo negli ultimi dieci secondi potesse modificare il corso degli eventi che, ammettiamolo pure, fino a quel momento si era comportato veramente bene.

"Ma quella borsa la porta con sé?"

Oddio. "Sì certo, l'ho sempre fatto. Nessuno mi ha mai fatto storie." Già gli tremavano le gambe.

"Eh ma è un po' piena. Vabbè, lei vada, tanto il volo non ha molti passeggeri, comunque le consiglio di non riempirla così tanto perché a volte possono esserci problemi."

"Signorina," col cuore in mano "io se dice che è fuori dai parametri gliela do da imbarcare. Non voglio essere la causa di un eventuale squilibrio all'interno dell'aeromobile." Giustamente, pensò pure la passeggera in fila che stavolta non sorrise e guardò prima l'orologio, poi l'uscita e poi la ragazza ripassando per l'orologio.

"Ma no, non è un problema di parametri o di squilibrio, solo di spazio nei bauli. Comunque, le ripeto, il suo volo non è molto pieno quindi non c'è problema."

"Ah, allora se è così non fa niente. Arrivederci e grazie." E voltandosi non si accorse di aver suscitato l'ilarità dei presenti.

Erano le cinque e quarantanove. Il tempo di due telefonate e una sigaretta.

"Oi, Giovanni, sono all'aeroporto. Sì, lo so che è presto ma Salvatore doveva andare dai carabinieri a denunciare uno quindi mi ha accompagnato prima. Il dermatologo che ti ha detto? Ma dai! Meno male! Che scherzi? Meglio sì! Dai ti faccio uno squillo quando atterro, solito posto. Sì, anch'io. Ciao, ciao, ciao bello, dai attacca... ciao." Poi,

"Oh, Lù, disturbo? L'ho trovato il cd eh! E' bellissimo, avevi ragione; L'ho preso da Rock 86. Ma God Spell l'hai sentita? Mi ci farei la suoneria con quell'assolo! Salvatore m'ha comprato il computer nuovo, lo sai? Ce l'ho dentro la borsa, non sai quanto pesa, è entrato a malapena, e intorno poi ci ho messo tutti i vestiti invernali che sono venuto a riprendermi. Dici che me la fanno passare la borsa? Oh, è caduta la linea. Vabbè tanto quello che gli dovevo dire gliel'ho detto."

L'Etna non si vedeva per niente. Non che Caloggero avesse in mente il vulcano in quel momento, ma tante volte avesse provato a guardarlo non avrebbe comunque visto nulla. L'unico fumo visibile era quello della sua ultima sigaretta.



Inutile descrivere l'ingresso nella zona degli imbarchi, andò talmente liscio che Caloggero quasi si dimenticò di avere una borsa enorme e una busta piena come un uovo. Tanto per la cronaca, il rilevatore di oggetti metallici neanche fiatò al suo passaggio.

"Ah, sediamoci dai" sospirò sedendosi su una sedia vicino all'uscita quindici "ora sono proprio dell'umore giusto per iniziare il libro." Era un romanzo di Trollope. Caloggero aveva iniziato a leggere Trollope dopo aver letto un articolo su una femminista di sessantasette anni che aveva scritto un libro in cui parlava dei vari rapporti avuti con uomini conosciuti tramite fermoposta; alla fine dei suoi annunci c'era sempre scritto: "Se vuoi fare colpo, con me funziona Trollope." Con Caloggero pure aveva funzionato. Se vedete la signora fatemi il favore di dirglielo, magari qualcuno di voi l'ha conosciuta in un modo o nell'altro.

All'improvviso i due giovani manager di prima sbucarono da qualche parte e si sedettero alla sua sinistra. Uno rosso, in beige e con la pelle del viso eburnea; l'altro in grigio, butterato e senza capelli. Riconoscibili com'erano, quello in grigio girava con dei mocassini splendidi. "Sarebbero stati meglio addosso a me" pensò il signorino Romeo distraendosi sul capitolo d'apertura. Erano di quelli che si potevano appallottolare per quanto erano morbidi, e che poi, alla faccia della resistenza, sarebbero tornati come prima se non meglio. "E comunque mai li avrei messi per partire, al massimo per casa" disse richiudendo il libro. Anthony Trollope, puoi perdonarla?

Il rosso era vestito meno bene, ma appariva decisamente più attraente. Certo, la voce... ma col tempo uno si abitua a tutto. Dipende da quanto pesa il resto, pensò Caloggero.

"Secondo me accettano" disse sicuro uno dei due.

"Ma sì, lo penso anch'io, conviene più a loro che a noi."

"Ora si tratta di mettersi d'accordo per le quote, ma il raggio è limitato, quindi più di tanto..."

Eh sì, il raggio era proprio limitato. Tanto che a un tratto:



– Siamo spiacenti di informare che il volo 626 è stato soppresso per motivi tecnici. Si invitano pertanto i signori passeggeri in partenza col suddetto volo a recarsi al banco 23 –

Tranquilli, non era mica quello di Caloggero. Coi voli di linea certe cose non succedono. Chi spende poco spende due volte. Ancora credete che le stagioni siano quattro?

"Col tuo permesso..." e il rosso tirò fuori un libro dalla ventiquattrore. Era un frequent flyer, e aveva capito che l'imbarco non sarebbe stato più alle sette. Il suo compagno si alzò e andò a prendere qualcosa al distributore automatico, poi mandò un sms. Caloggero non poteva sapere a chi, né che c'era scritto "Mi sa che tardo. Non mi aspettare per cena. G."

Ridendo e scherzando, si fa per dire, si era quasi all'ora dell'imbarco. Caloggero ripose il libro nella busta e piano piano si alzò per recarsi verso l'uscita. Nel brevissimo tragitto non poté fare a meno di osservare quei poveri senza volo accasciati sul pavimento. "Poverini, non li invidio proprio" era proprio il caso di dire. All'uscita trovò una coppia lui-lei che l'aveva preceduto in largo anticipo e pensò questi stanno messi peggio di me.

"Anche lei stava nel volo ----?" gli chiese lei dopo qualche istante.

"No, io volo sempre con questa compagnia. Dei voli a basso costo non mi fido." Che intendeva dire con quel "anche lei"?

"E ha ragione, guardi. Noi siamo qui dalle due e mezza, ci hanno soppresso il volo e ora ci hanno messi su questo."

"In che senso?" chiese Calogero che aveva già capito tutto.

"Hanno smembrato i passeggeri del nostro volo e li hanno messi tutti su questo perché era mezzo vuoto."

"O mezzo pieno, dipende da come uno vede le cose..." Ma fu una battuta infelice. Caloggero si voltò e capì che tutte quelle decine di persone che attendevano lì dietro sarebbero stati i suoi nuovi compagni di viaggio. Tutti i suoi sforzi precedenti erano stati un inutile salto nel vuoto.



Ormai le sette erano passate da un bel pezzo. Quando i passeggeri amalgamati e stanchi cominciarono a spazientirsi, ecco finalmente arrivare due assistenti. Una dei due portava con sé quel 'coso in cui c'entra a malapena il beauty.'

"Cos'ha? Si sente poco bene?" chiese l'uomo della folla a Caloggero.

La ragazza col coso in mano prese il microfono per fare l'annuncio:

– Informiamo i signori passeggeri in partenza col volo 626 che stiamo iniziando l'imbarco. Sono pregati di presentare un documento d'identità oltre alla carta d'imbarco –

Sembrava finito, ma la ragazza riprese dopo qualche istante:

– I signori passeggeri sono inoltre pregati di assicurarsi che i propri bagagli a mano rientrino nei parametri previsti. A tal fine sono pregati di inserire il proprio bagaglio a mano nell'apposito 'rilevatore di eccedenza' –

Caloggero avrebbe giurato che la tipa gli avesse fatto l'occhietto mentre lo diceva, ma chi scrive non può garantire che ciò si sia successo per davvero.

La coppia davanti a lui aveva due trolley, uno a testa. Lei provò in tutti i modi a farlo entrare, ma niente. Ci si sedette pure sopra, ma fu inutile. "Signora, mi dispiace, ma questi li dobbiamo imbarcare." Caloggero li guardò bene, quei trolley. Erano la metà della sua borsa. Senza contare la busta.

"Non è possibile!" tuonò quella suscitando clamore. "Io vi denuncio a tutti. E' da mezzogiorno che sono qui, non ce la faccio più."

"Signora, la prego di collaborare. Siamo spiacenti ma ci sono troppi passeggeri per poter imbarcare tutti i bagagli a mano. Non entreranno mai. E comunque le stiamo chiedendo solo di imbarcarli, non di privarsene."

"Ma ci sono cose che si rompono, lo vuole capire?"

"Prenda gli oggetti più delicati e li porti con sé a bordo. Ma il trolley ce lo deve lasciare."

"Ma sono tutti oggetti delicati, non capisce?. Faccio prima a darle il trolley vuoto e a tenermi tre buste di plastica con la roba dentro." Calogero non sapeva se ridere o se piangere. Quella signora sprezzante del pericolo stava lavorando anche per lui. E' bene che sia chiaro questo.

"Signora, no. La prego di non insistere. Sta ritardando l'imbarco degli altri passeggeri." Vennero quasi alle mani, ma alla fine la coppia lui-lei fu privata temporaneamente dei propri effetti personali e invitata a salire sulla navetta.



Il passeggero successivo fa un passo avanti dichiarando una busta di plastica con una scatola di dolci dentro, un libro e un lettore mp3.

"Dice che c'entra?" Chiede divertito.

"Buon volo signor Romeo. Partissero tutti leggeri come lei, il nostro lavoro sarebbe una passeggiata." risponde. E Sorride, pure.

"Dovere, signorina. Una buona serata." Fine.



Libero dai pensieri gravi che l'avevano infestato tutto il dì, Calogero procedette gentile verso la navetta dove trovò tanti sedili vuoti che l'aspettavano. Aveva solo l'imbarazzo della scelta. "Quasi quasi resto in piedi" disse tra sé e sé, ma alla fine fu il quasi quasi a prevalere. Sedendosi non potè fare a meno di sentire le lamentele della povera coppia orfana di bagaglio.

"Non è possibile. Questo non è rispetto. Appena arriviamo la prima cosa che faccio è andare a denunciarli." Il marito annuì, e guardando verso Calogero gli chiese: "Anche a lei hanno fatto imbarcare la borsa?"

"Sì"

"Eh, ci credo, grande com'era... ma tanto, che possiamo fare? Con quelli come noi fanno sempre come gli pare. Siamo solo dei numeri per loro."

Invece di rispondergli Calogero prese a guardare gli altri passeggeri che stavano salendo sulla vettura. Parevano tutti così leggeri con quelle buste. Solo con lo stretto necessario in quell'affollatissima terra di nessuno.

Quando la navetta partì Calogero si alzò per sbrigarsi a correre verso 'i meglio posti' e arrivato dentro si sedette in fondo al posto suo. Ci sono persone che, per qualche strana ragione, fanno sempre di tutto per sedersi davanti, altre invece, più pragmatiche, preferiscono stare vicino al bagno. Calogero sorrise a tutti gli assistenti di volo, tranne ad uno con cui aveva trescato tre anni prima e che non mi ricordo più perché aveva smesso di salutare.



Sedutosi mandò un messaggio a Giovanni per avvisarlo che stava iniziando la partenza (Ci vediamo verso le 8:45. Non vedo l'ora...) e mettendosi il telefonino in tasca vide che vicino a lui si stava sedendo una ragazza bella grassa con un libro dal titolo: Lo Yoga per Tutti. Per tutti, sì, ma non per molto.

Dopo un po' arrivarono pure i due giovani rampolli del capitalismo italiano che piegarono la giacca e si gettarono sul sedile. Uno dei due tradì uno sbuffo. Che palle i tempi morti, eh?

Subito dopo una vecchia suora spaesata chiese scusa più volte prima di prendere posto accanto alla vicina di Calogero, e sedendosi sorrise a entrambi. Calogero rispose educatamente, la tipa manco la vide; la signora della coppia di prima si mise a litigare con la vicina "perché il poggia gomito è mio, lei ha quell'altro", e piano piano tutti si accomodarono. Non c'era rimasto neanche un sedile vuoto. Una degli assistenti di volo sorrise soddisfatta perché i passeggeri contati erano esattamente quelli che dovevano essere e intraprese il tragitto verso la testa dell'aeromobile chiudendo un baule qua e uno là. "Duecentoottanta" sentì dire una signora seduta davanti, e presto un passaparola involontario raggiunse le orecchie di Calogero che esclamò: "Che cosa? Duecentoottanta? Ma è impossibile!" Calogero alzò la testa e vide che non c'era rimasto neanche un sedile vuoto. "Scusi!" gridò alzandosi. "Ma è vero che siamo duecentoottanta?" "Sì." rispose lo steward che non doveva salutare porgendogli le salviettine umidificate. "Ma non saremo un po' troppi?" chiese imbarazzato. "Se vuole scendere può usare la porta anteriore, purtroppo quella dietro è chiusa" e passò oltre sfoggiando un culo piatto e un sorriso di circostanza.

Calogero si sedette mortificato e cercò solidarietà dalla tipa vicino a lui che però sembrava già sulla via del nulla. C'è da dire che, a differenza sua, questa qui sì che sapeva come concentrarsi nella lettura, ma per qualche strana ragione Calogero non la invidiava minimamente. La suora, poverina, era ancora lì che cercava di mettersi la cintura; alla fine ci riuscì, e alzando la testa sorrise di nuovo a entrambi, stavolta senza bisogno di scuse. Calogero, ricambiando di nuovo il saluto, prese la scatola dei dolci e porgendogliela le chiese: "Ne vuole uno?" "Grazie, che gentile."

"Frocio di merda" pensò la cicciona nel bel mezzo.



– Signore e signori, desideriamo richiamare la vostra attenzione sulle misure di sicurezza... –

"Puah! Misure di sicurezza. Con un aereo così pieno farebbero prima a farci fare il segno della croce. Oh, pardon, sorella." La sorella annuì, e avvicinando il capo al nostro eroe, gli chiese: "Vedo che è un po' preoccupato. Cosa c'è che la turba?" La ragazza nel bel mezzo alzò la testa, chiuse gli occhi e sbuffò. "Vede sorella," rispose Calogero allungando il collo "io non sono preoccupato per me. Anche se dovessimo fare un incidente – e Dio non voglia, lei m'insegna – io non avrei nulla da rimproverarmi. Ho lasciato tutto il superfluo a terra, incustodito sì, ma con un biglietto con su scritto: Non è un pacco bomba. È solo una borsa troppo piena per un viaggio così affollato. Abbiatene cura. Ci sono dei vestiti belli e costosi. Un computer nuovo, una bottiglia di Biondi Santi dell'83 e tante altre cazzate. Divertitevi."

La ragazza guardò Calogero, poi si voltò verso la suora incredula e infine si alzò gridando: "Signorina!"

"Sì?" Arrivò la hostess perplessa. "Desidero cambiare posto. Ah, quest' 'uomo' ha qualcosa da dirle." E si alzò senza aggiungere altro. Aveva detto uomo esattamente nel modo che immaginate.

"Mi dica pure, signore. E' successo qualcosa?"

Calogero guardò il volto mite e impassibile della suora e capì che sarebbe stato meglio rivelare tutto. "Sì, ecco, volevo dirle che sono responsabile di una grave imprudenza." L'assistente inarcò le sopracciglia aspettando il resto.

"Avevo paura che non mi facessero imbarcare la borsa perchè era troppo piena, allora ho preso solo le cose veramente importanti e l'ho lasciata lì."

"Lì dove?"

"Nel bagno dell'aeroporto."

"Ma che dice? Sta parlando sul serio o cosa?"

"Lo so che è difficile credermi, ma se chiama qualcuno le diranno sicuramente di aver trovato una borsa con dentro determinate cose." L'assistente corse verso la cabina del pilota senza dire altro e tornò dopo qualche istante lunghissimo.

"Mi dicono che hanno trovato una borsa vuota nel bagno con un biglietto."

"Ah, non hanno perso tempo!" esclamò la suora ridendo.

"Lo sa che ciò che ha fatto potrebbe costarle una denuncia?"

"Pure? Ah ah! cornuto e mazziato!" Sorella, il linguaggio!

"Senta, facciamo che l'affare muore qui. Siamo già in ritardo e non è il caso di perdere altro tempo. Ma le assicuro che una cosa del genere io non l'ho mai sentita."

Calogero guardò la suora. "Non l'ho fatto apposta, mi creda. Mi crede?"

"Ci credo che non l'ha fatto apposta. Chi mai farebbe una cosa del genere apposta?"

A questo punto Calogero perse la simpatia che aveva dimostrato fino a quel momento per la suora e aprendo il libro le disse: "Mi scusi." Voltandosi verso il finestrino si accorse solo in quel momento che, con tutto quel daffare, si era perso il decollo!



– Il comandante informa i signori passeggeri che abbiamo raggiunto l'altezza di crociera e che è dunque possibile slacciare le cinture di sicurezza –

Calogero prese a sfogliare le pagine per dare l'idea che stesse leggendo, ma neanche stavolta riuscì a concentrarsi perché bastò un attimo per rendersi conto che gli altri passeggeri avevano ormai scoperto il suo segreto. Saputo che a bordo c'era uno che aveva lasciato la borsa a terra (chissà perché poi?), iniziò un viavai di gente che prese ad alzarsi con la scusa di andare al bagno e l'intenzione di guardarlo in faccia. Tra i primi ad arrivare vi fu la sposa di cui sopra, che gridò "Alfio, non sai chi è!", mentre uno dei due manager, a cui di alzarsi non andava proprio, si voltò a malapena e dopo averlo inquadrato si sfilò i mocassini con un disprezzo di maniera.

Calogero era imbarazzatissimo. Era così difficile fare finta di niente e sopportare il carico di spontaneità di quegli sguardi rapaci, la cui voracità era tutt'uno con l'assenza di diritti che esigevano dalla loro preda.

Senza leggere una sola riga del romanzo che aveva in mano, Calogero continuò a sfogliare e a sfogliare, facendo del suo meglio per far finta di niente, ma stava diventando rosso, e quanto si vedeva! Quando passarono due bambini che si fermarono a bocca aperta vicino alla sua fila, Calogero alzò gli occhi e i due scapparono ridendo. Sentì la madre che prima li rimproverò e poi chiese loro: "Che faccia ha?"

La squadra di calcio! Immaginate una mandria di venti e più maschi in una situazione come quella, che cosa pensate sarebbe potuto succedere? Calogero si sentì arrivare in testa una delle salviettine ormai deumidificate e unte dallo schifo di qualcuno. Con gesto rapido e improvviso, quasi come se se l'aspettasse, tirò via la salvietta nell'istante in cui gli arrivò addosso, e così fece con i bicchieri e i salatini e tutto il resto. Calogero sarebbe stato un ottimo portiere se gliene fosse fregato qualcosa di diventarlo, ma il problema ora era un altro: come fare per eliminarli tutti?



– Attenzione: i signori passeggeri sono invitati a ritornare ai propri posti –

"Perché?" chiese la moglie di Alfio. "Che è successo?"

"Niente signora, ma c'è troppo disordine, e questo non possiamo permetterlo."

"Ci potevate pensare prima di cancellare il mio volo. Io ho pagato e faccio come mi pare." Oh!

In quel momento l'aereo attraversò un leggero vuoto d'aria e qualcuno lanciò un grido.

"Ah! Ma allora lo vedi che sta succedendo qualcosa? Alfio!"

"Mettiti la cintura e non rompere i coglioni." Cielo, suo marito!

– Il comandante chiede ai signori passeggeri di rimanere seduti con le cinture di sicurezza allacciate –

"Ragazzi, per favore, state seduti ed evitate di muovermi troppo." Disse l'hostess ai calciatori, e per tutta risposta qualcuno le diede una pacca sul culo. "Chi è stato? Voglio sapere chi è stato o vi faccio trovare i carabinieri ad aspettarvi quando atterriamo." Appena lo disse l'aereo perse di nuovo l'equilibrio, e stavolta anche i frequent flyer si guardarono perplessi.

"Figa, che succede?"

"Figa, è una perturbazione." E il butterato si rimise i mocassini.

"Non è nulla" pensò la Buddista de'noantri. "Nulla. Non c'è nulla." E invece aprì gli occhi e si trovò davanti una mascherina per l'ossigeno.

"Che ci devo fare con questa?" chiese la moglie.

"Impiccatici." Rispose il marito.

"Alfio, ma cosa stai dicendo? Ti rendi conto che potremmo morire da un momento all'altro?"

"Stai zitta. Zitta!"

– Il comandante informa i signori passeggeri che stiamo attraversando una perturbazione. I signori passeggeri sono invitati a rimanere seduti con le cinture allacciate e gli schienali dei sedili alzati. In caso di necessità i signori passeggeri sono invitati a indossare la mascherina e respirare come stanno mostrando loro gli assistenti di volo –

"Tutto bene?" chiese timidamente la suora a Calogero. "Signore? Tutto bene? Signore!" Il signore non rispondeva e se ne stava immobile con gli occhi chiusi e la faccia rossa. Guardandolo meglio la suora che, vabbè, ci vedeva pure male, notò che aveva le cuffie alle orecchie e allora urlò:

"Cosa fa con quelle cose lì? Non sa che è vietato?" Ma quando lo toccò Calogero la respinse con uno spasmo.

"Signore!" Tuonò la suora. "Lei deve assumersi le sue responsabilità! Apra gli occhi! Guardi che cosa sta succedendo!"

"No, no, lasciami. Lasciami" la scansò Calogero. "Devono morire tutti, lasciami in pace, tutti!"

"Ma che dice?! Pensi piuttosto a perdonare tutti, e perdoni anche sé!"

"No!"

"Questa è la più grande occasione della sua vita per dimostrare che lei ha carattere, avanti!"

"È proprio se lascio tutto così che dimostro che ho un carattere!"

"Faccia come le dico: sia uomo!"

"NO! Che devo fare?"

"Lo deve sapere lei! Coraggio, coraggio!"

"Digli a quello che se mi dà i mocassini lo perdono"

"Chi? Ma roba da pazzi! No, no, ancora!"

"Dì ai calciatori che se vivono poi mi devono scopare in gruppo nello spogliatoio dopo una vittoria!"

"Non ci penso proprio! Per chi mi hai preso?"

"Se non muoio smetto di fumare!"

"Figlio mio, sono ben altri i tuoi vizi!" continuò a deriderlo l'allegra vecchina, e proprio mentre stavano per schiantarsi a terra il comandante riuscì a evitare il peggio grazie a un'abile manovra professionale. L'aereo riprese quota e piano piano, con un po'di pazienza certo, mica così, gli assistenti di volo riportarono la calma tra i passeggeri. Scampato il pericolo, la suora pensò che sotto sotto ci fosse lo zampino del buon dio e si voltò verso il suo vicino cercando conferma, ma Calo(g)gero aveva ancora la testa fra la nuvole, ed è lì che lo lasciamo. Gli altri personaggi non lo so che fine hanno fatto, anche se mi piacerebbe sapere come si comporterà Alfio una volta sceso dall'aereo. A proposito, signori passeggeri, nel darvi il benvenuto sulla terraferma il comandante vi ringrazia per aver scelto la sua compagnia e si augura di ritrovarvi a bordo quanto prima. La temperatura a terra cambia spesso, la gente molto meno, e poi quella cosa delle cinture da tenere allacciate fino a quando non lo dico io. Sui telefonini ci rinuncio, quelli lo so che non li avete mai spenti.





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