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Il Paradiso degli Orchi
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RACCONTI

Phil Potter

The family of the lawyer

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Sono un avvocato: un uomo che ama il suo mestiere. Qui a Clearwater mi conoscono tutti. Come maschio pluridivorziato appaio ancora atletico, appena appesantito dall'età adulta, malinconico, ma abbastanza felice. Sono riuscito a metter su una famiglia piuttosto numerosa: due ex mogli e cinque figli di cui quattro femmine già adolescenti di primo letto e un maschio con l'altra donna.

Il paesaggio risulta colmo d'affetto; devo ammettere che amo cucinare in maniera deliziosa per loro, benché siano individui che manifestano selvatichezza, quasi privi di riguardo. Vengono a trovarmi su appuntamento e non proprio di sovente, ma di tanto in tanto quando più gli aggrada. Sono persone che vivono nella brama di ottenere: anelano ad avere vizi e a consumare in fretta ogni ben di dio; chiedono comprensione.

Com'è ovvio, gliene do in quanto toccano in me le corde della compassione. Infatti, si fa leva sulla mia natura benevola e socratica, pertanto consento ad essi di far la parte degli insolenti. Riconoscendo la debolezza tendenzialmente insita nei loro caratteri, assisto alla confusione che generano per un nonnulla. La ragione per cui riesco ad evitare conflitti e diatribe consiste nell'essere ricco. La civiltà è tutta un'altra dimensione! Misconoscono l'educazione e adottano sistemi per sottrarsi al dialogo, all'approccio morbido con me. Cerco dunque, di accontentare prole e orchesse con i soldi per gli acquisti di marca, le frequenti vacanze, i soggiorni di relax presso le spa e per i mutamenti periodici a cui con nevrosi più o meno diagnosticate, grandi e piccoli sembrano soggetti, sottoposti come sono alle regole e ai disagi di quest'epoca travolgente, disumanizzante, più che dinamica oserei dire: automatica. La sociologia non è una materia di studio che amo e per i miei parenti così bestialmente speciali, ci vorrebbe un corso a parte e tomi alti così per decifrarli.

All'agiatezza si conforma chiunque; i più leziosi e capricciosi a fronte di uno scompenso che si dissolve per magia, col favore di un incantesimo economico delle finanze da disporre, si addolciscono: dismettono l'isteria, l'ira inconsulta e persino quell'indifferenza pseudo glaciale del miserabile quando non si sente gratificato dal potente. Il postulante visceralmente convinto di valere, si dichiara pronto alla divina chiamata del destino che gli regali, solo perchè poggia il culo in terra, una fortuna da sperperare. Eccoli dunque al mio cospetto mentre assumono l'aria sdolcinata e tonta dei questuanti. Negazionisti nati per ogni trattativa, stimolano nel pozzo della mia pazienza altre virtù. Dio solo sa quanto sia umorale un paio di matrone con discendenti al seguito! Cionondimeno rispondo allegramente e mi faccio dissanguare. Malgrado il disturbo devo amare il prossimo e allora, sono già all'opera! Le due donne non hanno avuto il tempo di frignare che già le avevo sistemate. E' naturale: per me nutrivano un sentimento che si chiama fastidio e dopo essersi a lungo soffermate sul concetto di convenienza, non è stato difficile il passo successivo, quello cioè di un rapido calcolo per poter provvedere a sè e ai ragazzi senza andare a cercarsi un lavoro adeguato ai loro diplomini inutilizzati. La valutazione precisa come una freccia avvelenata, segnalava per il futuro e con accortezza di madri, una condizione vantaggiosa di borghesi nullafacenti e assetate di svaghi. Alle esigenze dei più giovani doveva rispondere con un sissignore, il babbo, quell'uomo fortunato, come asserivano quando erano in vena di scambi cortesi un attimo prima di accapigliarsi per una sciocchezza. Offrii il mio petto e le arciere mirarono, puntarono, colpirono con inesorabile precisione, il cuore del cuore. Loro pensarono solo al portafoglio. Io ad ogni modo, sapevo di essere il consapevole bersaglio della loro esistenza defatigante. Erano alla perenne ricerca dell'evasione e strillavano perchè tutto fosse sistemato e impeccabile e pur di non spezzarsi un'unghia, comandavano, ordinavano, piegavano in apparenza alla loro volontà. Ad onor del vero, esercito una forte volontà sulla realtà delle cose e state tranquilli, non cadrò in contraddizione con le circostanze sinora spiegate. Intanto, ho imposto che le cose non prendessero quella curva brutale delle infinite recriminazioni, poi, anzichè diminuire e separare, ho pensato di unire, di formare un nucleo utile alle mie distrazioni hobbistiche, necessarie alla socialità e all'utilizzo di una buona porzione di tempo libero in cui coltivare la tenerezza. A volte mi chiedo se non stia recitando per non soccombere alle pressanti richieste delle arpie, ma tant'è... Credo a ragion veduta, di essere l'unico vincitore. Faccio finta di essere attaccato a questa gente che mi procura solo delle rogne? Esotericamente parlando simulare o far sul serio, si identificano. E sarebbe ora di meditare sulla questione. Frattanto, mettiamola così: sono schierato da sempre dalla parte degli accrescimenti e scusate il bisticcio di termini, ma per far crescere la mia famiglia, ho dovuto porre ognuno nello stato di ubbidienza che mi si deve, con gentilezza!

Osservate il quadretto: Morrina e Leyla, due ex bellezze, due ex studentesse abbastanza promettenti, sedute alla mia tavola intente a chiacchierare e a farsi servire nel baillame delle ragazzine che si contendono il fratellino, Ruben, un bambolotto di circa quattro anni capace di elaborare pensieri e discorsi. Fa quasi paura, il moccioso! Riguardiamo il frame delle dame e andiamo a ritroso negli anni; le vedete? Stanno protestando contro la guerra in Vietnam e urlano agghindate da autentiche hippies: what we are fightin' for? Sono immerse nella massa ululante, convinte fino alle lacrime. Già nel '73 però, dimentiche di quanto avveniva con le dittature militari in Sud America, avevano smesso i panni delle contestatrici e si azzuffavano per accaparrarsi un marito. Io ero in procinto di scegliere una professione e lo feci diligentemente e con criterio. La rossa Morrina, fu la prima a sposarmi e a tradirmi. Il suo fuoco la portò presto tra le braccia del figlio ventenne e squinternato dei nostri vicini che amò in segreto per ben otto anni. Fumavano marjuana, tanta da assatanare un plotone di marines al minuto. Alla fine della love story con lui, fui mollato mentre la fissavo e fissavo le nostre bambine, ben quattro, due bionde, due castane. Mi assomigliano tuttora nel fisico; sono stupende. Per il carattere si son forgiate nell'hierba mala e assumono aria da bolsette; troppo spesso, per i miei gusti. Il fumo ha saturato ogni sprazzo, o puro bisogno d'intelligenza. Hanno assorbito la mimica spiazzata di chi sarà spaesato a vita, ma il destino ha voluto che economicamente non avranno di che soffrire. Meno male! Mi gratifica il fatto che prendano buoni voti in lingua e sappiano danzare e dipingere, benchè ritenga che non siano adatte alla vita normale essendo il prodotto di una moltiplicazione tra fattori di imbecillità e crudeltà. Morrina ha sempre qualcosa da spiegare; non puoi fermarla perchè è logorroica, saputa, un torrente in piena a volte, priva di costrutto. Cionondimeno, dice, dice, pretende pareri ed opinioni e al momento opportuno ti volta le spalle repentinamente. Non ascolta. Non sa conversare. Gli argomenti che seleziona sono autoreferenziali e non capisce il sistema composito delle divergenze e delle convergenze dei discorsi. Infatti, lei dà torto a me e a tutti gli altri esseri umani in blocco. Sentenzia che nessuno la capisce pur non raccontando frottole o cose dell'altro mondo. Be', è proprio qui il punto, ma preferisco sorvolare sulla questione che si farebbe incresciosa e finanche dolorosa, irta di spine. Oggi, Morrina è una fanatica, una seguace del fitness più sfegatato e t'inonda di consigli e prescrizioni miracolose. Ha semplicemente smesso di fumare e di fottere. Ha l'aspetto di una porno diva, o di quelle donne da circo non più flessibili, grosse, che ostentano una bellezza sfiorita e truccata col labbro che pende in giù agli angoli della bocca, frutto di disincanto e dissapori continui con la specie umana. All'anima del salutismo! Morrina contrasta con i miei pranzi e le cenette armoniose e ben articolate all'insegna della tolleranza. Sa rendersi insopportabile e distribuisce ceffoni alle figlie come una qualsiasi vajassa del south Italy. Mente. So che di nascosto s'ingozza come un maiale di yogurt, gelati, schifezze dolci incelofanate. Sono bravo a intuire e a semplificare in quanto appartengo alla razza dei sornioni. Lascio fare! Parliamo di Leyla quando giunse a consolarmi e a chiedermi di Morrina. Ma no! Aveva atteso quindici anni dal college in poi per ripescarmi affievolito negli ardori. Non ebbi scampo. Mi stette attaccata alle natiche a tal punto da rendermi sadico e fu così che mi vendicai del genere femminile. La sposai. La tradii. Ancora non ci posso credere: Leyla comprendeva e perdonava! La cosa suonava falsa. Ne rimasi frastornato e ne uscii deluso. La donna non aveva nerbo; avrebbe dovuto sputarmi in faccia, sbattermi fuori di casa, picchiarmi e insultarmi, sbraitare, azzannarmi in nome del cucciolo e degli interessi e invece, nulla. Niente di niente. Non si adirò e non s'indignò. Mi prese per mano, ancora vedo i suoi occhi lampioni dolci e azzurri, sorrise. Dentro sentivo uno stato di folgore e di ribellione avanzare con l'intensità delle perturbazioni che arrivano con fiotti e cerchi che s'ingigantiscono e sempre nel più intimo, urlavo affinchè non mi sentisse, ma 'sta stronza è anche santa? Sterzai il mio corpo con una violenta virata, mi sganciai da quel forno di umanità francescana e con gesto brusco la respinsi, cercando di scappare. Lei mi inseguì e mi trattenne per un braccio. Gridai di dolore la parola pazza! Tu sei pazza! Dissi ripetutamente sentendomi penetrare dal disgusto per i suoi modi da padrona salvifica ed eccessiva. E qui si verificò il miracolo. Lei mi mollò pronunciando che non era il caso di incollerirsi. Sarebbe stata una perdita di tempo. Potevo restare, o andarmene a piacimento? Voleva semplicemente evitare una scenata davanti a mio figlio? Mi vergognai e prima di uscire a prendere una boccata d'aria, chiesi mille volte scusa per avermi dimostrato che la saggezza è una perla che non si può donare a tutti. Ero un porco fuori di me. Tutto qui. Il lato più segreto era venuto alla luce dinanzi alla persona più adorabile del mondo. Anche lei però, mi aspettò al varco e messo a letto il pargolo, quando rientrai senza sbattere la porta come m'ero abituato a fare, la trovai splendida, seduta con calma a sorseggiare un tè limpido e chiaro come la sua pelle sempre pulita. Stavolta toccava a me comprendere e senza indugiare, sganciai la cifra da versare mensilmente. Lei annuì. Semplicemente. Un desiderio bruciante di abbracciarla e aiutarla ad andarsene con un buon ricordo, abortì di fronte alla sua candida risolutezza di persona che aveva raggiunto lo scopo in maniera brillante e pacata: sostentarsi, a volte è solo una questione di stile e lei ne aveva da vendere! L'avevo scambiata per la solita fregnona e lei non profferì verbo sulla faccenda. Non si difese. Non attaccò. Il verme ero io e lo stavo dimostrando umiliandomi. Morale: non mi sentivo più libero di spazzolare i letti delle puttanazze che ormai incontravo quotidianamente. Quando c'era lei era divertente e ora non avrebbe avuto senso continuare una pratica erotica che dipendeva direttamente dall'unione con Leyla, un vero demonio, intelligenza allo stato puro. E' ancora bella e si gode la rendita col figlio e con uno stuolo di amanti sceltissimi, ma non è furba. E' in gamba, davvero, e io l'ammiro! L'ammiro per avermelo messo in quel posto. Non voleva tenermi arpionato a tutti i costi e non poteva rischiare la dote con gesti marrani. Pagai e lei si trasferì con Ruben, nostro figlio, in una villetta dove dà un tot di feste alle quali puntualmente mi invita e in cui mi sbronzo, non mi annoio e capita persino, che resti a dormire da lei, ma di fare all'amore non si è più parlato. Che sia da me, o in qualsiasi altro luogo, sono l'unico a saper preparare colazioni regali, pranzi che fanno cinguettare di sazietà e gusto anche i palati più difficili, dolci da olimpiadi della pasticceria, verdure all'aneto, petticini allo spumante di Bra e ora sono qui, desideroso di ammansire le bestiole con le cotolette e la spuma di melone. Le donne chiacchierano. Lancio un'occhiata dalla finestra. Sono due mesi che non scopo e non vedo figa. Detesto l'ordine degli avvocati, i miei colleghi e le femminucce che vogliono presentarmi. Il mio sguardo va oltre e la meditazione perde l'oggetto della riflessione. Sto caramellando lo zucchero di canna, potrebbe andare a fuoco tutto. La finestra dà su un ampio giardino con molte aiuole fiorite. In strada non passa più Seith Flowerpoint, più vecchia di me, beatnik, stupenda e dritta. Mi salutava con la mano e come da un flauto le uscivano di bocca le note di un ciao sincero, autentico, cantato da una poetessa che comunicava con chiunque e portava a spasso un bassotto, che scioglieva e si metteva a giocare coi bambini di un quartiere morto che si svegliava al suono delle collane di conchiglie e di una cavigliera carillon. Di Betty Page si favoleggia che si sia dileguata a bordo di un motoscafo per raggiungere la Polinesia, stufa di una vitaccia da playmate, pin-up attaccata alle pareti, nelle celle dei carcerati e nelle cabine dei camion. Di Seith invece, non ho saputo più. Sparita nel nulla. Mi manca. Se fossi un pittore, parlerei di lei con una tavolozza di colori come radiazioni luminose e particolari e piccolezze originali e trovate birichine. La mia mente soffre. Nessun chiarore all'orizzonte. Qualcuno chiama il mio nome. In sette aspettano il dessert e non si preoccupano del mio quadro intitolato L'assenza. Una marina, una landa, un'amica che voglio pensare in movimento, viva di un rumore che ride. L'avvocato fa il poeta e si ricorda di lei che apprezzava la ciambella marrone; sa di caffeina, diceva, cioè ha il mordente alla caffeina! Fumava, ma non come un'assatanata tabagista. Due, tre boccate e mi passava il testimone mentre scambiavamo cose, tutte ottime. Una volta, solo allora, mi parlò di lui. Un fantasma ormai, che s'aggirava nel soggiorno e le ricordava di correggere l'ortografia e la punteggiatura. Lei però, per giustificare le sue carenze sosteneva di avvalersi di milioni di licenze poetiche e nei suoi versi tanto essenziali, non c'era spazio per le virgole. Il suo posto resterà vuoto per sempre? La vedo. Canticchia. M'infonde il coraggio di descrivere e di non soffermarmi sui cavilli. L'ispirazione è immagine, è concretezza. Mi dava lezioni di vita naturalmente e spontaneamente, non di scrittura. A lei interessava il viaggio: la scrittura era un mezzo e del resto tra i più dispendiosi, dal punto di vista energetico e meno veloce di quanto si possa supporre tra i profani. Non ho mai fatto sesso con Seith. Le dissi che la rispettavo troppo e lei rise. Che sciocchezza! Adesso me ne rendo conto. Anche lei non aveva intenzione di venire a letto con me, ma non si poneva il problema. Tutto qui! Gli uomini sono ottusi e io faccio parte della schiera dei più coglioni, di quelli che hanno imparato a friggere due uova e si passano una mano sull'uccello, mentre due donne sbafano e stridono come gabbiani. Non vivo in un mondo di carezze. C'è la cucina, il lavoro, la finestra col suo miraggio di una grande amica, una signora di media complessione, abbastanza magra su tacchi altissimi – che sarebbero la piattezza e le mezze misure? -, naso lungo e sottile, denti cavallini, che consola col suo saluto rivolto al giorno e dedicato a me: Ciao avvocato! Come va il tuo bollito? Ne darai un pezzo al prossimo bandito? Chi ti difenderà dalla cucina e quale sarà il nuovo rifugio? Se non hai un ruolo, non cercarlo tra le pentole... Ora capisco. Mi sento giovane e alle valchirie sedute alla mia mensa voglio servire il meglio. Basterà un bacio d'addio e per i miei figli, oggi nella condizione di utenti del babbo, ci penserà la vita, altrimenti faranno ricorso alla Legge e chi s'è visto, s'è visto! Sono alla fine, solo Phil Potter con l'hobby della culinaria e del travestitismo.









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