INTERVISTE
Andrea Vitali

Noi Orchi siamo avvezzi a "sfrucugliare" nel passato degli intervistati. Che ci racconta del tempo prima del successo?
"Successo" è una voce verbale che appartiene al passato. E' accaduto. Per ciò non ne ho percezione, è cosa passata, non mi riguarda. Vorrei poter sempre guardare al futuro. Succederà quindi. Riguardo a quei tempi, il mio guardaroba è rimasto sempre uguale.
Scrivevo sul "Paradiso" a proposito di "Olive comprese": Vi è un negozio a Roma, che chi bazzica il centro e in particolar modo Campo de' fiori conoscerà, che ad entrarvi il cor non si spaura, anzi. Lo gestisce un siriano e vende manifattura di vetro: bicchieri, lampade, vasi, portavasi, tazze, tazzine, ninnoli e quant'altra meraviglia. Ma non è la mercanzia, per quanto colorata ad affascinare, ma proprio il luogo. Si accede direttamente in un ambiente di una ventina di metri quadri per nulla trendy, anzi, e se mi si concede il termine, vagamente neorealista. Poi un angusto corridoio porta ad una scaletta altrettanta angusta che scende fino ad un ristretto sotterraneo scrigno di meraviglie. Un bignamino delle mille e una notte, dove lo splendore dell'offerta non è per nulla viziata dagli scaffali, spesso polverosi e semplici cassette da frutta, che la contengono.
Vi si percepisce un senso quasi inalterato del tempo che scorre, e che appena un piano sopra, impazzisce e davvero spaura. Un senso di distacco che è dovuto anche alla presenza degli oggetti, a volte di semplicissima lavorazione, a volte vere esplosioni di colore.
Vi chiederete: perché tutto questo? Perché questa merceologica ricerca del tempo perduto? Perché leggendo l'ultimo romanzo di Andrea Vitali ho avvertito la stessa sensazione di distacco dal mondo ed una meravigliosa gioia a malapena soffocata.
Perdoni la lunga citazione. So che quello che le sto per dire è come chiedere al macellaio se ha un buon taglio di carne, ma può convenire col giudizio?
Ce l'ho un buon taglio di carne, cara signora, l'ho tenuto apposta per lei. Riguardo al giudizio non posso che convenirne. Ho praticato il distacco dal mondo per tanti di quegli anni che adesso me ne trovo pentito e pago dazio per quell'antico vezzo che sa, me ne rendo conto, di paura o spaura, codardia, superficialità, lasciar andare le cose come vanno per tener dietro solo alle storie da raccontare. Che mi ripagano, come dice lei, in successo e con un'altra parola in rima, fesso: non ti sei accorto che intanto il tempo è passato e niente aspetta nessuno?
Perché per le sue storie ha scelto come "palcoscenico" quasi sempre il ventennio fascista? Tra l'altro il "fascio" c'è (in "Olive comprese" pure la guerra di Spagna), ma sempre molto smorzato e lontano.
Banale espediente per allontanare le storie stesse e creare attorno a loro un maggior alone di romanzo. Non c'è nostalgia. La nostalgia si coniuga al presente.
Perché di "palcoscenico" si tratta no?
Sì, ma di provincia. Che scricchiola e sa di camerino chiuso da troppo tempo. Ha presente "La valigia dell'attore" di Francesco de Gregari?
Eppure coi suoi libri siamo dalle parti di "Pane amore e gelosia" e Pane amore e fantasia".
Sì, col bianco e nero.
Quando parlano di lei si ama citare, per affinità, Guareschi, Chiara, Guerra. Qualche critico "puzzolente" ci sgriderà, ma io scorgo in lei e nei suoi scritti anche qualche sentor di Gadda.
Lei si lasci sgridare e non ne tenga conto. Sentir di Gadda non fa mai male mentre puzzar di critico spesso sì.
Cosa risponde a quelli che potrebbero accusarla di "grossolanità" ? O non è forse vero che la provincia allora come ora questo offre?
Non sono grossolano, anzi, sono un uomo sensibile. Ho dolori nonostante gli anni e li patisco. La vita non mi ha ancora corazzato. Se l'accusa è rivolta alle parolacce, l'accetto: le uso spesso, mi piacciono, non le abbandonerò mai. Ma il sentimento è raffinato, posso giurarlo. Mi offro, quindi, come campione della provincia: questo propone, ora come allora.
Mi conceda una domanda cattiva: "Il segreto di Ofelia", il suo ultimo romanzo, non mi sembra riuscito come i precedenti. Che la formula cominci a mancar di fiato?
Mi conceda una annotazione cattiva: il segreto è di Ortelia e non di Ofelia. Se uno comincia a sbagliare dal titolo...
I suoi romanzi hanno uno stile ben preciso, ben lontano dalle turbolenze del futurismo,eppure lei ha dedicato un libro a Marinetti.
Un grande amore l'elettrico Filippo Tommaso. La scoperta che tutto poteva essere ribaltato, che non ci sono strade pre determinate, la gioventù della letteratura, la morte dei vecchi maestri... Quando si è giovani capire che oltre Pascoli e Carducci c'è stato dell'altro fa solo bene.
Il cinema ultimamente si è interessato a lei. Quale sono state le sue impressioni? Ha frequentato i teatri delle riprese?
Ma non io a lui. L'impressione è quella di un mondo che senza letteratura sarebbe di là da nascere. Circa la frequentazione, solo in funzione di medico: era inverno, il lavoro non è mancato.
"Successo" è una voce verbale che appartiene al passato. E' accaduto. Per ciò non ne ho percezione, è cosa passata, non mi riguarda. Vorrei poter sempre guardare al futuro. Succederà quindi. Riguardo a quei tempi, il mio guardaroba è rimasto sempre uguale.
Scrivevo sul "Paradiso" a proposito di "Olive comprese": Vi è un negozio a Roma, che chi bazzica il centro e in particolar modo Campo de' fiori conoscerà, che ad entrarvi il cor non si spaura, anzi. Lo gestisce un siriano e vende manifattura di vetro: bicchieri, lampade, vasi, portavasi, tazze, tazzine, ninnoli e quant'altra meraviglia. Ma non è la mercanzia, per quanto colorata ad affascinare, ma proprio il luogo. Si accede direttamente in un ambiente di una ventina di metri quadri per nulla trendy, anzi, e se mi si concede il termine, vagamente neorealista. Poi un angusto corridoio porta ad una scaletta altrettanta angusta che scende fino ad un ristretto sotterraneo scrigno di meraviglie. Un bignamino delle mille e una notte, dove lo splendore dell'offerta non è per nulla viziata dagli scaffali, spesso polverosi e semplici cassette da frutta, che la contengono.
Vi si percepisce un senso quasi inalterato del tempo che scorre, e che appena un piano sopra, impazzisce e davvero spaura. Un senso di distacco che è dovuto anche alla presenza degli oggetti, a volte di semplicissima lavorazione, a volte vere esplosioni di colore.
Vi chiederete: perché tutto questo? Perché questa merceologica ricerca del tempo perduto? Perché leggendo l'ultimo romanzo di Andrea Vitali ho avvertito la stessa sensazione di distacco dal mondo ed una meravigliosa gioia a malapena soffocata.
Perdoni la lunga citazione. So che quello che le sto per dire è come chiedere al macellaio se ha un buon taglio di carne, ma può convenire col giudizio?
Ce l'ho un buon taglio di carne, cara signora, l'ho tenuto apposta per lei. Riguardo al giudizio non posso che convenirne. Ho praticato il distacco dal mondo per tanti di quegli anni che adesso me ne trovo pentito e pago dazio per quell'antico vezzo che sa, me ne rendo conto, di paura o spaura, codardia, superficialità, lasciar andare le cose come vanno per tener dietro solo alle storie da raccontare. Che mi ripagano, come dice lei, in successo e con un'altra parola in rima, fesso: non ti sei accorto che intanto il tempo è passato e niente aspetta nessuno?
Perché per le sue storie ha scelto come "palcoscenico" quasi sempre il ventennio fascista? Tra l'altro il "fascio" c'è (in "Olive comprese" pure la guerra di Spagna), ma sempre molto smorzato e lontano.
Banale espediente per allontanare le storie stesse e creare attorno a loro un maggior alone di romanzo. Non c'è nostalgia. La nostalgia si coniuga al presente.
Perché di "palcoscenico" si tratta no?
Sì, ma di provincia. Che scricchiola e sa di camerino chiuso da troppo tempo. Ha presente "La valigia dell'attore" di Francesco de Gregari?
Eppure coi suoi libri siamo dalle parti di "Pane amore e gelosia" e Pane amore e fantasia".
Sì, col bianco e nero.
Quando parlano di lei si ama citare, per affinità, Guareschi, Chiara, Guerra. Qualche critico "puzzolente" ci sgriderà, ma io scorgo in lei e nei suoi scritti anche qualche sentor di Gadda.
Lei si lasci sgridare e non ne tenga conto. Sentir di Gadda non fa mai male mentre puzzar di critico spesso sì.
Cosa risponde a quelli che potrebbero accusarla di "grossolanità" ? O non è forse vero che la provincia allora come ora questo offre?
Non sono grossolano, anzi, sono un uomo sensibile. Ho dolori nonostante gli anni e li patisco. La vita non mi ha ancora corazzato. Se l'accusa è rivolta alle parolacce, l'accetto: le uso spesso, mi piacciono, non le abbandonerò mai. Ma il sentimento è raffinato, posso giurarlo. Mi offro, quindi, come campione della provincia: questo propone, ora come allora.
Mi conceda una domanda cattiva: "Il segreto di Ofelia", il suo ultimo romanzo, non mi sembra riuscito come i precedenti. Che la formula cominci a mancar di fiato?
Mi conceda una annotazione cattiva: il segreto è di Ortelia e non di Ofelia. Se uno comincia a sbagliare dal titolo...
I suoi romanzi hanno uno stile ben preciso, ben lontano dalle turbolenze del futurismo,eppure lei ha dedicato un libro a Marinetti.
Un grande amore l'elettrico Filippo Tommaso. La scoperta che tutto poteva essere ribaltato, che non ci sono strade pre determinate, la gioventù della letteratura, la morte dei vecchi maestri... Quando si è giovani capire che oltre Pascoli e Carducci c'è stato dell'altro fa solo bene.
Il cinema ultimamente si è interessato a lei. Quale sono state le sue impressioni? Ha frequentato i teatri delle riprese?
Ma non io a lui. L'impressione è quella di un mondo che senza letteratura sarebbe di là da nascere. Circa la frequentazione, solo in funzione di medico: era inverno, il lavoro non è mancato.
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