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CLASSICI

Giovanna Repetto

Disavventure della ragione nell’Italia di fine ottocento: ‘Malombra’ di Antonio Fogazzaro.

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Se qualcuno ha presente il quadro ‘Villa sul mare’ di Boecklin (1865) non può fare a meno di associarlo a Malombra, anche se qui si tratta di un lago, non specificato ma identificabile con il lago del Segrino, nei pressi di Como. Accomuna le due opere l’ineluttabilità degli elementi scatenati a fronte della fragile figura femminile addossata all’antico edificio, la sensazione di lugubre comunione fra l’edificio stesso e la natura selvaggia, e infine il senso del fatale compiersi di un destino che, come la tempesta, rende vana ogni barriera frapposta dalla ragione e dalla volontà. È, questo romanzo del 1881, una storia di passioni che con più efficacia di un trattato affronta l’eterna dicotomia fra razionale e irrazionale, fra determinismo e libero arbitrio, fra scienza e fede. Problematiche che scaturiscono dalla personalità tormentata di Fogazzaro e, nello stesso tempo, dalle istanze del suo ambiente sociale, vale a dire la borghesia liberale di fine ottocento. Cattolico e darwinista, interessato al ‘modernismo’ che auspicava un rinnovamento della chiesa, eppure pronto a sottomettersi alla gerarchia, Fogazzaro impregna l’intero romanzo di questa dialettica. E qualche volta, nel dare voce al moralismo di certi personaggi, eccede lui stesso nello sfoggio di una pedanteria che rallenta la dinamica della storia. Per fortuna c’è lo straordinario personaggio di Marina in cui si esprimono momenti di felicissima ispirazione. Marina, la marchesina colta, spregiudicata e indipendente che al suo presentarsi appare determinata ad esercitare nel modo più libero la propria volontà, e che finisce per soggiacere senza scampo alla suggestione di un messaggio dall’Oltretomba. Arrivata alla villa dello zio che è uno dei pochi parenti rimasti, vi porta l’impronta di una spiccata personalità che mette in subbuglio regole e tradizioni. Sembra che debba infondere all’ambiente austero un soffio di nuova vita, ma il ritrovamento di un manoscritto colpisce profondamente la sua immaginazione. Marina, marchesa di Malombra, viene dunque soggiogata dalla mala ombra di una sposa che ha trascorso nell’edificio i suoi ultimi giorni da pazza e da reclusa. Accanto a lei Corrado Silla, figura che l’Autore stesso ammette essere autobiografica, accentra in sé tutti i nodi della contraddizione. Scrittore di grandi ambizioni e di modesto talento, Corrado smania nel perseguimento di nobili ideali senza riuscire a liberarsi dalle sue piccole vigliaccherie e meschinità. Combattuto fra istinto e ragione, e mancando della tempra per dare concretezza alle sue ambizioni, è sempre tentato dall’abisso dove conoscerebbe almeno la grandiosità del male e l’eroismo dell’auto annientamento. Molti sono i comprimari, che sarebbe lungo elencare, tratteggiati con grande finezza psicologica. Ma le più belle sorprese vengono dalla freschezza delle figure minori, animate da coloriture popolaresche. Delizioso è per esempio il dialogo fra la cugina del conte, ospite al palazzo insieme al figlio aspirante alla mano di Marina, con la sua domestica personale che la sta vestendo e intanto l’aggiorna sui pettegolezzi raccolti fra la servitù locale.
   … Sa, Eccellenza, cosa si capisce? Che qui padroni e servitori, con buon rispetto parlando, son tutti cani e gatti.
   - Dimmi, dimmi. Quest’altra calza, siora sempia! Dimmi, dimmi. Non c’è male queste gambe ancora, ah?
   - Eh, Eccellenza, quante sposine vorrebbero…!
   - Sì, dimmi, vecia, conta su. Cani e gatti, ah?
   - Eh, cani e gatti, Eccellenza. Il signor conte e la signora Marchesina non si possono vedere. La si appoggi a me. Piano, Eccellenza, piano che il letto è alto. Quando si guardano pare che si vogliano mangiare. Così ci ha detto il cuoco a Momolo…
   Un notevole potere di suggestione è affidato agli aspetti naturalistici, con una puntuale corrispondenza di atmosfere, tutta romantica, fra paesaggi naturali e paesaggi interiori. Questo aspetto raggiunge il culmine nella descrizione dell’Orrido come di un abisso di forze ignote e terribili, contrappunto alle forze irrazionali che squassano la psiche umana. Ma non è un momento isolato: in tutto il romanzo sono disseminati quadretti che scandiscono, come l’accompagnamento in un brano musicale, il manifestarsi degli umori e delle passioni.  
   …il lago cominciava laggiù a fremere, a picchiettarsi di brevi macchie scure. Queste corsero avanti spandendosi rapidamente, si confusero in una sola striscia rugosa, in una fila di ondicine tremole (…) bisbigliando lungo le sponde. E in queste sponde solitarie (…) era un arcano raccoglimento pieno di pensieri gravi, d’intimi colloqui sommessi, una quiete di chiostro in cui l’aria e le pietre parlano di alti misteri e di occulte passioni.

L’edizione da noi considerata è:
Antonio Fogazzaro
Malombra
Salani – 1925



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