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CINEMA E MUSICA

Adriano Angelini

Damon Albarn continua a giocare ai cartoni animati. E gli riesce così bene...

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Chissà perché stavolta se n'è uscito con le spiagge di plastica. Musica per pirati svogliati. Strane figure esotiche che si aggirano su lidi rottamosi. Un universo di pellicani con berretti di lana, gabbiani che gridano in lontananza. La bomba che si chiama Stylo (sapientemente preceduta da due pezzi travolgenti come White flag e Rhinestone eyes), e che , appena uscito, ha sparato l'album in cima alle classifiche, ci ha lasciato tutti stupiti. Con quel video delizioso (guardatelo qua: http://www.youtube.com/watch?v=h9vAOzYz-Qs&feature=channel).

La voce di Bobby Womack (e la collaborazione di Mos Def) a formare una gustosa salsa di elettro e afro. Bruce Willis che si è prestato allo scherzoso inseguimento coi due pupazzi. Quando si dice il genio! Plastic Beach è il terzo album di questa band virtuale che, lo ricordiamo, è nata nel 2001 ed è composta unicamente di personaggi dei fumetti ideati dal co-creatore del comic-book Tank Girl. I loro nomi sono 2D, Murdoc, Noodle e Russel. Damon ne è il mentore, compositore dei pezzi e simpatico anfitrione in giro per il globo.

L'album è semplicemente fantastico. E' un continuo giocare fra elettronica, dance e black. Ci sono pezzi come Empire Ants che sfociano quasi in ballatone house. Scherzi come Superfast Jellyfish o Glitter Freeze. Hip Hop glam come Welcome to the world of the plastic beach, suadente e gommosa traccia con la voce di Snoop Dogg. Ci sono ballate elettro pop dalle sonorità Blur (ma del resto...) come Broken; così bella e triste, probabilmente il pezzo più completo e riuscito dell'album. In Some kind of nature Damon scomoda niente meno che Lou Reed che gli presta volentieri la sua oltre tombale raucedine di mito. La title track Plastic beach irrompe voluttuosa verso la fine, e vanta nientemeno che il contributo di Mick Jones dei Clash; anche qui siamo dalle parti del gioco virtuale, del divertissement elettro pop. Si balla e si scherza, con cinguettii di sottofondo e mare placido sotto un solo caraibico che nasconde chissà quali tesori. Poi si arriva a The binge e sembra di esser tornati agli anni '50; uno strimpellatore ubriaco, uno chansonnier francese che si butta sulla rena con la sua chitarra scassata. Un nave in lontananza che non ne vuol sapere di arenarsi. Struggente Bobby Womack in un finale imperioso, Cloud of unknowing, una nuvola di ignoto che nasconde chissà quali avventure. Grande Damon, impareggiabile folletto del pop e del rock alternativo. Ce l'eravamo dimenticato con The good, the bad and the queen (l'altro suo progetto pazzesco del 2006). Ce lo ritroviamo di nuovo in 3D. In picchiata sul Pirate jet, che chiude l'album come un carosello impazzito di naufraghi su un gommone sbatacchiato dalle onde. Datemi, datemi una spiaggia di plastica che voglio spalmarmici sopra tutto il giorno a prendere il sole con Damon nelle cuffiette. E prima fatevi un giro virtuale sul sito, www.gorillaz.com



Plastic Beach

Gorillaz

Parlophone, Virgin - 2010







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