INTERVISTE
Carla Castellacci e Telmo Pievani

Il professor Veronesi ha recentemente affermato, durante una trasmissione televisiva, che in Italia ci sono 10 milioni di atei e cinque milioni di non credenti. Se fosse davvero così, come si spiega allora questo atteggiamento prono delle autorità politiche rispetto ai diktat del Vaticano?
I numeri in questo caso rischiano di essere fuorvianti – si potrebbe rispondere che, se i numeri sono questi, in Italia c'è pur sempre una schiacciante maggioranza di credenti, e tra questi una schiacciante maggioranza di cattolici. Ma i numeri non contano più di tanto, perché per fortuna – e soprattutto per ragioni di coerenza – niente impedisce di essere allo stesso tempo credenti e "laici", nel senso di essere persone che non vogliono fare entrare la religione nella politica. Non sono i cittadini, insomma, i primi a volere leggi "etiche" ispirate dal Vaticano.
L'atteggiamento dei politici è una questione complicata: tutti sono consapevoli del fatto che in Italia c'è un livello di consenso per la politica veramente allarmante. Il Wall Street Journal di pochi giorni fa dava un quadro desolante dello stato d'animo degli italiani e suggeriva che è soprattutto l'Europa, più che la coscienza civile, a tenerci lontani oggi da tentazioni autoritarie. Quando si tratta di disegnare prospettive di lungo periodo la politica italiana si mostra affetta da miopia acuta, basta pensare ai finanziamenti per la ricerca scientifica. In questo contesto sembra che nessuno abbia voglia di prendere decisioni che possano mettere a rischio un consenso già precario, e la Chiesa cattolica sembra essere l'unica agenzia rimasta capace di operare efficacemente sul piano del consenso. Per esempio, mettendo in campo i suoi "valori non negoziabili" è riuscita a monopolizzare la discussione su una serie di temi di grande importanza per la vita dei cittadini, dalle politiche per la famiglia alla ricerca biomedica, dalla procreazione assistita alle questioni di fine vita. Non è che su questi temi la Chiesa rifletta le opinioni della maggioranza degli italiani, è che nessuna altra posizione è ammessa al tavolo del dibattito.
Parlate di inganno mediatico peggiore della religiosità militante quando ci si lamenta di essere discriminati e non si può imporre a tutti le proprie preferenze. Un po' come ha fatto Lady Mastella che una volta agli arresti domiciliari ha detto che è perseguitata perché cattolica...
Ciò che preoccupa di più sono le conseguenze di questo inganno, quando si traduce in un auto-inganno da parte di cittadini in buona fede. Se uno si convince di essere discriminato tende a chiudere la porta al confronto, a non ascoltare la voce degli altri. Ma se oltre tutto questa convinzione è campata per aria – come lo è nel caso dei cattolici che in Italia si sentono discriminati – finirà per vedere ovunque complotti, censure e raggiri. Per questo motivo nel nostro libro abbiamo parole dure contro gli inganni e contro gli ingannatori, ma cerchiamo di proporre argomenti di riflessione a chi potrebbe in buona fede condividere le loro preoccupazioni.
Nel sotto-capitolo dedicato alla «cultura della vita» riferite della posizione del cardinale Javier Lozano Barragan che non sarebbe contrario all'uso del profilattico in una coppia dove lui fosse sieropositivo. Al di là del fatto che è una posizione decisamente "illuminata" rispetto ai dogmi di Ratzinger, non vi sembra che sia comunque povera cosa addirittura rispetto al buon senso comune?
Naturalmente, per chi vive in Italia le idee di Barragan sarebbero un salto all'indietro colossale. Ma in molti paesi in cui le organizzazioni cattoliche sono tra le principali fornitrici di assistenza sanitaria una posizione come quella di Barragan farebbe una grossa differenza per la salute delle donne e dei loro figli. Non si tratta solo di distribuire i profilattici, che sarebbe già una misura di prevenzione importantissima: si dovrebbe anche introdurre un certo livello di educazione sessuale, e quindi strumenti per la prevenzione delle gravidanze indesiderate, precoci o troppo frequenti.
Le idee di ci Barragan ci portano, al massimo, a considerare con una certa indulgenza i tentativi di superare le prescrizioni più retrive e più dannose per la salute, ma restano molto distanti dalle nostre. Questo non vuol dire che l'unica scelta all'interno del mondo cattolico sia tra una morale sessuale vecchia di secoli, e una vecchia solo di qualche decennio. Nello scrivere il libro abbiamo incontrato testi di teologi cattolici che su questioni come il diritto di una donna ad abortire, o il diritto di decidere per sé sulle questioni di fine vita, o il diritto di farsi una famiglia con il partner che scegliamo, giungono a conclusioni con le quali non avremmo difficoltà a essere d'accordo.
Mi ha colpito la sentenza del Consiglio di Stato a proposito del ricorso di una cittadina finlandese che chiedeva la rimozione del crocefisso da un'aula di una scuola media. Confrontando le posizioni di altri paesi, e a proposito della laicità d'oltralpe, lo stesso affermava "la mortificazione dell'autonomia organizzativa delle confessioni e della libertà di espressione individuale della fede religiosa". A me francamente pare un'enormità.
Sì, non si capisce bene quali siano le basi per un giudizio di questa gravità sulla legge di separazione francese. Ma l'intera sentenza è un pasticcio. Siccome in Italia non ci sono riferimenti normativi che definiscano la laicità, i giudici del Consiglio di Stato hanno concluso che ciascun paese può intendere la laicità a modo suo, e che da noi la laicità può essere intesa come uno dei frutti del cristianesimo, e che il crocifisso alla fin fine può essere preso come simbolo di questa laicità all'italiana.
La critica sociale ottocentesca individuava nella famiglia il luogo dei "servizi domestici", non retribuiti, funzionali alla riproduzione delle disuguaglianze sociali. Come mai nel 2008 questi concetti sembrano alieni?
Per prima cosa c'è stato un regresso, un puro e semplice regresso, nella consapevolezza del problema. Che però non è solo il problema evidentissimo della posizione subordinata delle donne nella società. Il regresso riguarda tutta quanta la critica sociale, la critica alle disuguaglianze sociali, di cui si parla sempre meno salvo per denunciare alcuni privilegi "di casta". Purtroppo le cose si tengono, in una sorta di circolo vizioso. Le basi della famiglia sono diventate precarie, come è diventato precario il lavoro. C'è effettivamente una difficoltà delle famiglie, di quelle che esistono e di quelle che non riescono a formarsi, di quelle coniugate come di quelle conviventi. A queste difficoltà si risponde proponendo qualche sgravio fiscale, e in compenso si scaricano sopra alle famiglie quei servizi sociali – la tutela dei minori e degli anziani – sui quali lo Stato intende risparmiare. Non solo è una politica senza futuro, ma comporta un ritorno e una valorizzazione dei ruoli tradizionali all'interno della famiglia, in cui alle donne toccano i servizi sociali non retribuiti. Può darsi che lo scandalo che si solleva quando si parla di famiglie omosessuali dipenda in parte anche dal fatto che è più difficile immaginare all'interno di queste famiglie una divisione del lavoro "naturale", come quella che vede la moglie casalinga subordinata al marito percettore di reddito.
Cosa ne pensate della richiesta della Chiesa di riservare al Cristianesimo una posizione diversa dalle altre religioni in ragione della centralità che esso ha avuto nelle origini stesse dell'Europa: medioevo cristiano, ricostruzioni delle radici latine della cultura europea, rielaborazione del diritto romano ecc...
Ovviamente per noi si tratta di una richiesta "non ricevibile". I motivi sono tanti. Si potrebbe ricordare che la storia europea è stata segnata da sanguinose guerre di religione. E si è trattato di conflitti interni allo stesso Cristianesimo, che incidentalmente sono stati il punto di partenza del discorso moderno sulla laicità. Oppure si potrebbero ricordare gli ostacoli posti dal Cristianesimo, sia quello delle origini che quello moderno, allo sviluppo della cultura scientifica. Questo non significa che il Cristianesimo sia stato una sciagura, ma solo che il giudizio su questioni storiche di questa portata non può essere a senso unico. E in ogni caso tutti i discorsi che si possono fare sul passato non possono impedirci di immaginare un futuro diverso.
Come al solito, poi, su certe questioni la Chiesa cattolica tende a presentarsi come un'entità extraterrestre. Non capita mai di sentir dire, da parte delle autorità ecclesiastiche, quanto la diffusione del Cristianesimo nel mondo debba all'Europa. O per essere più espliciti, quanto essa debba al colonialismo e all'imperialismo europei. Su questo ruolo dell'Europa tendiamo un po' tutti a fare delle rimozioni, ma abbiamo imparato, almeno, le buone maniere. La Chiesa, a quanto pare, no. Meno di un anno fa Benedetto XVI è andato a spiegare agli indigeni brasiliani che il cristianesimo non gli è stato imposto, ma era quello che i loro antenati stavano aspettando per purificarsi. Qualcuno, giustamente, non ha apprezzato questo sbianchettamento del genocidio degli indigeni attuato dalle nazioni europee.
Riportate una citazione di Ernesto Rossi: "io sono, cioè, sulle posizioni di quello che la maggior parte degli esponenti della nostra sinistra democratica oggi definisce «vieto anticlericalismo» e «pregiudizio piccolo-borghese». Allora non è un problema di oggi una certa sinistra democratica che "milita" su posizioni decisamente moderate.
No, non è un problema di oggi. Già dal voto sull'art. 7 della Costituzione era apparso evidente che il vecchio Partito Comunista non aveva alcuna intenzione di aprire un contenzioso sul tema della laicità e di opporsi alle ingerenze della Chiesa cattolica nella vita della Repubblica. Le motivazioni di allora, comunque le giudichiamo, erano soprattutto che non si dovesse spaccare il paese su una questione "interclassista" come quella della religione. Ma se vogliamo azzardare un giudizio, col senno di poi, l'impressione che fanno le parole dure riservate ai difensori della laicità dello Stato è quella di una foglia di fico per mascherare una politica di compromesso – non nei confronti del popolo cattolico, ma nei confronti del Vaticano o del partito cattolico allora maggioritario.
Oggi però parole come "piccolo-borghese" non si potrebbero più usare in senso dispregiativo, e come loro surrogato ci si è inventati il "laicismo". Che è una brutta parola, proprio dal punto di vista lessicale. Ma quando poi si va a vedere che cosa significhi, ammesso che chi ne parla sappia quel che dice, non è altro che l'idea che lo Stato debba tenere sotto controllo le pretese delle religioni di imporre a tutti le loro regole di comportamento, per evitare che queste pretese egemoniche ledano i diritti dei cittadini. Che è un'idea molto sensata e, almeno per noi, condivisibile. Il ragionamento che viene fatto contro il "laicismo" è che si tratterebbe di un "ismo", una cosa intollerabile dopo la cosiddetta fine delle ideologie. Un ragionamento analogo l'abbiamo sentito fare fino alla noia anche contro l'evoluzionismo, e ci pare altrettanto privo di sostanza.
Una domanda più "leggera": che riscontro ha avuto il vostro libro dopo la bella segnalazione che Grillo ha fatto sul suo frequentatissimo sito?
Diciamo che per noi quello è stato uno dei momenti di massima "esposizione mediatica", e anche se non conosciamo i numeri c'è stato un aumento delle vendite subito a ridosso della segnalazione. La nostra idea, comunque, era ed è quella di un libro capace di rimanere attuale, in forza dei suoi argomenti, anche se i singoli fatti raccontati dovessero essere superati dagli avvenimenti. Per ora, bisogna dire, gli unici sviluppi cui abbiamo assistito sono andati nel senso di rendere i problemi ancora più acuti, con la riapertura della questione dell'aborto. Ma temi come la salute sessuale, la riproduzione assistita, l'educazione, il testamento biologico, o i privilegi della "casta" ecclesiastica, continueranno a essere al centro della vita pubblica per tutto il futuro che oggi è prevedibile.
I numeri in questo caso rischiano di essere fuorvianti – si potrebbe rispondere che, se i numeri sono questi, in Italia c'è pur sempre una schiacciante maggioranza di credenti, e tra questi una schiacciante maggioranza di cattolici. Ma i numeri non contano più di tanto, perché per fortuna – e soprattutto per ragioni di coerenza – niente impedisce di essere allo stesso tempo credenti e "laici", nel senso di essere persone che non vogliono fare entrare la religione nella politica. Non sono i cittadini, insomma, i primi a volere leggi "etiche" ispirate dal Vaticano.
L'atteggiamento dei politici è una questione complicata: tutti sono consapevoli del fatto che in Italia c'è un livello di consenso per la politica veramente allarmante. Il Wall Street Journal di pochi giorni fa dava un quadro desolante dello stato d'animo degli italiani e suggeriva che è soprattutto l'Europa, più che la coscienza civile, a tenerci lontani oggi da tentazioni autoritarie. Quando si tratta di disegnare prospettive di lungo periodo la politica italiana si mostra affetta da miopia acuta, basta pensare ai finanziamenti per la ricerca scientifica. In questo contesto sembra che nessuno abbia voglia di prendere decisioni che possano mettere a rischio un consenso già precario, e la Chiesa cattolica sembra essere l'unica agenzia rimasta capace di operare efficacemente sul piano del consenso. Per esempio, mettendo in campo i suoi "valori non negoziabili" è riuscita a monopolizzare la discussione su una serie di temi di grande importanza per la vita dei cittadini, dalle politiche per la famiglia alla ricerca biomedica, dalla procreazione assistita alle questioni di fine vita. Non è che su questi temi la Chiesa rifletta le opinioni della maggioranza degli italiani, è che nessuna altra posizione è ammessa al tavolo del dibattito.
Parlate di inganno mediatico peggiore della religiosità militante quando ci si lamenta di essere discriminati e non si può imporre a tutti le proprie preferenze. Un po' come ha fatto Lady Mastella che una volta agli arresti domiciliari ha detto che è perseguitata perché cattolica...
Ciò che preoccupa di più sono le conseguenze di questo inganno, quando si traduce in un auto-inganno da parte di cittadini in buona fede. Se uno si convince di essere discriminato tende a chiudere la porta al confronto, a non ascoltare la voce degli altri. Ma se oltre tutto questa convinzione è campata per aria – come lo è nel caso dei cattolici che in Italia si sentono discriminati – finirà per vedere ovunque complotti, censure e raggiri. Per questo motivo nel nostro libro abbiamo parole dure contro gli inganni e contro gli ingannatori, ma cerchiamo di proporre argomenti di riflessione a chi potrebbe in buona fede condividere le loro preoccupazioni.
Nel sotto-capitolo dedicato alla «cultura della vita» riferite della posizione del cardinale Javier Lozano Barragan che non sarebbe contrario all'uso del profilattico in una coppia dove lui fosse sieropositivo. Al di là del fatto che è una posizione decisamente "illuminata" rispetto ai dogmi di Ratzinger, non vi sembra che sia comunque povera cosa addirittura rispetto al buon senso comune?
Naturalmente, per chi vive in Italia le idee di Barragan sarebbero un salto all'indietro colossale. Ma in molti paesi in cui le organizzazioni cattoliche sono tra le principali fornitrici di assistenza sanitaria una posizione come quella di Barragan farebbe una grossa differenza per la salute delle donne e dei loro figli. Non si tratta solo di distribuire i profilattici, che sarebbe già una misura di prevenzione importantissima: si dovrebbe anche introdurre un certo livello di educazione sessuale, e quindi strumenti per la prevenzione delle gravidanze indesiderate, precoci o troppo frequenti.
Le idee di ci Barragan ci portano, al massimo, a considerare con una certa indulgenza i tentativi di superare le prescrizioni più retrive e più dannose per la salute, ma restano molto distanti dalle nostre. Questo non vuol dire che l'unica scelta all'interno del mondo cattolico sia tra una morale sessuale vecchia di secoli, e una vecchia solo di qualche decennio. Nello scrivere il libro abbiamo incontrato testi di teologi cattolici che su questioni come il diritto di una donna ad abortire, o il diritto di decidere per sé sulle questioni di fine vita, o il diritto di farsi una famiglia con il partner che scegliamo, giungono a conclusioni con le quali non avremmo difficoltà a essere d'accordo.
Mi ha colpito la sentenza del Consiglio di Stato a proposito del ricorso di una cittadina finlandese che chiedeva la rimozione del crocefisso da un'aula di una scuola media. Confrontando le posizioni di altri paesi, e a proposito della laicità d'oltralpe, lo stesso affermava "la mortificazione dell'autonomia organizzativa delle confessioni e della libertà di espressione individuale della fede religiosa". A me francamente pare un'enormità.
Sì, non si capisce bene quali siano le basi per un giudizio di questa gravità sulla legge di separazione francese. Ma l'intera sentenza è un pasticcio. Siccome in Italia non ci sono riferimenti normativi che definiscano la laicità, i giudici del Consiglio di Stato hanno concluso che ciascun paese può intendere la laicità a modo suo, e che da noi la laicità può essere intesa come uno dei frutti del cristianesimo, e che il crocifisso alla fin fine può essere preso come simbolo di questa laicità all'italiana.
La critica sociale ottocentesca individuava nella famiglia il luogo dei "servizi domestici", non retribuiti, funzionali alla riproduzione delle disuguaglianze sociali. Come mai nel 2008 questi concetti sembrano alieni?
Per prima cosa c'è stato un regresso, un puro e semplice regresso, nella consapevolezza del problema. Che però non è solo il problema evidentissimo della posizione subordinata delle donne nella società. Il regresso riguarda tutta quanta la critica sociale, la critica alle disuguaglianze sociali, di cui si parla sempre meno salvo per denunciare alcuni privilegi "di casta". Purtroppo le cose si tengono, in una sorta di circolo vizioso. Le basi della famiglia sono diventate precarie, come è diventato precario il lavoro. C'è effettivamente una difficoltà delle famiglie, di quelle che esistono e di quelle che non riescono a formarsi, di quelle coniugate come di quelle conviventi. A queste difficoltà si risponde proponendo qualche sgravio fiscale, e in compenso si scaricano sopra alle famiglie quei servizi sociali – la tutela dei minori e degli anziani – sui quali lo Stato intende risparmiare. Non solo è una politica senza futuro, ma comporta un ritorno e una valorizzazione dei ruoli tradizionali all'interno della famiglia, in cui alle donne toccano i servizi sociali non retribuiti. Può darsi che lo scandalo che si solleva quando si parla di famiglie omosessuali dipenda in parte anche dal fatto che è più difficile immaginare all'interno di queste famiglie una divisione del lavoro "naturale", come quella che vede la moglie casalinga subordinata al marito percettore di reddito.
Cosa ne pensate della richiesta della Chiesa di riservare al Cristianesimo una posizione diversa dalle altre religioni in ragione della centralità che esso ha avuto nelle origini stesse dell'Europa: medioevo cristiano, ricostruzioni delle radici latine della cultura europea, rielaborazione del diritto romano ecc...
Ovviamente per noi si tratta di una richiesta "non ricevibile". I motivi sono tanti. Si potrebbe ricordare che la storia europea è stata segnata da sanguinose guerre di religione. E si è trattato di conflitti interni allo stesso Cristianesimo, che incidentalmente sono stati il punto di partenza del discorso moderno sulla laicità. Oppure si potrebbero ricordare gli ostacoli posti dal Cristianesimo, sia quello delle origini che quello moderno, allo sviluppo della cultura scientifica. Questo non significa che il Cristianesimo sia stato una sciagura, ma solo che il giudizio su questioni storiche di questa portata non può essere a senso unico. E in ogni caso tutti i discorsi che si possono fare sul passato non possono impedirci di immaginare un futuro diverso.
Come al solito, poi, su certe questioni la Chiesa cattolica tende a presentarsi come un'entità extraterrestre. Non capita mai di sentir dire, da parte delle autorità ecclesiastiche, quanto la diffusione del Cristianesimo nel mondo debba all'Europa. O per essere più espliciti, quanto essa debba al colonialismo e all'imperialismo europei. Su questo ruolo dell'Europa tendiamo un po' tutti a fare delle rimozioni, ma abbiamo imparato, almeno, le buone maniere. La Chiesa, a quanto pare, no. Meno di un anno fa Benedetto XVI è andato a spiegare agli indigeni brasiliani che il cristianesimo non gli è stato imposto, ma era quello che i loro antenati stavano aspettando per purificarsi. Qualcuno, giustamente, non ha apprezzato questo sbianchettamento del genocidio degli indigeni attuato dalle nazioni europee.
Riportate una citazione di Ernesto Rossi: "io sono, cioè, sulle posizioni di quello che la maggior parte degli esponenti della nostra sinistra democratica oggi definisce «vieto anticlericalismo» e «pregiudizio piccolo-borghese». Allora non è un problema di oggi una certa sinistra democratica che "milita" su posizioni decisamente moderate.
No, non è un problema di oggi. Già dal voto sull'art. 7 della Costituzione era apparso evidente che il vecchio Partito Comunista non aveva alcuna intenzione di aprire un contenzioso sul tema della laicità e di opporsi alle ingerenze della Chiesa cattolica nella vita della Repubblica. Le motivazioni di allora, comunque le giudichiamo, erano soprattutto che non si dovesse spaccare il paese su una questione "interclassista" come quella della religione. Ma se vogliamo azzardare un giudizio, col senno di poi, l'impressione che fanno le parole dure riservate ai difensori della laicità dello Stato è quella di una foglia di fico per mascherare una politica di compromesso – non nei confronti del popolo cattolico, ma nei confronti del Vaticano o del partito cattolico allora maggioritario.
Oggi però parole come "piccolo-borghese" non si potrebbero più usare in senso dispregiativo, e come loro surrogato ci si è inventati il "laicismo". Che è una brutta parola, proprio dal punto di vista lessicale. Ma quando poi si va a vedere che cosa significhi, ammesso che chi ne parla sappia quel che dice, non è altro che l'idea che lo Stato debba tenere sotto controllo le pretese delle religioni di imporre a tutti le loro regole di comportamento, per evitare che queste pretese egemoniche ledano i diritti dei cittadini. Che è un'idea molto sensata e, almeno per noi, condivisibile. Il ragionamento che viene fatto contro il "laicismo" è che si tratterebbe di un "ismo", una cosa intollerabile dopo la cosiddetta fine delle ideologie. Un ragionamento analogo l'abbiamo sentito fare fino alla noia anche contro l'evoluzionismo, e ci pare altrettanto privo di sostanza.
Una domanda più "leggera": che riscontro ha avuto il vostro libro dopo la bella segnalazione che Grillo ha fatto sul suo frequentatissimo sito?
Diciamo che per noi quello è stato uno dei momenti di massima "esposizione mediatica", e anche se non conosciamo i numeri c'è stato un aumento delle vendite subito a ridosso della segnalazione. La nostra idea, comunque, era ed è quella di un libro capace di rimanere attuale, in forza dei suoi argomenti, anche se i singoli fatti raccontati dovessero essere superati dagli avvenimenti. Per ora, bisogna dire, gli unici sviluppi cui abbiamo assistito sono andati nel senso di rendere i problemi ancora più acuti, con la riapertura della questione dell'aborto. Ma temi come la salute sessuale, la riproduzione assistita, l'educazione, il testamento biologico, o i privilegi della "casta" ecclesiastica, continueranno a essere al centro della vita pubblica per tutto il futuro che oggi è prevedibile.
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