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Il Paradiso degli Orchi
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DE FALSU CREDITU

Matilde Sertao

E le treppe son divine

Maracondo Editore, Pag. 190 Euro 15,00
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Un evento. La riscoperta di questo romanzo "ecumenico", spartano ed essenziale già dalla copertina, dell'allora giovanissima scrittrice romana di Settecorone (aveva diciannove anni quando il libro fu pubblicato) ha fatto gridare al miracolo.

Detto così potrebbe sembrare una canzonatura (se ne risentirebbe pure il Santo Padre, che in occasione di un'udienza del mercoledì, tra le righe del suo discorso a favore della famiglia, ha elogiato l'intuizione dottrinale della Sertao attraverso il detto lucreziano accidere ex una scintilla incendia passim), in realtà siamo di fronte ad un accadimento di assoluta portata letteraria.

Pubblicato nel 1938 da una piccola casa editrice di Verrecchie, il testo trovò però l'immediato plauso di Giovanni Battista Montini, il futuro Paolo VI, allora semplicemente sostituto della Segreteria di Stato pontificia, e inaspettatamente, del segretario nazionale del partito fascista Achille Starace che, pur in odor di leggi razziali (erano stati già varati i primi provvedimenti nel giugno di quello stesso anno) e quindi di probabili scontri con le gerarchie ecclesiastiche, ebbe a dichiarare: Vi si respira un'aura di santità celeste, d'innocenza e candida propensione al martirio. La Sertao è donna di fascistissimo rigore. Viva Il Duce!

Il romanzo, supportato, ahinoi, da scarse forze imprenditoriali (l'editrice Trinity press di Verrecchie, trasformata per esigenze autarchiche in Stampa della Trinità, era davvero espressione limitata di un circoscritto numero di fedeli della chiesa del Sacro Cuore Umano e Disumano), trovò tuttavia larghissima diffusione presso tutte le parrocchie del Regno, ottenendo in breve tempo apprezzamenti, riconoscimenti e stima di alte figure dell'intellettualismo, e non solo, dell'epoca.

Vi si narra la vicenda e la resistenza di Derelitta Solfiti, ragazzina di appena tredici anni, che, nonostante una malformazione cardiaca per i tempi assolutamente incurabile, durante la processione al Santuario della Santissima Trinità di Vallepietra, sul ripiano occidentale del Monte Autore, sospinta da un ardore e da un coraggio sovrumani, trova la forza di affrontare i diciassette chilometri del percorso, appoggiandosi solo ad un bastone di legno, fino al sacrifizio finale.

Ma il romanzo, pur nel suo tragico manifestarsi, tuttavia brilla di sapide ricamature: come negli inserti osannanti delle prefiche al grido improvviso di Viva sant'Anna! , peraltro con l'aggiunta di braccia tese che, nell'immaginario fascista dell'epoca, assumevano segni e significati di tutt'altra portata. O nella strofa che dà il titolo al romanzo che, alle orecchie della vergine ed ingenua ragazzina assumono il significato di una palilalia incomprensibile e che nella realtà sono un giubilante atto di ossequio e dono al mistero della Santissima Trinità (la poverina scambia la strofa E le tre person divine, per ignoranza metrica in E le treppe son divine - ma in questo vi si scorge il sugello di un'anima candida e assolutamente innocente).

Matilde Sertao dunque, e grazie all'interessamento di una casa editrice laziale, pur'essa piccola, ma dotata di ben altri mezzi, ci consegna una testimonianza vivida, per il lettore comune irrinunciabile, che pur segnando un'epoca che non è più, (e che vuol dire? Esistono forse i contadini di Trezza, eppure I Malavoglia rimane un romanzo-capolavoro) consegna istanze e riflessioni che, in una società come l'attuale, hanno comunque bisogno di estrinsecarsi.

Il martirio di Derelitta Solfiti, giunta morente sullo spiazzo antistante il Santuario (l'eroica impresa fu paragonata da qualcuno, all'uscita del romanzo, allo strazio, allora non riconosciuto ufficialmente, di Dorando Petri alle Olimpiadi di Londra del 1908 all'arrivo della maratona) rimane testimonianza ineguagliabile dell'attaccamento ad una fede che, lo psicologo Alessandro Meluzzi, nell'accurata prefazione, definisce giustamente infinita nella sua eterna inviolabilità.





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