CLASSICI
Alfredo Ronci
Date al noir quel che è di Simenon: 'La camera azzurra'.
Esiste un aneddoto sulla velocità di scrittura di Simenon. Una volta Alfred Hitchcock lo chiamò al telefono. La segretaria rispose che stava scrivendo un romanzo. 'Ok' disse il regista 'allora aspetto in linea'. Direi battuta efficace.
Certo è che ripresentare l'opera omnia dello scrittore francese è impresa ardua. Ma Adelphi pare che abbia deciso di tentarla: e poi come non crederci quando sai che il maître à penser di simile iniziativa è Roberto Calasso, l'intellettuale più fico del globo che quando lo intervistano sta sempre tre quarti e ha il tocco frisson dell'uomo di classe. Colui il quale, nonstante Simenon avesse più volte dichiarato che era fiero della facilità con cui i suoi romanzi venivano tradotti, ha ammesso di averci impiegato un intero anno per tradurne uno (ma avrà almeno sudato? Ma Calasso è umano e quindi suda?).
La camera azzurra, per fortuna (per fortuna di Calasso) è tradotto da Marina Di Leo e per quanto riguarda i suoi contenuti, per una volta tanto, sono d'accordo con la quarta di copertina firmata da Mario Fortunato. Che dice: ...forse uno dei migliori Simenon che si siano letti. Ed è quasi insopportabile per quant' è bello. Provincia francese, un amore extraconiugale per molti versi inspiegabile e famelico, pochi personaggi, rari esterni. Questi gli ingredienti. Ma nel volgere di poche pagine, lo scrittore ci fa precipitare dentro un universo di indescrivibile, ordinaria infelicità piccolo borghese... Di recente, in Inghilterra e Stati Uniti qualche sciocco si è scandalizzato che Simenon sia entrato a far parte della Pléiade. Lo inviterei a leggere subito La camera azzurra.
In realtà basterebbe pescare nel mazzo dell'incredibile attività letteraria di Simenon per rendersi conto della sua grandezza. Di più e ragioniamo per paradossi: se il noir si fosse fermato con lo scrittore francese avremmo avuto comunque del genere un ampio (se non finito) ventaglio della sua rappresentazione sociologica. Come a dire: après moi le déluge.
Mettiamo questo romanzo (prima edizione 1964): la trama anticipa di almeno vent'anni quella puttanata di film che fu Attrazione fatale con Michael Douglas e Glenn Close (attenzione però, da questa mia invettiva non parta un facile sillogismo che in questo caso sarebbe errato: La camera azzurra è grande perché indaga sottilmente nell'animo umano, il film era un'operazione, senza stile, di marketing). Ma lo anticipa semplicemente perché l'esplorazione psicologica di Simenon, nella sua corposa opera, abbraccia davvero l'intera sfera psichica degli individui e le sue 'deviazioni'.
Ma non basta: la trama è sorretta da una capacità sensoriale di catturare il centro e la periferia, il bandolo della matassa e i suoi sfilacciamenti. Riportiamo un brano esaustivo, dove accanto al 'sentire' del protagonista, interrogato dalla polizia per la morte della moglie, vi è accanto il respiro del mondo, apparentemente lontano rispetto al nucleo, in realtà fin troppo vicino per non sembrare un tutt'uno: " E allora perché mi sta interrogando per la sesta o la settima volta? Perché i giornali mi dipingono come un mostro?". Ma questo era ancora lontano. Alle Roches Noires si faceva vita da spiaggia, la bocca sempre impastata di sabbia e altra sabbia dappertutto, tra le lenzuola, sul fondo delle tasche.
Nel volgere di tre righe dunque una contrapposizione tra due mondi lontani, in realtà un'auscultazione continua dei respiri di un unico universo: fatto pure di media già affamati e alla ricerca di continui scoop e di un conflitto già aperto tra 'etnie'. Ad un certo punto il protagonista, che è di origini italiane, dopo essere stato additato dalla 'gente' come responsabile certo della morte della moglie, si dente dire che fa la parte dell'innocentino, com'era da aspettarsi. Nessuno è più bugiardo degli italiani.
Simenon andrebbe letto non solo per la sua essenzialità e per la sua preveggenza, ma anche per la raffinata esplorazione dei sentimenti e dei suoi lati oscuri. E a volte la sua arte, per chi l'affronta nella sua giusta prospettiva, funziona come uno specchio: non è difficile per il lettore 'ritrovarsi' nelle sue storie. Anche come protagonista.
L'edizione da noi considerata è:
Georges Simenon
La camera azzurra
Gli Adelphi - 2009
Certo è che ripresentare l'opera omnia dello scrittore francese è impresa ardua. Ma Adelphi pare che abbia deciso di tentarla: e poi come non crederci quando sai che il maître à penser di simile iniziativa è Roberto Calasso, l'intellettuale più fico del globo che quando lo intervistano sta sempre tre quarti e ha il tocco frisson dell'uomo di classe. Colui il quale, nonstante Simenon avesse più volte dichiarato che era fiero della facilità con cui i suoi romanzi venivano tradotti, ha ammesso di averci impiegato un intero anno per tradurne uno (ma avrà almeno sudato? Ma Calasso è umano e quindi suda?).
La camera azzurra, per fortuna (per fortuna di Calasso) è tradotto da Marina Di Leo e per quanto riguarda i suoi contenuti, per una volta tanto, sono d'accordo con la quarta di copertina firmata da Mario Fortunato. Che dice: ...forse uno dei migliori Simenon che si siano letti. Ed è quasi insopportabile per quant' è bello. Provincia francese, un amore extraconiugale per molti versi inspiegabile e famelico, pochi personaggi, rari esterni. Questi gli ingredienti. Ma nel volgere di poche pagine, lo scrittore ci fa precipitare dentro un universo di indescrivibile, ordinaria infelicità piccolo borghese... Di recente, in Inghilterra e Stati Uniti qualche sciocco si è scandalizzato che Simenon sia entrato a far parte della Pléiade. Lo inviterei a leggere subito La camera azzurra.
In realtà basterebbe pescare nel mazzo dell'incredibile attività letteraria di Simenon per rendersi conto della sua grandezza. Di più e ragioniamo per paradossi: se il noir si fosse fermato con lo scrittore francese avremmo avuto comunque del genere un ampio (se non finito) ventaglio della sua rappresentazione sociologica. Come a dire: après moi le déluge.
Mettiamo questo romanzo (prima edizione 1964): la trama anticipa di almeno vent'anni quella puttanata di film che fu Attrazione fatale con Michael Douglas e Glenn Close (attenzione però, da questa mia invettiva non parta un facile sillogismo che in questo caso sarebbe errato: La camera azzurra è grande perché indaga sottilmente nell'animo umano, il film era un'operazione, senza stile, di marketing). Ma lo anticipa semplicemente perché l'esplorazione psicologica di Simenon, nella sua corposa opera, abbraccia davvero l'intera sfera psichica degli individui e le sue 'deviazioni'.
Ma non basta: la trama è sorretta da una capacità sensoriale di catturare il centro e la periferia, il bandolo della matassa e i suoi sfilacciamenti. Riportiamo un brano esaustivo, dove accanto al 'sentire' del protagonista, interrogato dalla polizia per la morte della moglie, vi è accanto il respiro del mondo, apparentemente lontano rispetto al nucleo, in realtà fin troppo vicino per non sembrare un tutt'uno: " E allora perché mi sta interrogando per la sesta o la settima volta? Perché i giornali mi dipingono come un mostro?". Ma questo era ancora lontano. Alle Roches Noires si faceva vita da spiaggia, la bocca sempre impastata di sabbia e altra sabbia dappertutto, tra le lenzuola, sul fondo delle tasche.
Nel volgere di tre righe dunque una contrapposizione tra due mondi lontani, in realtà un'auscultazione continua dei respiri di un unico universo: fatto pure di media già affamati e alla ricerca di continui scoop e di un conflitto già aperto tra 'etnie'. Ad un certo punto il protagonista, che è di origini italiane, dopo essere stato additato dalla 'gente' come responsabile certo della morte della moglie, si dente dire che fa la parte dell'innocentino, com'era da aspettarsi. Nessuno è più bugiardo degli italiani.
Simenon andrebbe letto non solo per la sua essenzialità e per la sua preveggenza, ma anche per la raffinata esplorazione dei sentimenti e dei suoi lati oscuri. E a volte la sua arte, per chi l'affronta nella sua giusta prospettiva, funziona come uno specchio: non è difficile per il lettore 'ritrovarsi' nelle sue storie. Anche come protagonista.
L'edizione da noi considerata è:
Georges Simenon
La camera azzurra
Gli Adelphi - 2009
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