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Il Paradiso degli Orchi
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RECENSIONI

Silvia Pingitore

Via Ripetta 218

Giulio Perrone Editore, Pag.141 Euro 10,00
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Anni fa in una vecchia trasmissione televisiva, Renzo Arbore, per fare un complimento (e ci riuscì eccome) al mai troppo compianto Adriano De Zan disse, tenendo conto delle alte qualità professionali del commentatore sportivo, che se qualsiasi sconosciuto fosse salito in bicicletta sarebbe stato comunque riconosciuto dal giornalista espertissimo di ciclismo.

Beh niente male come riconoscimento. In Italia, ahimé o per fortuna... a seconda delle considerazioni, esistono esperti dei più disparati settori, non ultimo, quelli della "famigerata" letteratura giovanile. I dotti intenditori di materia così contesa, spesso coram populo, discettano di stili, frizzi e lazzi in età postrema (sic!) con l'intento di indicar sentieri a chi della materia è artefice e a chi ne legge.

Triade ormai riconosciuta a livello nazionale è quella composta da (in ordine puramente casuale): Filippo La Porta, Loredana Lipperini e Giovanni Pacchiano. Il primo e la seconda sono un po' come lo zenzero per alcuni, li si richiede dappertutto. L'ultimo, considerando che non sono l'esegeta del trio, lo leggo regolarmente sull'inserto domenicale de Il sole 24 ore.

Perché cito i tre? Perché del libro di cui vo parlando, potrebbero esercitare la loro influenza accademica e determinarne il successo o l'abiura (ricordo, in un'occasione mondana, la Lipperini e il La Porta convenire sullo squisito esordio di una giovine donzella, Pulsatilla, che se non l'avessi vista cocoire, un po' spaurita, nell'agone pubblico, e se in più mi avessero chiesto, all'oscuro di tutto, chi poteva essere l'autore del romanzo La Ballata delle prugne secche, avrei di sicuro fatto il nome di Ugo Fantozzi).

Forse la Pingitore si salva, o parte vantaggiata, dal momento che scrive sulle pagine culturali de Il Venerdi di Repubblica dove la Lipperini è ancor regina.

Voi vi chiederete: ma il Paradiso che interesse può avere per il trio? Nessuno, ma all'estensore delle presenti note, che sarei io me medesimo (alla Totò insomma) interessa di più far notare le dinamiche commerciali e di mercato, e non quelle puramente estetiche e stilistiche, che stanno alla base di certe scelte e soprattutto di certe stroncature e di certi (sospetti) entusiasmi.

La Pingitore, essendo ventiquattrenne, non cavilla sui massimi sistemi, giustamente, ma dà un frizzante contributo al tema dei ricordi scolastici (chi di noi non ha letto qualcosa a riguardo o ha avuto la tentazione di scriverne un resoconto?) con uno stile che, apparentemente chiotto, seppur vivace di situazioni, s'industria di metafore ed iperbole. Quest'ultime a volte esagerate, quasi fantozziane, per essere in tema col dettato precedente, in realtà figlie di un impianto che ingloba linguaggio mediologico "abusato"ed innati e personali spunti linguistici.

In questo sta la differenza di Via Ripetta 218 con altri esordi "giovanili" (tranne che per la Pulsatilla dove si sospetta l'operazione a tavolino): dove in quest'ultimi vi è una coazione a ripetere che alla fine mostra una realtà fotocopiata ad libitum, nella Pingitore la parziale somiglianza di temi e strutture rivela, nonostante tutto, una capacità espressiva diversa e a volte calzante.

Mi verrebbe da parafrasare un detto latino: non auro sed ferro recuperanda est Patria. (non con l'oro, ma col ferro si salva la Patria). Cioè non col falso luccichìo del palcoscenico della vita che si fa letteratura, ma con l'arma affilata della parola, quand'essa adeguata.



di Alfredo Ronci


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