INTERVISTE
Daniele Scalise
La prima domanda è d'obbligo, anche se qua e la tra le righe qualcosa lo lasci intuire: cosa ha detto tua figlia del libro? Lo ha considerato un "omaggio" o un civile contributo alla battaglia per i diritti dei gay?
E' stata subito entusiasta all'idea che lo scrivessi e poi la prima, insieme al mio compagno, a leggerne la stesura. Mi ha detto che in certi passaggi si è persino commossa e ha capito che per me era un atto di amore e di libertà.
Ma è vero che i gay di oggi sono cambiati? Che vi è un vero e proprio divario tra la generazione passata, quella pasoliniana per intenderci (lasciamela definire così più per motivazioni temporali che ideologiche) e quella attuale? E che dunque la battuta del film "Saturno contro" sul gay che si definisce frocio perché è della vecchia scuola è quanto mai pertinente?
C'è un abisso tra la persona omosessuale di trenta, quaranta, cinquant'anni fa e quella di oggi. Conosco molti 'vecchi omosessuali' e non riesco proprio a identificarmi in loro. Vivevano in un mondo ostile, spesso nemici di se stessi, obbligandosi a rapporti disuguali, fuggendo dall'affettività.
Sempre a proposito di Pasolini. Lui ce l'aveva a morte col concetto di tolleranza che riteneva una bestemmia. Tu quando parli degli atteggiamenti degli "altri" nei confronti dei gay parli di "tolleranza untuosa". E' la stessa cosa?
Direi di sì. La tolleranza mi ripugna. E' tollerante chi guarda dall'alto verso il basso. Io non sto in basso a nessuno e nessuno può permettersi di tollerarmi mentre esigo che tutti mi rispettino.
Questa è una domanda che ho fatto anche a Pievani/Castellacci, gli autori del libro "Sante ragioni" sulla posizione della Chiesa (che tu definisci la più grande organizzazione omosessuale). In un capitolo dedicato alla «cultura della vita» riferiscono della posizione del cardinale Javier Lozano Barragan che non sarebbe contrario all'uso del profilattico in una coppia dove lui fosse sieropositivo. Al di là del fatto che è una posizione decisamente "illuminata" rispetto ai dogmi di Ratzinger, non ti sembra che sia comunque cosa poverella addirittura rispetto al buon senso comune?
Non essendo cattolico ho difficoltà a esprimermi sui dettami della Chiesa. Per quel che mi riguarda facciano e dicano quel che vogliano, basta che non cerchino di imporlo a me (come invece stanno facendo).
A pag.99 dici: spesso sono stati gli omosessuali i peggiori nemici di se stessi e dei propri simili. Allora è giusta la mia impressione che all'interno del "movimento" vi è uno strisciante razzismo ed un'insofferenza verso, paradossalmente, il diverso?
E' tipico delle minoranze sviluppare sentimenti di auto-odio e gli omosessuali non fanno eccezione. Io stesso, all'inizio, quando ho scoperto di essere gay avevo delle forti pulsioni omofobe. Pensavo che tutti gli altri omosessuali fossero delle frivole finocchiette senza molto da dire. Avevo un malsano disprezzo nei confronti degli effeminati, guardavo male le trans... insomma, avevo paura di quel mondo e allora lo detestavo. Crescendo (in tutti i sensi) ho cambiato radicalmente il mio mondo pulsionale e oggi ho molti amici effeminati come ho molte amiche trans. Anche gli omosessuali, e in questo sono di nuovo uguali agli etero, sanno essere bigotti e razzisti.
Nel tuo libro ho scorto una vera e propria differenziazione tra l'aspetto più intimo del problema (la prima parte del libro) e quello più politico-ideologico (anche se a riguardo aver riportato la dichiarazione di Gindro che ritiene che la 'rivoluzionarietà dell'omosessualità non è ideologizzabile' mi sembra sacrosanto). Riguardo quest'ultimo hai passato in rassegna le varie legislazioni dei paesi in materia di diritti dei gay. E' davvero discriminante questa battaglia o è solo uno dei tanti fattori stimolanti per misurare la democrazia di uno Stato?
La battaglia per pari diritti mi pare fondamentale per la nostra vita e per la vita democratica di questo paese. E' insopportabile vivere in una società che dividia i suoi cittadini in classi A e B. Dovrebbe essere una battaglia anche per i cittadini eterosessuali che veramente abbiano a cuore la democrazia.
Ma era giusto confrontare, a riguardo, direttamente la posizione di Israele con quella della Palestina, quando si discute ancora sulla "sopravvivenza" dei due Stati?
Certamente che era giusto. Israele viene visto da molta sinistra con occhi pieni di pregiudizio. Io che conosco bene quel paese so che è una democrazia magnifica. E i territori palestinesi sono un incubo per donne e omosessuali. Andava detto e io ho cercato di dirlo.
Risposta secca, senza motivazioni: indicami un anno in cui anche in Italia i gay si sposeranno e potranno adottare dei bambini.
Fra trent'anni. Forse.
Hai in passato scritto libri di carattere sociologico (Viaggio nell'Italia gay), storico (Il caso Mortara), politico (I soliti ebrei...). Hai curato antologie di autori gay. Ma quando un tuo romanzo chessò, di genere, tipo giallo che va tanto di moda, o fantascienza?
Non sono portato per la fiction, mi manca l'estro. Preferisco il genere giornalistico, mi è più congeniale.
A proposito di antologie. L'avventura "Men on men" la ritieni terminata?
Sì, per quel che mi riguarda è finita.
E' stata subito entusiasta all'idea che lo scrivessi e poi la prima, insieme al mio compagno, a leggerne la stesura. Mi ha detto che in certi passaggi si è persino commossa e ha capito che per me era un atto di amore e di libertà.
Ma è vero che i gay di oggi sono cambiati? Che vi è un vero e proprio divario tra la generazione passata, quella pasoliniana per intenderci (lasciamela definire così più per motivazioni temporali che ideologiche) e quella attuale? E che dunque la battuta del film "Saturno contro" sul gay che si definisce frocio perché è della vecchia scuola è quanto mai pertinente?
C'è un abisso tra la persona omosessuale di trenta, quaranta, cinquant'anni fa e quella di oggi. Conosco molti 'vecchi omosessuali' e non riesco proprio a identificarmi in loro. Vivevano in un mondo ostile, spesso nemici di se stessi, obbligandosi a rapporti disuguali, fuggendo dall'affettività.
Sempre a proposito di Pasolini. Lui ce l'aveva a morte col concetto di tolleranza che riteneva una bestemmia. Tu quando parli degli atteggiamenti degli "altri" nei confronti dei gay parli di "tolleranza untuosa". E' la stessa cosa?
Direi di sì. La tolleranza mi ripugna. E' tollerante chi guarda dall'alto verso il basso. Io non sto in basso a nessuno e nessuno può permettersi di tollerarmi mentre esigo che tutti mi rispettino.
Questa è una domanda che ho fatto anche a Pievani/Castellacci, gli autori del libro "Sante ragioni" sulla posizione della Chiesa (che tu definisci la più grande organizzazione omosessuale). In un capitolo dedicato alla «cultura della vita» riferiscono della posizione del cardinale Javier Lozano Barragan che non sarebbe contrario all'uso del profilattico in una coppia dove lui fosse sieropositivo. Al di là del fatto che è una posizione decisamente "illuminata" rispetto ai dogmi di Ratzinger, non ti sembra che sia comunque cosa poverella addirittura rispetto al buon senso comune?
Non essendo cattolico ho difficoltà a esprimermi sui dettami della Chiesa. Per quel che mi riguarda facciano e dicano quel che vogliano, basta che non cerchino di imporlo a me (come invece stanno facendo).
A pag.99 dici: spesso sono stati gli omosessuali i peggiori nemici di se stessi e dei propri simili. Allora è giusta la mia impressione che all'interno del "movimento" vi è uno strisciante razzismo ed un'insofferenza verso, paradossalmente, il diverso?
E' tipico delle minoranze sviluppare sentimenti di auto-odio e gli omosessuali non fanno eccezione. Io stesso, all'inizio, quando ho scoperto di essere gay avevo delle forti pulsioni omofobe. Pensavo che tutti gli altri omosessuali fossero delle frivole finocchiette senza molto da dire. Avevo un malsano disprezzo nei confronti degli effeminati, guardavo male le trans... insomma, avevo paura di quel mondo e allora lo detestavo. Crescendo (in tutti i sensi) ho cambiato radicalmente il mio mondo pulsionale e oggi ho molti amici effeminati come ho molte amiche trans. Anche gli omosessuali, e in questo sono di nuovo uguali agli etero, sanno essere bigotti e razzisti.
Nel tuo libro ho scorto una vera e propria differenziazione tra l'aspetto più intimo del problema (la prima parte del libro) e quello più politico-ideologico (anche se a riguardo aver riportato la dichiarazione di Gindro che ritiene che la 'rivoluzionarietà dell'omosessualità non è ideologizzabile' mi sembra sacrosanto). Riguardo quest'ultimo hai passato in rassegna le varie legislazioni dei paesi in materia di diritti dei gay. E' davvero discriminante questa battaglia o è solo uno dei tanti fattori stimolanti per misurare la democrazia di uno Stato?
La battaglia per pari diritti mi pare fondamentale per la nostra vita e per la vita democratica di questo paese. E' insopportabile vivere in una società che dividia i suoi cittadini in classi A e B. Dovrebbe essere una battaglia anche per i cittadini eterosessuali che veramente abbiano a cuore la democrazia.
Ma era giusto confrontare, a riguardo, direttamente la posizione di Israele con quella della Palestina, quando si discute ancora sulla "sopravvivenza" dei due Stati?
Certamente che era giusto. Israele viene visto da molta sinistra con occhi pieni di pregiudizio. Io che conosco bene quel paese so che è una democrazia magnifica. E i territori palestinesi sono un incubo per donne e omosessuali. Andava detto e io ho cercato di dirlo.
Risposta secca, senza motivazioni: indicami un anno in cui anche in Italia i gay si sposeranno e potranno adottare dei bambini.
Fra trent'anni. Forse.
Hai in passato scritto libri di carattere sociologico (Viaggio nell'Italia gay), storico (Il caso Mortara), politico (I soliti ebrei...). Hai curato antologie di autori gay. Ma quando un tuo romanzo chessò, di genere, tipo giallo che va tanto di moda, o fantascienza?
Non sono portato per la fiction, mi manca l'estro. Preferisco il genere giornalistico, mi è più congeniale.
A proposito di antologie. L'avventura "Men on men" la ritieni terminata?
Sì, per quel che mi riguarda è finita.
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