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CINEMA E MUSICA

Adriano Angelini

Un Robert Smith de-luxe (da anni in assenza di cose nuove e degne), ripropone il suo gioiello di famiglia: Disintegration.

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Che Disintegration sia uno degli album più belli della storia della musica credo sia cosa ormai acclarata. Non esistono Pink Floyd senza The dark side of the moon (per alcuni The wall), non esistono Beatles senza Yellow Submarine, non esistono Cure senza Disintegration, appunto. A vent'anni (ventuno per la verità) dalla sua prima uscita, viene riproposta questa de-luxe version, un cofanetto con tre CD, uno dei quali composto di B side e remix dei pezzi principali. Pezzi che, a riascoltarli uno a uno, fanno venire i brividi. Non lo so, ma reimmergersi di nuovo dentro Fascination street con quell'attacco incredibile di basso e chitarra, quel ritmo sempre più incalzante e la voce di Robert che entra dolce e allo stesso tempo spietata, bè, viene da pensare che oggi non ci sia davvero nulla (a parte i Radiohead forse) di così dirompente. Prendete The same deep water as you, una delle ballate depressive più struggenti del gruppo, dove Robert, in linea con il suo genio che fu, già parlava d'acqua e magie e amore con l'intensità di un guru new age. Poi prendete Plainsong, quelle tastiere synth così allungate monocordi ossessive fino allo stremo. Fino allo stremo ho ascoltato quest'album e i Cure (tutti) e poi per una decina d'anni ho dovuto abbandonare per non andare in overdose e avere il rigetto tipico del drogato. Riprenderli oggi, ricelebrarli con questo assoluto pezzo di storia della musica rock contemporanea è qualcosa che dà la giusta misura del loro valore e, aggiungo, riconvince appieno. Nessuno come loro ha saputo far canticchiare un brano dark pure alla casalinga di Voghera, e Lullaby all'epoca era ovunque, in ogni radio, in ogni casa, in ogni locale.

Prendete Pictures of you, dopo di lei il diluvio. Britannici, europei, americani, ogni gruppetto o gruppone che sia deve a questo pezzo i quattro quarti da cui partire e a cui ispirarsi per comporre una qualche ballata d'amore ariosa e pop che ti entri nelle vene e scorra senza causare turbini emotivi. Prendete Lovesong, una canzonetta direbbe qualcuno; fatela voi una canzonetta così e magari fatela cantare a quel coglione di Pete Doherty o a qualche altro 'scapestrato' modaiolo del rock dei giorni nostri (per esempio senza i Cure gli Oasis oggi farebbero gli hooligans in curva). Prendete Prayers for rain e piangete, perché un pezzo così è capace di incanti, di suscitare nostalgie, di regalare attimi psichedelici senza farsi di niente. Poi prendete Disintegration e disintegratevi. Altro non si può fare se ci si lascia trasportare da questa messa pagana, da questa specie di trance in note che conduce dritti dritti alla possessione. Credo, a mio avviso, che questo sia uno dei due o tre brani più intensi e meglio riusciti della storia della musica rock di sempre. Una composizione che oscilla sempre fra lamento e furia, fra desolazione e fuga, in uno dei crescendo più allucinati e ipnotici che si possano ascoltare da un gruppo. Songs about happiness murmured in dreams when we both of us knew how the end always is (canzoni di felicità, mormorate in sogno, quando entrambi sapevamo che sapore ha la fine), canta Robert in coda a Disintegration. Anche noi sappiamo che sapore ha la fine della musica rock attuale, dentro quel frullatore di merda fritta che sono diventate le case discografiche. Ma la speranza è l'ultima a morire. Soprattutto quando si riascoltano album così. Quando sai che in giro c'è una cosa come Untitled, con quel dolce synth organetto iniziale, che sembra di stare su Pont-Neuf in Francia a chiedere felici e sereni un'elemosina che non verrà mai. Ma ci basta l'aria fresca, la sera che cala e Homesick che ci fa addormentare sotto le stelle. Grazie Robert, grazie Thompson, Gallup, Cooper, grazie d'esistere (e facciamo finta che gli ultimi album non esistano).



p.s. Nel cd dei B side e dei remix c'è la vecchia Fear of ghosts la cui bellezza è davvero spaventosa.





The Cure

Disintegration De-luxe edition

Universal music 2010



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