CINEMA E MUSICA
Adriano Angelini Sut
Attenti all'underground romano. È pieno di talenti introversi, come i Dolcevena.
Non li sentirete in radio purtroppo. Il loro disco, il terzo album in studio, Etymology, è auto-prodotto. Magari lo trovate su internet (http://www.myspace.com/dolcevena), lo comprate su I Tunes. Vale la pena. Il loro è un rock grezzo, viscerale, psichedelico e la voce di Simone rende i pezzi tremendamente romantici, a volte strazianti. È quel tratto che, nell'underground romano, li caratterizza fortemente. I brani di questo nuovo album dei Dolcevena sono, in linea con il precedente The looking glass self, coinvolgenti e ugualmente intensi ma con un pizzico di divertissement maggiore. Sì perché se in apertura troviamo pezzi come 'Going going' e 'Your role' che riecheggiano il loro stile indie-sturbato, e se 'Lo schwanzschtuck' punkeggia dolcemente fra le grida di Simone e le chiassate di Daniele alla batteria, è da 'The witch in you' in poi che l'album si apre a una parentesi centrale simil beatlesiana. Con tutto ciò che questo può voler dire. Siamo in presenza di una ballata semplice, graziosa, un ritornello cantilenato, un bel quattro quarti da serata fra amici. E, anche qui, la voce non perde un colpo, né ha paura di misurarsi con i gettonati da top ten di turno. Si prosegue col più classico del rock, con 'On your feet again', cantata da Tiziano Russo, il bassista del gruppo e già autore del pregevole album solista con lo pseudonimo di Timothy che abbiamo già recensito su questo sito. Si indugia con 'Mordecai', più aggressiva e sincopata, più Dolcevena, lì dove il basso e la chitarra giocano a rincorrersi, quasi arrampicarsi su un sentiero in crescendo.
'Better crown' riporta l'atmosfera a questo divertissement più brit-pop, morbida e coccolosa. Scanzonata, una marachella nel bel mezzo di un fracasso assordante. Che riprende con 'Gone too far', un loop ripetuto e incalzante di puro rock che rispiazza e nello stesso tempo ci riprepara a un altro scherzo giocoso. Cioè 'Tied to the sea', quello che potrebbe essere il singolo, con un video auto-prodotto, ancora una ballata, una "canzonetta" beatlesiana" con immagini graziose e nostalgicamente muppet show (http://www.youtube.com/watch?v=NGuO8_AMyVw).
L'album si chiude con due brani ancora una volta diversissimi tra loro, l'ipnotica e bellissima 'A few minutes', un punto esclamativo sull'introversione del loro rock coraggioso e per niente banale. E poi la straordinaria 'One last time', uno di quei brani di rock psichedelico che di solito viene fuori dalle corde delle grandi band. Un tocco di Motorpsycho (norvegesi, tuttavia), una spruzzatina di Yes, un rimando grunge; tanta originalità per una band che vi consiglio di seguire dal vivo perché è lì che esprime il meglio di sé. Con un'energia e una passione travolgenti piuttosto insolite se si guarda all'aspetto di questi tre ragazzi romani con la faccia pulita e perennemente diffidente. Un buon lavoro. (Anche se la resa della voce poteva sortire un risultato migliore, in alcuni brani è troppo bassa). Ancor più apprezzabile (ma a volte troppo estremista) la loro filosofia dell'autoproduzione, che sfugge alle regole ghigliottina di un mercato delle etichette underground che, quando non è imbelle, è furbetto e, con la scusa della crisi, ha trasformato fucine di potenziali factory scopri talenti in ignobili macchine service che, in cambio di "prezzi convenienti", ti offrono un marchio col bollino Siae, magari un ufficio stampa e se ci scappa pure qualche data. Da contrastare con tutti i mezzi.
Dolcevena
Etymology
2011 Autoprodotto
'Better crown' riporta l'atmosfera a questo divertissement più brit-pop, morbida e coccolosa. Scanzonata, una marachella nel bel mezzo di un fracasso assordante. Che riprende con 'Gone too far', un loop ripetuto e incalzante di puro rock che rispiazza e nello stesso tempo ci riprepara a un altro scherzo giocoso. Cioè 'Tied to the sea', quello che potrebbe essere il singolo, con un video auto-prodotto, ancora una ballata, una "canzonetta" beatlesiana" con immagini graziose e nostalgicamente muppet show (http://www.youtube.com/watch?v=NGuO8_AMyVw).
L'album si chiude con due brani ancora una volta diversissimi tra loro, l'ipnotica e bellissima 'A few minutes', un punto esclamativo sull'introversione del loro rock coraggioso e per niente banale. E poi la straordinaria 'One last time', uno di quei brani di rock psichedelico che di solito viene fuori dalle corde delle grandi band. Un tocco di Motorpsycho (norvegesi, tuttavia), una spruzzatina di Yes, un rimando grunge; tanta originalità per una band che vi consiglio di seguire dal vivo perché è lì che esprime il meglio di sé. Con un'energia e una passione travolgenti piuttosto insolite se si guarda all'aspetto di questi tre ragazzi romani con la faccia pulita e perennemente diffidente. Un buon lavoro. (Anche se la resa della voce poteva sortire un risultato migliore, in alcuni brani è troppo bassa). Ancor più apprezzabile (ma a volte troppo estremista) la loro filosofia dell'autoproduzione, che sfugge alle regole ghigliottina di un mercato delle etichette underground che, quando non è imbelle, è furbetto e, con la scusa della crisi, ha trasformato fucine di potenziali factory scopri talenti in ignobili macchine service che, in cambio di "prezzi convenienti", ti offrono un marchio col bollino Siae, magari un ufficio stampa e se ci scappa pure qualche data. Da contrastare con tutti i mezzi.
Dolcevena
Etymology
2011 Autoprodotto
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