CINEMA E MUSICA
Adriano Angelini
Con un colpo di classe, Thom Yorke trasforma i Radiohead ancora più a sua immagine. È lui 'The king of limbs'.
Vi ricordate The Eraser? Era l'album solista di Thom Yorke, leader e cantante dei Radiohead, uscito qualche anno fa prima del penultimo album della band dell'Oxfordshire, In Raimbows, targato 2007. Era un album ipnotico, mid-tempo, drum'n'bass, sincopato. Non una gran riuscita ma la sua voce spiccava in maniera più insolita e almeno tre brani erano delle perle che facevano intravedere il loro scintillante valore. A quattro anni di distanza da In Raimbows, i Radiohead tornano a pubblicare (prima di tutto, come già per l'altro, on line) il loro nuovo ottavo album in studio, The king of limbs. E, con grande sorpresa, suona come The Eraser, ma i pezzi sono di gran lunga migliori. I fratelli Greenwood sono stati convinti dal maghetto geniale con l'occhio alieno che anche la band poteva esprimersi su livelli altissimi suonando ipnotici, mid-tempo, drum'n'bass, sincopati? A quanto pare la risposta è sì. E il risultato vi invito ad andarvelo ad ascoltare.
Si apre con "Bloom" (orchestralmente magistrale), e si chiude con "Separator" (una marcetta spensierata e man mano straziante, da fine disco), otto brani (pochissimi!) con una loro estrema coerenza stilistica; drum'n'bass, appunto, ipnotica, sincopata, mid-tempo, elettro pop allucinata. Ma melodiosamente ineccepibile. Difficile parlarne. La voce lenta, cantilenante e spaziosa di Thom al solito volteggia, si apre e si allunga su una ritmica schizofrenica; sembrano due cose apparentemente slegate, disarmoniche, fuori tempo. L'abilità sta nel ricomporle. Come in "Morning Mr Magpie", in cui la ritmica serrata lascia che il corpo si sciolga e si sleghi in movimenti da trance e la voce arieggi in uno spleen cadenzato e ragionato. È semplicemente fantastico ciò che viene fuori.
Orchestrali impazziti che tentano miracolosamente di star dietro a un'angelica voce bianca.
Se "Little by little" affievolisce lievemente la ritmica serrata regalandoci momenti di sound quasi caraibico e fru fru (ovviamente scherzo!), "Feral" riparte all'attacco con una cadenzato travolgente, tastiere ipnagogiche, elettro incessanti. Fino ad arrivare a "Lotus flower". Qui Yorke e compagni raggiungono altezze immense. Innanzitutto col video dove l'alieno balla in maniera comicamente divina (http://www.youtube.com/watch?v=cfOa1a8hYP8). Poi regalandoci un brano nel complesso impeccabile. Per ritmica, melodia, evocazione, capacità di coinvolgere e impatto mnemonico. Un singolo, volendo, che in qualsiasi classifica di un pianeta dove gli esseri umani fossero un tantino più elevati e meno dabbene squaglierebbe ogni concorrente. "Codex" ci riporta dalle parti di Amnesiac e di "Pyramid song" (Dio la benedica!) e ci regala una malinconia fresca e irriverente, una nostalgia di luoghi lontani, quelli a cui l'umanità appartiene senza saperlo. "Give up the ghost" è, a parere di chi scrive, forse il brano più bello. La sua voce accompagna una chitarra acustica e ogni tanto un basso, una leggera percussione; sembra un'improvvisata sulla spiaggia. Che a poco a poco cresce e viene da battere le mani sulle cosce, il piede a terra, "Carry on, carry on", dice Thom e il fantasma di una presenza sublime ma orribile si manifesta sugli astanti e lui, lì, a scacciarlo, a dirci non c'è problema, ci sono io, vi cullo e vi consolo. Non piangete. Un altro pezzo di storia della musica che ci scorre dentro le nostre orecchie distratte, in questi anni che sembrano passare così in sordina, per chi ha voglia di cadere nella rete delle armi distrazioni di massa; cari ingenui "compagni". E pensare che sono auto-prodotti (ah! ah! ah!, il potere, anzi lo stra-potere, è già seppellito da una risata!)
Radiohead
The king of limbs
Autoprodotto - 2011
Si apre con "Bloom" (orchestralmente magistrale), e si chiude con "Separator" (una marcetta spensierata e man mano straziante, da fine disco), otto brani (pochissimi!) con una loro estrema coerenza stilistica; drum'n'bass, appunto, ipnotica, sincopata, mid-tempo, elettro pop allucinata. Ma melodiosamente ineccepibile. Difficile parlarne. La voce lenta, cantilenante e spaziosa di Thom al solito volteggia, si apre e si allunga su una ritmica schizofrenica; sembrano due cose apparentemente slegate, disarmoniche, fuori tempo. L'abilità sta nel ricomporle. Come in "Morning Mr Magpie", in cui la ritmica serrata lascia che il corpo si sciolga e si sleghi in movimenti da trance e la voce arieggi in uno spleen cadenzato e ragionato. È semplicemente fantastico ciò che viene fuori.
Orchestrali impazziti che tentano miracolosamente di star dietro a un'angelica voce bianca.
Se "Little by little" affievolisce lievemente la ritmica serrata regalandoci momenti di sound quasi caraibico e fru fru (ovviamente scherzo!), "Feral" riparte all'attacco con una cadenzato travolgente, tastiere ipnagogiche, elettro incessanti. Fino ad arrivare a "Lotus flower". Qui Yorke e compagni raggiungono altezze immense. Innanzitutto col video dove l'alieno balla in maniera comicamente divina (http://www.youtube.com/watch?v=cfOa1a8hYP8). Poi regalandoci un brano nel complesso impeccabile. Per ritmica, melodia, evocazione, capacità di coinvolgere e impatto mnemonico. Un singolo, volendo, che in qualsiasi classifica di un pianeta dove gli esseri umani fossero un tantino più elevati e meno dabbene squaglierebbe ogni concorrente. "Codex" ci riporta dalle parti di Amnesiac e di "Pyramid song" (Dio la benedica!) e ci regala una malinconia fresca e irriverente, una nostalgia di luoghi lontani, quelli a cui l'umanità appartiene senza saperlo. "Give up the ghost" è, a parere di chi scrive, forse il brano più bello. La sua voce accompagna una chitarra acustica e ogni tanto un basso, una leggera percussione; sembra un'improvvisata sulla spiaggia. Che a poco a poco cresce e viene da battere le mani sulle cosce, il piede a terra, "Carry on, carry on", dice Thom e il fantasma di una presenza sublime ma orribile si manifesta sugli astanti e lui, lì, a scacciarlo, a dirci non c'è problema, ci sono io, vi cullo e vi consolo. Non piangete. Un altro pezzo di storia della musica che ci scorre dentro le nostre orecchie distratte, in questi anni che sembrano passare così in sordina, per chi ha voglia di cadere nella rete delle armi distrazioni di massa; cari ingenui "compagni". E pensare che sono auto-prodotti (ah! ah! ah!, il potere, anzi lo stra-potere, è già seppellito da una risata!)
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The king of limbs
Autoprodotto - 2011
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