DE FALSU CREDITU
Maria Giosé del Punto
Chiarastella. Una biografia
Punzoni Editore, Pag. 221 Euro 16,00
Tra poco più di un mese, scommettiamo, i mezzi di informazione faranno a gara per ricordare i trent'anni dalla morte di Maria Callas. Infatti nella notte tra il 15 e il 16 settembre del 1977 la grandissima, e mai superata, cantante morì in assoluta solitudine, probabilmente suicida per un'ingestione di potenti sonniferi. E con ogni probabilità saremo sommersi da operazioni editoriali discutibili che rimesteranno di sicuro nel torbido pur di accendere di nuovo l'interesse su una figura di assoluta statura professionale (basti vedere lo sciacallaggio continuo sulla principessa Diana).
Approfittando di questo anniversario ci sembra invece opportuno porre l'attenzione sulla vita e le "imprese" di un'altra cantante, non lirica, ma di straordinaria presa popolare che furoreggiò soprattutto nell'Italia Centrale e Meridionale, tra la fine dell'ottocento e gli inizi del novecento, in piena belle époque, e che fu punto di riferimento di un'intera generazione di ascoltatori: Odesia Donnarussa.
La precisa e puntuale biografia della del Punto, appropriatamente ristampata dopo una prima edizione degli anni sessanta che era andata ben presto fuori catalogo e quindi introvabile, ricostruisce gli esordi, i successi, la fama e poi la triste vita di questa donna emblema di un periodo vivace ed irripetibile nella storia del nostro costume e della cultura in generale.
Dotata di una voce possente e straordinaria, oltre quattro ottave di estensione, la Donnarussa, dapprima dedicatasi ad un repertorio leggero e sbarazzino, confluì inevitabilmente nella tradizione del più intenso e sterminato repertorio della canzone napoletana, affrontando classici come Tarantelluccia, Piscature 'e Posilleco, Sudate, Luna a ponente, Luna a levante, Luna caprese, Luna curtese, Luna...
Per oltre venti anni fu contesa dagli impresari e dopo essere apparsa alla sala Umberto di Roma, fu al teatro Balbo e al Carignano di Torino, al Morsetti di Milano, al Seppia di Faenza e in altri teatri italiani. Restò comunque legata soprattutto a Napoli, dove riscosse i maggiori e più entusiastici consensi.
Ma al di là dei successi la vita della Donnarussa (il titolo del libro Chiarastella. Una biografia prende nome da una delle sue più convincenti interpretazioni del classico di Califano- De Cristofaro, Chiarastella appunto) si ricorda per lo sfortunato epilogo. Sposatasi a trent'anni col principe Raniero de Foschi, dopo appena 8 mesi fu colpita da una grave malattia che la allettò e da cui non seppe risorgere.
Di lei, pur essendo stata uno dei nomi di punta del teatro leggero, secondi alcuni la più grande cantante italiana del novecento, ci si è sempre ricordati assai poco. Se consideriamo che questa è una ristampa di un'uscita degli anni sessanta, le uniche tracce di lei si riscontrano nel romanzo Addio Geraldina di Matteo Caputo, liberamente ispirato alla tragedia dell'artista, nel libello arbasiniano Mimì Bluette ferita nell'ardore (dove il pettegolezzo artistico dell'autore sfiora la possibilità che dietro la morte della Donnarussa ci sia addirittura un omicidio) e nell'inaspettato capitolo Odesia da Apodittici ed interrati del sociologo Umberto Ero.
Troppo poco per un'artista di statura elevata che seppe appassionare ed entusiasmare un'intera generazione di adoranti ascoltatori. La classica fidanzatina d'Italia si sarebbe potuto dire, se non fosse per un'altezza inusitata per una donna di allora, un metro e ottantasette, ed una stazza, centoventi chili, di assoluto riguardo. Non per tutti insomma
Approfittando di questo anniversario ci sembra invece opportuno porre l'attenzione sulla vita e le "imprese" di un'altra cantante, non lirica, ma di straordinaria presa popolare che furoreggiò soprattutto nell'Italia Centrale e Meridionale, tra la fine dell'ottocento e gli inizi del novecento, in piena belle époque, e che fu punto di riferimento di un'intera generazione di ascoltatori: Odesia Donnarussa.
La precisa e puntuale biografia della del Punto, appropriatamente ristampata dopo una prima edizione degli anni sessanta che era andata ben presto fuori catalogo e quindi introvabile, ricostruisce gli esordi, i successi, la fama e poi la triste vita di questa donna emblema di un periodo vivace ed irripetibile nella storia del nostro costume e della cultura in generale.
Dotata di una voce possente e straordinaria, oltre quattro ottave di estensione, la Donnarussa, dapprima dedicatasi ad un repertorio leggero e sbarazzino, confluì inevitabilmente nella tradizione del più intenso e sterminato repertorio della canzone napoletana, affrontando classici come Tarantelluccia, Piscature 'e Posilleco, Sudate, Luna a ponente, Luna a levante, Luna caprese, Luna curtese, Luna...
Per oltre venti anni fu contesa dagli impresari e dopo essere apparsa alla sala Umberto di Roma, fu al teatro Balbo e al Carignano di Torino, al Morsetti di Milano, al Seppia di Faenza e in altri teatri italiani. Restò comunque legata soprattutto a Napoli, dove riscosse i maggiori e più entusiastici consensi.
Ma al di là dei successi la vita della Donnarussa (il titolo del libro Chiarastella. Una biografia prende nome da una delle sue più convincenti interpretazioni del classico di Califano- De Cristofaro, Chiarastella appunto) si ricorda per lo sfortunato epilogo. Sposatasi a trent'anni col principe Raniero de Foschi, dopo appena 8 mesi fu colpita da una grave malattia che la allettò e da cui non seppe risorgere.
Di lei, pur essendo stata uno dei nomi di punta del teatro leggero, secondi alcuni la più grande cantante italiana del novecento, ci si è sempre ricordati assai poco. Se consideriamo che questa è una ristampa di un'uscita degli anni sessanta, le uniche tracce di lei si riscontrano nel romanzo Addio Geraldina di Matteo Caputo, liberamente ispirato alla tragedia dell'artista, nel libello arbasiniano Mimì Bluette ferita nell'ardore (dove il pettegolezzo artistico dell'autore sfiora la possibilità che dietro la morte della Donnarussa ci sia addirittura un omicidio) e nell'inaspettato capitolo Odesia da Apodittici ed interrati del sociologo Umberto Ero.
Troppo poco per un'artista di statura elevata che seppe appassionare ed entusiasmare un'intera generazione di adoranti ascoltatori. La classica fidanzatina d'Italia si sarebbe potuto dire, se non fosse per un'altezza inusitata per una donna di allora, un metro e ottantasette, ed una stazza, centoventi chili, di assoluto riguardo. Non per tutti insomma
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