ATTUALITA'
Alfredo Ronci
Del narrare e dell'esserci: un piccolo libro da cercare.
La domanda è barbina: si può giudicare un libro senza averlo letto? La risposta è ovvia: no, non si può. Eppure, dico io, e me ne assumo tutta la responsabilità, si può.
E faccio un esempio: è uscito da pochi giorni in libreria il nuovo romanzo di Marco Mancassola La vita erotica dei superuomini (Rizzoli). Che fa di solito il lettore curioso, ma anche intelligente quando si trova davanti una nuova uscita? Legge la quarta di copertina. Bene, leggiamola insieme: In una New York luminosa e inquieta, un giornalista di origine italiana scrive reportage su quella che appare la fine di un'epoca. Gli ex-supereroi più in vista del pianeta, coloro che un tempo incarnavano una gloriosa mitologia, sono il bersaglio di una serie di clamorosi omicidi complottati, sembra, da un gruppo di fanatici. Ma cosa significano gli ambigui e quasi sentimentali biglietti d'addio ricevuti da alcuni di loro? Sotto la cronaca si nascondono trame più struggenti e carnali. Com'è possibile che Reed Richards, il supereroe dal corpo di gomma, colui che ha combattuto mille epiche battaglie e che oggi conduce una dignitosa vita da scienziato e consulente di agenzie governative, sprofondi ormai maturo in un'ossessione senza ritorno per una giovane astronauta con trentacinque anni di meno? E com'è possibile che un altro mitico ex-supereroe, il celebre Batman, sia morto in circostanze scabrose nel pieno di un delirio feticistico? E cosa dire di Mystique, la donna dalla pelle bluastra, la mutante protagonista negli anni Settanta di controverse vicende politiche, oggi divenuta una famosa comica televisiva, anche lei sull'orlo di un pericoloso precipizio fatto di ossessione e bisogno amoroso?
Lo dico spassionatamente: ve la sentireste di 'utilizzare' il vostro tempo per un romanzo con una trama del genere? Personalmente no e ne rivendico l'asserzione ... tra l'altro conosco Marco Mancassola, autore di libri tondellianamente sentiti, per nulla esposto, scusate la metafora, agli spifferi di una letteratura sempre più mercantile. Ma qui davvero siamo dalle parti del detto napoletano: passa l'angelo e dice amen, se non addirittura nell'aforisma fortiniano ... la lingua combatte dove il niente duole.
Per carità, è probabile che il libro di Mancassola sia un capolavoro e che stuzzichi folle di esegeti del nuovo Verbo giovanilistico o semi-giovanilistico (gli anni passano pure per Marco, mica solo per il sottoscritto). Ma a me non convince, a priori.
E non convince perché vi riscontro analogie con romanzi similari dove il contenuto assomiglia ad un carrello del supermercato pieno di memorialistica merceologica e del tempo che fu, che grazie a 'stilnoviani' del calibro di Nove (ora fulminati sulla strada di Damasco, anzi sulla strada della devozione mariologica) hanno rappresentato un unicum solo nel nostro paese.
Per questi motivi non leggerò il nuovo libro di Mancassola, checché se ne dica.
Ma non vorrei che qualcuno pensasse che sono allergico alle novità, alle intuizioni letterarie o al, ripeto la formuletta, dolce stil novo. Per carità, ma non mi sento nemmeno di condividere quel giudizio astruso da lettrice con la puzzetta sotto il naso di Giovanna Zucconi che, durante la prima puntata del nuovo ciclo di Che tempo che fa, alla domanda consueta di Fazio di quale libro volesse parlare, con una sicumera leziosa ed insopportabile, ha risposto: nessuno. Aggiungendo che le librerie sono piene di cose inutili e dannose.
Vero in parte: ormai si stampa di tutto (c'è anche una pubblicità in giro che ti induce a 'creare' il tuo libro con la tua foto in copertina), ma è anche notorio che se si ha pazienza e buon fiuto le cose notevoli si scovano (faccio due titoli, chissà se la madonnina del divino amore dei consigli per gli acquisti letterari televisivi non senta, un giorno, il bisogno di suggerirli: Le voci del fiume di Jaume Cabré e L'età estrema di Romano Luperini. Già ampiamente trattati da noi orchi).
E poi, per chi fa il 'mestiere' come il mio, vi è la possibilità che non solo le librerie possano essere luoghi di scoperte inaspettate, ma che anche l'attività imprenditoriale di piccolissime realtà locali, con limitatissima distribuzione, possano illuminarci con vere e proprie rivelazioni.
Sono venuto in possesso di un libro (ma non vi dico come), oserei dire importante, di un editore toscano (Edizioni Il Foglio di Piombino) che pur sommando pregi e difetti di una simile attività e nella genuina dinamica dell'individuazione del 'nome' rilevante, dimostra tuttavia la buona volontà ed il desiderio di lavorare nel segno della qualità, al contrario di chi si limita ad esternare formulette di rito da salotto letterario e televisivo e ignorando il sottobosco vitale (a proposito: Alice James, la sorella di Henry James, nel suo bellissimo diario, pubblicato anni fa da una piccola casa editrice, Nutrimenti, annotava con intuizione sopraffina: quando si riesce a sfuggire alla lettura di qualche libro che tutti leggono si prova un grande senso di superiorità. Ecco, vorrei che la Zucconi riflettesse su questo: perché non basta suggerire esempi 'alti' per sfuggire al tranello di una lettura inutile e mercantile e poi dire che ce ne sono tanti 'bassi' in giro, ma che la stessa lettura sia supportata anche da un istinto personale e sincero, al di là delle pressioni degli uffici-stampa).
Il libro a cui mi riferivo è Disorder (1) di Gianfranco Franchi (qualcuno dirà: eccoli là, pure gli orchi fanno nepotismo. Franchi ormai è un collaboratore del Paradiso!... a siffatte obiezioni rispondo dopo, ma credo di aver già anticipato in parte le conclusioni).
Lo ritengo importante perché è una sorta di pavesiano mestiere di vivere: i racconti, brevi e rapidi, alcuni di maestria assoluta, vedi Il molare è sempre alto, altri meno coinvolgenti, ma mai indifferenti, creano, nel giro di un centinaio o poco più di pagine, un ritratto dell'autore fuori davvero dagli schemi ordinari della letteratura corrente, soprattutto giovanile.
Perché Franchi, beato lui, è ancora giovane, appena trentenne e sul cui ritratto 'fisico' dettato da un'orchessa che l'ha conosciuto, vorrei indugiare un attimo: Viso largo e spigoloso, non bello ma sensibile, mobilissimo, illuminato da sguardi diabolici, squassato a tratti da risate forti, che scoprono una dentatura piccola e aguzza, che esplodono secche ma si spengono a stento, come se uno stuolo di serpentelli recalcitranti dovesse essere ricacciato in gola. Un culto della personalità vissuto senza inibizioni: non narcisismo, appunto, ma un vero culto perseguito con metodica fatica, e perfino con autodisciplina. Un'ascetica canaglia.
Ma al di là dell'argutissima facezia 'lombrosiana' vorrei soffermarmi sulle qualità narrative dello scrittore e sulla sua inusuale, e davvero insisto sul termine inusuale', capacità di mettersi in discussione e di fare di sé carne da esporre al lettore. Si intravede nella sua scrittura, già dall'inizio, l'arte di esplicitarsi attraverso la parola mai banale e scontata: Sappiatelo o miei futuri padroni: chi vi scrive è nato quando il mondo ebbe tre papi – il terzo era quello buono – e non esclude che in questa sua nascita si nasconda e s'annidi un segno del destino. (Pag. 12).
Destino che crediamo tuttavia laico pur se animato da istinti interventisti che possono spiazzare: Italia, dammi una guerra e un fucile. Fammi crepare al fronte. Pericolo di vita è riflessione sulla vita. (Pag.107).
Oserei dire impianto fascistico dell'esistenza: ma uno specchietto per le allodole. Franchi disegna la propria esistenza sulla capacità e sull'essenza della propria scrittura. Non si spiegherebbero altrimenti certi passaggi come : voglio dilapidare ogni eredità diversa da quella letteraria (Pag.53). oppure: ...scrivere non è peccato: soltanto è un vizio che t'ammazza.
Si rifletteva proprio su questo, recentemente, con uno scrittore che fino a ieri faceva l'editor e ora sembra essersi in parte sconfessato: Luigi Bernardi. Ad una mia domanda sull'arte del narrare (che presto vedrete in un'intervista pubblicata sul paradiso) rispondeva: Lo scrittore osserva, spia, ascolta, rimane in silenzio, si lascia elettrizzare dai cortocircuiti epifanici. Non è scrittore solo davanti alla tastiera: nei pensieri non smette mai di scrivere. Lo scrittore ha la testa piena di storie che non racconterà, taccuini pieni di frasi che non saranno pubblicate. Se così non fosse, non sarebbe uno scrittore, sarebbe uno al quale capita di scrivere libri.
Ecco dunque la differenza tra Franchi e gli altri: chi scrive libri e chi vive per scrivere.
Vorrei ulteriormente chiarire: quel che io ho finora riportato sono estratti, al limite dell'aforisma (ecco dunque anche l'allaccio al pavesiano mestiere di vivere). Ma Disorder (sottotitolo joydivisiano e puttanescamente giovanilistico: Unknown pleasures) ha una sua logica coerenza, è un libro che attraversa fasi e storie, che racconta di amori e delusioni, che s'innesta facilmente nella quotidianità.
Franchi dunque non è un astratto (Odio il fisco almeno quanto i Cannibali, la Lazio e Muccino. Cristo) anche se ha il difetto – ed è dei poeti, più che dei prosatori – di rendere la materia ad un passo dall'astrazione in versi. Se riuscisse a sfrangiare le sue parole e ad alleggerirle dall'insostenibile pesantezza dello 'scandito' poetico avremmo da lui il libro da consegnare ai posteri.
Dice ancora di sé scherzando e autocensurandosi: Quindi non vi ammorberò con la storia della mia vita – la letteratura contemporanea è infestata dalla narrazione in prima persona di eventi più o meno realmente autobiografici, e poco cambia la mia testimonianza, in questo senso. (Pag. 31).
Ma è proprio nella scansione in prima persona che sta il bello e l'essenziale di questo libro. Che mi andrebbe di consigliare a chi crede ancora nelle passioni (si può resistere alla bellezza di questo passaggio?: Quale passione può avere chi altro non è che: passione?) a chi crede ancora nelle capacità espressive della nostra lingua (S'avvicinano due ragazzi – marinare è verbo docile...).
Lo consiglierei a chi crede che le librerie siano piene di libri inutili. Ma il problema è che Disorder ha difficoltà ad entrare in libreria (è anche del 2006).
Cercatelo però: basta questo per scansare l'accusa di nepotismo?
(1) Gianfranco Franchi – Disorder, Unknown pleasures – Edizioni Il Foglio - 2006
E faccio un esempio: è uscito da pochi giorni in libreria il nuovo romanzo di Marco Mancassola La vita erotica dei superuomini (Rizzoli). Che fa di solito il lettore curioso, ma anche intelligente quando si trova davanti una nuova uscita? Legge la quarta di copertina. Bene, leggiamola insieme: In una New York luminosa e inquieta, un giornalista di origine italiana scrive reportage su quella che appare la fine di un'epoca. Gli ex-supereroi più in vista del pianeta, coloro che un tempo incarnavano una gloriosa mitologia, sono il bersaglio di una serie di clamorosi omicidi complottati, sembra, da un gruppo di fanatici. Ma cosa significano gli ambigui e quasi sentimentali biglietti d'addio ricevuti da alcuni di loro? Sotto la cronaca si nascondono trame più struggenti e carnali. Com'è possibile che Reed Richards, il supereroe dal corpo di gomma, colui che ha combattuto mille epiche battaglie e che oggi conduce una dignitosa vita da scienziato e consulente di agenzie governative, sprofondi ormai maturo in un'ossessione senza ritorno per una giovane astronauta con trentacinque anni di meno? E com'è possibile che un altro mitico ex-supereroe, il celebre Batman, sia morto in circostanze scabrose nel pieno di un delirio feticistico? E cosa dire di Mystique, la donna dalla pelle bluastra, la mutante protagonista negli anni Settanta di controverse vicende politiche, oggi divenuta una famosa comica televisiva, anche lei sull'orlo di un pericoloso precipizio fatto di ossessione e bisogno amoroso?
Lo dico spassionatamente: ve la sentireste di 'utilizzare' il vostro tempo per un romanzo con una trama del genere? Personalmente no e ne rivendico l'asserzione ... tra l'altro conosco Marco Mancassola, autore di libri tondellianamente sentiti, per nulla esposto, scusate la metafora, agli spifferi di una letteratura sempre più mercantile. Ma qui davvero siamo dalle parti del detto napoletano: passa l'angelo e dice amen, se non addirittura nell'aforisma fortiniano ... la lingua combatte dove il niente duole.
Per carità, è probabile che il libro di Mancassola sia un capolavoro e che stuzzichi folle di esegeti del nuovo Verbo giovanilistico o semi-giovanilistico (gli anni passano pure per Marco, mica solo per il sottoscritto). Ma a me non convince, a priori.
E non convince perché vi riscontro analogie con romanzi similari dove il contenuto assomiglia ad un carrello del supermercato pieno di memorialistica merceologica e del tempo che fu, che grazie a 'stilnoviani' del calibro di Nove (ora fulminati sulla strada di Damasco, anzi sulla strada della devozione mariologica) hanno rappresentato un unicum solo nel nostro paese.
Per questi motivi non leggerò il nuovo libro di Mancassola, checché se ne dica.
Ma non vorrei che qualcuno pensasse che sono allergico alle novità, alle intuizioni letterarie o al, ripeto la formuletta, dolce stil novo. Per carità, ma non mi sento nemmeno di condividere quel giudizio astruso da lettrice con la puzzetta sotto il naso di Giovanna Zucconi che, durante la prima puntata del nuovo ciclo di Che tempo che fa, alla domanda consueta di Fazio di quale libro volesse parlare, con una sicumera leziosa ed insopportabile, ha risposto: nessuno. Aggiungendo che le librerie sono piene di cose inutili e dannose.
Vero in parte: ormai si stampa di tutto (c'è anche una pubblicità in giro che ti induce a 'creare' il tuo libro con la tua foto in copertina), ma è anche notorio che se si ha pazienza e buon fiuto le cose notevoli si scovano (faccio due titoli, chissà se la madonnina del divino amore dei consigli per gli acquisti letterari televisivi non senta, un giorno, il bisogno di suggerirli: Le voci del fiume di Jaume Cabré e L'età estrema di Romano Luperini. Già ampiamente trattati da noi orchi).
E poi, per chi fa il 'mestiere' come il mio, vi è la possibilità che non solo le librerie possano essere luoghi di scoperte inaspettate, ma che anche l'attività imprenditoriale di piccolissime realtà locali, con limitatissima distribuzione, possano illuminarci con vere e proprie rivelazioni.
Sono venuto in possesso di un libro (ma non vi dico come), oserei dire importante, di un editore toscano (Edizioni Il Foglio di Piombino) che pur sommando pregi e difetti di una simile attività e nella genuina dinamica dell'individuazione del 'nome' rilevante, dimostra tuttavia la buona volontà ed il desiderio di lavorare nel segno della qualità, al contrario di chi si limita ad esternare formulette di rito da salotto letterario e televisivo e ignorando il sottobosco vitale (a proposito: Alice James, la sorella di Henry James, nel suo bellissimo diario, pubblicato anni fa da una piccola casa editrice, Nutrimenti, annotava con intuizione sopraffina: quando si riesce a sfuggire alla lettura di qualche libro che tutti leggono si prova un grande senso di superiorità. Ecco, vorrei che la Zucconi riflettesse su questo: perché non basta suggerire esempi 'alti' per sfuggire al tranello di una lettura inutile e mercantile e poi dire che ce ne sono tanti 'bassi' in giro, ma che la stessa lettura sia supportata anche da un istinto personale e sincero, al di là delle pressioni degli uffici-stampa).
Il libro a cui mi riferivo è Disorder (1) di Gianfranco Franchi (qualcuno dirà: eccoli là, pure gli orchi fanno nepotismo. Franchi ormai è un collaboratore del Paradiso!... a siffatte obiezioni rispondo dopo, ma credo di aver già anticipato in parte le conclusioni).
Lo ritengo importante perché è una sorta di pavesiano mestiere di vivere: i racconti, brevi e rapidi, alcuni di maestria assoluta, vedi Il molare è sempre alto, altri meno coinvolgenti, ma mai indifferenti, creano, nel giro di un centinaio o poco più di pagine, un ritratto dell'autore fuori davvero dagli schemi ordinari della letteratura corrente, soprattutto giovanile.
Perché Franchi, beato lui, è ancora giovane, appena trentenne e sul cui ritratto 'fisico' dettato da un'orchessa che l'ha conosciuto, vorrei indugiare un attimo: Viso largo e spigoloso, non bello ma sensibile, mobilissimo, illuminato da sguardi diabolici, squassato a tratti da risate forti, che scoprono una dentatura piccola e aguzza, che esplodono secche ma si spengono a stento, come se uno stuolo di serpentelli recalcitranti dovesse essere ricacciato in gola. Un culto della personalità vissuto senza inibizioni: non narcisismo, appunto, ma un vero culto perseguito con metodica fatica, e perfino con autodisciplina. Un'ascetica canaglia.
Ma al di là dell'argutissima facezia 'lombrosiana' vorrei soffermarmi sulle qualità narrative dello scrittore e sulla sua inusuale, e davvero insisto sul termine inusuale', capacità di mettersi in discussione e di fare di sé carne da esporre al lettore. Si intravede nella sua scrittura, già dall'inizio, l'arte di esplicitarsi attraverso la parola mai banale e scontata: Sappiatelo o miei futuri padroni: chi vi scrive è nato quando il mondo ebbe tre papi – il terzo era quello buono – e non esclude che in questa sua nascita si nasconda e s'annidi un segno del destino. (Pag. 12).
Destino che crediamo tuttavia laico pur se animato da istinti interventisti che possono spiazzare: Italia, dammi una guerra e un fucile. Fammi crepare al fronte. Pericolo di vita è riflessione sulla vita. (Pag.107).
Oserei dire impianto fascistico dell'esistenza: ma uno specchietto per le allodole. Franchi disegna la propria esistenza sulla capacità e sull'essenza della propria scrittura. Non si spiegherebbero altrimenti certi passaggi come : voglio dilapidare ogni eredità diversa da quella letteraria (Pag.53). oppure: ...scrivere non è peccato: soltanto è un vizio che t'ammazza.
Si rifletteva proprio su questo, recentemente, con uno scrittore che fino a ieri faceva l'editor e ora sembra essersi in parte sconfessato: Luigi Bernardi. Ad una mia domanda sull'arte del narrare (che presto vedrete in un'intervista pubblicata sul paradiso) rispondeva: Lo scrittore osserva, spia, ascolta, rimane in silenzio, si lascia elettrizzare dai cortocircuiti epifanici. Non è scrittore solo davanti alla tastiera: nei pensieri non smette mai di scrivere. Lo scrittore ha la testa piena di storie che non racconterà, taccuini pieni di frasi che non saranno pubblicate. Se così non fosse, non sarebbe uno scrittore, sarebbe uno al quale capita di scrivere libri.
Ecco dunque la differenza tra Franchi e gli altri: chi scrive libri e chi vive per scrivere.
Vorrei ulteriormente chiarire: quel che io ho finora riportato sono estratti, al limite dell'aforisma (ecco dunque anche l'allaccio al pavesiano mestiere di vivere). Ma Disorder (sottotitolo joydivisiano e puttanescamente giovanilistico: Unknown pleasures) ha una sua logica coerenza, è un libro che attraversa fasi e storie, che racconta di amori e delusioni, che s'innesta facilmente nella quotidianità.
Franchi dunque non è un astratto (Odio il fisco almeno quanto i Cannibali, la Lazio e Muccino. Cristo) anche se ha il difetto – ed è dei poeti, più che dei prosatori – di rendere la materia ad un passo dall'astrazione in versi. Se riuscisse a sfrangiare le sue parole e ad alleggerirle dall'insostenibile pesantezza dello 'scandito' poetico avremmo da lui il libro da consegnare ai posteri.
Dice ancora di sé scherzando e autocensurandosi: Quindi non vi ammorberò con la storia della mia vita – la letteratura contemporanea è infestata dalla narrazione in prima persona di eventi più o meno realmente autobiografici, e poco cambia la mia testimonianza, in questo senso. (Pag. 31).
Ma è proprio nella scansione in prima persona che sta il bello e l'essenziale di questo libro. Che mi andrebbe di consigliare a chi crede ancora nelle passioni (si può resistere alla bellezza di questo passaggio?: Quale passione può avere chi altro non è che: passione?) a chi crede ancora nelle capacità espressive della nostra lingua (S'avvicinano due ragazzi – marinare è verbo docile...).
Lo consiglierei a chi crede che le librerie siano piene di libri inutili. Ma il problema è che Disorder ha difficoltà ad entrare in libreria (è anche del 2006).
Cercatelo però: basta questo per scansare l'accusa di nepotismo?
(1) Gianfranco Franchi – Disorder, Unknown pleasures – Edizioni Il Foglio - 2006
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