INTERVISTE
Enrico Baraldi

"Psicofarmaci agli psichiatri" non è il suo primo lavoro dedicato alle problematiche e agli inganni psichiatrici. Ma ha sbagliato mestiere o il suo è un tentativo di rendere più umana una scienza troppo spesso nell'occhio del ciclone?
Gianna, la paziente che più da vicino ha ispirato la figura della Ketti del romanzo e cioè della paziente contestatrice in grado di mettere in crisi l'intero sistema psichiatrico, ama chiamarmi "Psichiatra pentito". E io le rispondo in uno scambio di battute che ormai è diventato un classico : "Sì, pentito di averla conosciuta!" In realtà non credo proprio di avere sbagliato mestiere, anzi forse sì, a volte mi capita di pensarlo, quando devo per motivi istituzionali o per prudenza o per comodo fare lo psichiatra come comunemente si intende. Ma più in generale penso che abbiano sbagliato mestiere gli psichiatri classificatori, prescrittori ed elettroshoccari, gli psichiatri che si rifugiano nella laurea in medicina per convincersi che una sofferenza dell'anima sia uguale ed ugualmente trattabile come una malattia delle ossa o dei denti. Ma io credo davvero, come dice Ketti, che "non possono esistere persone autorizzate a occuparsi delle sofferenze dello spirito altrui solo perché sono laureate in medicina. Un conto è una malattia del corpo, un conto quello che c'è di normale o no nell'anima delle persone..."
Onestamente, possono convivere, in questo nuovo millennio, medici, come Giovanni Rossi che non prescrive psicofarmaci da diciassette anni e Cassano che ricorre ancora oggi all'elettroshock?
Giovanni Rossi nella sua postfazione a Psicofarmaci agli psichiatri, ricordando una sua esperienza sulle Ande venezuelane, sottolinea che è libero di non usare gli psicofarmaci solo chi li ha a disposizione. Nel corso del romanzo il Dottore dell'isola di Itamaracà afferma: "I farmaci in psichiatria sono indispensabili in certe limitate situazioni". Quello che non è sostenibile è promuovere la "disumanizzazione totale della psichiatria, l'anestesia della vita affettiva, il controllo dei sentimenti e dei pensieri": e questo è l'obiettivo che, sempre nel romanzo, viene sostenuto dal professor Saccani, uno psichiatra ostaggio delle multinazionali del farmaco. Ma si ha l'impressione che nella realtà stessa esista una forte tendenza della psichiatria attuale a spingersi in questa direzione, soprattutto a livello universitario e di strutture private. Forse però è l'intera società occidentale che spinge in questo senso e la psichiatria, che deve fare "mercato", non fa che adeguarsi. Non sto giustificando questa tendenza, la sto solo inquadrando in una deriva disumanizzante e oggettivizzante che coinvolge un po' tutto.
Cito dal suo libro: ritengo che alla distanza vada contrapposta la vicinanza, che lo scambio di emozioni e di gesti empatici sia più efficace del rapporto asimmetrico tra medico e paziente, che non esiste possibilità di fare terapia senza la convinzione che ciascuno di noi può imparare molto dai suoi malati. Ci commenti il passo.
E lo commento proseguendo il discorso appena lasciato. Sono convinto che il rapporto personale con una persona che manifesta una sofferenza psichica dovuta a una crisi esistenziale o allo sconvolgimento di una malattia come la schizofrenia, sia un'esperienza di straordinario arricchimento oltre ad essere l'unica vera possibilità di cura. Come il Dottore dell'isola di Itamaracà ricorda, un grande psicoanalista inglese, Donald Winnicott, dedicò uno dei suoi libri proprio ai suoi pazienti perchè "lo avevano pagato per insegnargli". Mi sembra evidente che il rapporto tra curante e paziente non debba considerarsi in una dimensione up-down, cioè con uno sopra a pontificare e uno sotto a imparare, ma come uno scambio in cui alla cosiddetta "giusta distanza terapeutica" vada sostituita la possibilità di una cura fraterna. E queste due parole "cura fraterna" credo siano il messaggio più importante che Psicofarmaci agli psichiatri si propone di trasmettere.
Un vecchio motto dell'industria farmaceutica dice: E' bene avere una pillola che cura la malattia, ma è ancora meglio avere una pillola che va presa tutti i giorni.
Beh, quello che penso dell'industria farmaceutica è abbastanza evidente se si considera chi, nella trama di Psicofarmaci agli psichiatri riveste il ruolo del killer senza scrupoli. D'altra parte quando si pensa che l'espansione del mercato dell'ansia porta a profitti di alcuni miliardi di dollari l'anno è abbastanza scontato che interessi così enormi inducano comportamenti privi di scrupoli. E può anche essere che sostanze farmaceutiche decisive per l'umanità vengano tenute nascoste per interessi economici (d'altra parte sappiamo che esiste l'auto che non inquina, ma viene tenuta segreta perchè non è conveniente commercializzarla).
D'altronde i sieropositivi caricano la sveglia per avvelenarsi giornalmente...
Sì può essere, però non generalizziamo. Ci sono scienziati che con le loro scoperte hanno cambiato il destino dell'umanità e la ricerca scientifica ha un'importanza straordinaria. La stessa rivoluzione della psichiatria avvenuta con la Legge 180 in Italia deve molto ai farmaci introdotti negli anni 50 che consentono la gestione degli episodi di crisi in modo efficace e umano. Ricordo che quando si diffusero i primi casi di AIDS frequentavo come volontario una comunità di tossicodipendenti e ricordo come i ragazzi che si ritrovarono sieropositivi fossero terrorizzati. Oggi li incontro cresciuti e maturati, è vero, fortemente condizionati da assunzioni di farmaci ripetute nella giornata, ma comunque vivi.
Domanda forse non attualissima, ma legata in qualche modo alle precedenti. Non ritiene che il tentativo del dottor Sacks di risvegliare i suoi pazienti e per il quale è diventato famoso in tutto il mondo, sia stato in realtà un fallimento clamoroso?
Se ci riferiamo alla transitorietà dei "risvegli" che il dottor Sacks aveva ottenuto sui suoi pazienti affetti da Encefalite letargica (malattia del sonno) sì, in effetti non ci fu nessuna guarigione definitiva e il tentativo di cura fallì. Ma se consideriamo l'insegnamento di non dare per perso nessun malato, di non dare per scontato che "tanto non capisce, non è in grado di reagire, non ha sentimenti", allora l'esperienza che il libro prima e il film poi ci trasmettono è comunque straordinaria. D'altra parte i pazienti stessi nei loro risvegli raccontavano di essersi sempre sentiti vivissimi e straziati dall'impossibilità di esternare pensieri e sentimenti. E se così fosse anche per tanti pazienti, per tanti "diversi" che diamo per spacciati e irrecuperabili e che invece dietro al loro mondo murato vivono il dramma dell'incapacità a comunicare? In questo senso allora il tentativo del dottor Sacks è l'esempio vincente della necessità della speranza anche dove sembra esserci soltanto la notte encefalitica e questo è un successo comunque vada a finire.
Diamo il Ritalin ai bambini troppo vivaci, e il Prozac a quelli troppo tranquilli. In Usa ormai la prassi sembra consolidata, ma in Italia?
In Italia (e in Europa) siamo come sempre velocissimi, ahinoi, ad adeguarci alle cattive abitudini americane, convinti che facciano moda... E' recente l'autorizzazione fatta dall'AIFA, l'Agenzia Italiana per il Farmaco, recependo una delibera europea, per l'uso del Prozac in età pediatrica. Questa segue l'autorizzazione all'uso del Ritalin, un potente psicofarmaco, per i bambini affetti dalla cosiddetta Sindrome da deficit di attenzione e da iperattività. Il dottor Cancrini ha così commentato: "La diffusione acritica degli antidepressivi sui bambini è un grande rischio per la salute mentale delle nuove generazioni". E Luca Poma portavoce nazionale di "Giù le Mani dai Bambini" ha osservato "E' davvero scandaloso che si possa presumere di risolvere il disagio profondo di un minore medicalizzandolo con una pastiglia di Prozac. Una volta di più, si conferma la contiguità dell'industria farmaceutica con le istituzioni sanitarie: l'Agenzia Europea del Farmaco dipende infatti non già dalla Direzione Generale Sanità, come sarebbe auspicabile, bensì dalla Direzione Generale Industria".
E' allora evidente il bisogno delle industrie dei farmaci di ampliare il loro mercato e questa necessità viene molto prima delle evidenze di efficacia e, soprattutto, della garanzia di mancanza di effetti collaterali. Nel romanzo Psicofarmaci agli psichiatri questo piccolo cenno all'uso ingiustificato dei farmaci per la mente sui bambini riassume in maniera molto stringata quanto potete trovare ampiamente documentato ai siti www.giulemanidaibambini.org e www.forumsalutementale.it all'argomento "psicofarmaci". In giulemanidaibambini vi raccomando in modo particolare le "brevi storie di minori stroncati dall'abuso di psicofarmaci".
Cos'è questa storia che i malati cronici nelle cliniche o nei manicomi non vengono mai "rilasciati" perché sono mano d'opera a basso costo?
Questa è un'affermazione che il Dottore dell'isola di Itamaracà propone per dimostrare quanto i pregiudizi influenzino l'andamento della malattia mentale e di come spesso i pregiudizi si basino proprio sugli interessi. La storia della malattia mentale per molto tempo ha coinciso con la storia dei manicomi e oggi possiamo documentare quanto l'andamento della schizofrenia, ad esempio, sia molto diverso quando venga curata in un contesto extraistituzionale. E la storia dei manicomi, come quella di tutte le istituzioni totali, come i carceri, le caserme e i collegi, è incredibile. Al loro interno avvengono dinamiche che hanno prima di tutto l'obiettivo di mantenere in vita l'istituzione stessa e non l'interesse delle persone. I manicomi hanno da sempre rappresentato una grande fonte di potere, di interessi economici e di sfruttamento, per cui è sostenibile che nessuno avesse tanto interesse a dimettere i pazienti che erano, per l'appunto, solo un ingranaggio nel mantenimento dell'istituzione stessa.
Lei è direttore artistico di "Rete 180, la voce di chi sente le voci". Ce ne parla?
Psicofarmaci agli psichiatri pur non trattando dell'esperienza di Rete 180, la radio costituita da pazienti con disturbi mentali nata nel Servizio psichiatrico di Mantova, ne risente di una grande influenza tanto che il romanzo è dedicato proprio ai redattori di Rete 180. Più che parlare di questa radio, che si ispira alla mitica Radio La Colifata di Buenos Aires, vi invito ad ascoltarla 24 ore su 24 al sito www.rete180.it. Da parte mia posso solo ribadire che questa esperienza ha cambiato il mio modo di fare lo psichiatra: coi redattori-pazienti (e vi posso assicurare che si tratta di persone con gravi disturbi mentali e veri professionisti della comunicazione radiofonica) il rapporto non è più frontale, cioè quello tipico di un medico che guarda in faccia il suo paziente per scrutarlo, indagarlo e, nel migliore dei casi proporgli il suo aiuto, ma è diventato un rapporto di affiancamento. Questo significa che nella redazione della radio, quotidianamente, si crea uno scambio di competenze riferibili al contesto in cui si opera: in questo scambio il rapporto di vicinanza tra operatori e pazienti diventa particolare e rivoluzionario. Insieme si condivide un comune obiettivo, un comune orizzonte, un comune futuro. Alcune figure straordinarie che compongono la trama di Psicofarmaci agli psichiatri mi sono state ispirate dai redattori di Rete 180 che, anche qui, mi sente in dovere di ringraziare.
Un libro sul suo comodino che non sia legato al suo lavoro.
Senz'altro Cent'anni di solitudine che ha il respiro delle grandi storie, da quelle di Omero a quelle dei grandi narratori russi riuscendo a mantenere una leggerezza narrativa esemplare. Però, a ben pensarci, è un libro legato al mio lavoro: considero le vicende ambientate a Macondo descrizioni perfette di storie di follia e, di più, il modo in cui scorre la vita nella città creata da Marquez, il miglior trattamento terapeutico possibile per così tanti matti tutti insieme. Perciò devo passare al libro che sul mio comodino sta sotto Cent'anni di solitudine che è Il piccolo principe: la storia della rosa che è la tua rosa e che è più bella e diversa da tutte le altre per il fatto che è tua è davvero straordinaria. L'indicazione di questi due libri può sembrare una scelta banale o troppo semplice, ma mi convinco sempre più che nella semplicità ci stiano le cose più importanti e che in superficie ci stia la vera profondità. E per mia fortuna questa è una citazione importante e profonda (viene da Nietzsche!).
Gianna, la paziente che più da vicino ha ispirato la figura della Ketti del romanzo e cioè della paziente contestatrice in grado di mettere in crisi l'intero sistema psichiatrico, ama chiamarmi "Psichiatra pentito". E io le rispondo in uno scambio di battute che ormai è diventato un classico : "Sì, pentito di averla conosciuta!" In realtà non credo proprio di avere sbagliato mestiere, anzi forse sì, a volte mi capita di pensarlo, quando devo per motivi istituzionali o per prudenza o per comodo fare lo psichiatra come comunemente si intende. Ma più in generale penso che abbiano sbagliato mestiere gli psichiatri classificatori, prescrittori ed elettroshoccari, gli psichiatri che si rifugiano nella laurea in medicina per convincersi che una sofferenza dell'anima sia uguale ed ugualmente trattabile come una malattia delle ossa o dei denti. Ma io credo davvero, come dice Ketti, che "non possono esistere persone autorizzate a occuparsi delle sofferenze dello spirito altrui solo perché sono laureate in medicina. Un conto è una malattia del corpo, un conto quello che c'è di normale o no nell'anima delle persone..."
Onestamente, possono convivere, in questo nuovo millennio, medici, come Giovanni Rossi che non prescrive psicofarmaci da diciassette anni e Cassano che ricorre ancora oggi all'elettroshock?
Giovanni Rossi nella sua postfazione a Psicofarmaci agli psichiatri, ricordando una sua esperienza sulle Ande venezuelane, sottolinea che è libero di non usare gli psicofarmaci solo chi li ha a disposizione. Nel corso del romanzo il Dottore dell'isola di Itamaracà afferma: "I farmaci in psichiatria sono indispensabili in certe limitate situazioni". Quello che non è sostenibile è promuovere la "disumanizzazione totale della psichiatria, l'anestesia della vita affettiva, il controllo dei sentimenti e dei pensieri": e questo è l'obiettivo che, sempre nel romanzo, viene sostenuto dal professor Saccani, uno psichiatra ostaggio delle multinazionali del farmaco. Ma si ha l'impressione che nella realtà stessa esista una forte tendenza della psichiatria attuale a spingersi in questa direzione, soprattutto a livello universitario e di strutture private. Forse però è l'intera società occidentale che spinge in questo senso e la psichiatria, che deve fare "mercato", non fa che adeguarsi. Non sto giustificando questa tendenza, la sto solo inquadrando in una deriva disumanizzante e oggettivizzante che coinvolge un po' tutto.
Cito dal suo libro: ritengo che alla distanza vada contrapposta la vicinanza, che lo scambio di emozioni e di gesti empatici sia più efficace del rapporto asimmetrico tra medico e paziente, che non esiste possibilità di fare terapia senza la convinzione che ciascuno di noi può imparare molto dai suoi malati. Ci commenti il passo.
E lo commento proseguendo il discorso appena lasciato. Sono convinto che il rapporto personale con una persona che manifesta una sofferenza psichica dovuta a una crisi esistenziale o allo sconvolgimento di una malattia come la schizofrenia, sia un'esperienza di straordinario arricchimento oltre ad essere l'unica vera possibilità di cura. Come il Dottore dell'isola di Itamaracà ricorda, un grande psicoanalista inglese, Donald Winnicott, dedicò uno dei suoi libri proprio ai suoi pazienti perchè "lo avevano pagato per insegnargli". Mi sembra evidente che il rapporto tra curante e paziente non debba considerarsi in una dimensione up-down, cioè con uno sopra a pontificare e uno sotto a imparare, ma come uno scambio in cui alla cosiddetta "giusta distanza terapeutica" vada sostituita la possibilità di una cura fraterna. E queste due parole "cura fraterna" credo siano il messaggio più importante che Psicofarmaci agli psichiatri si propone di trasmettere.
Un vecchio motto dell'industria farmaceutica dice: E' bene avere una pillola che cura la malattia, ma è ancora meglio avere una pillola che va presa tutti i giorni.
Beh, quello che penso dell'industria farmaceutica è abbastanza evidente se si considera chi, nella trama di Psicofarmaci agli psichiatri riveste il ruolo del killer senza scrupoli. D'altra parte quando si pensa che l'espansione del mercato dell'ansia porta a profitti di alcuni miliardi di dollari l'anno è abbastanza scontato che interessi così enormi inducano comportamenti privi di scrupoli. E può anche essere che sostanze farmaceutiche decisive per l'umanità vengano tenute nascoste per interessi economici (d'altra parte sappiamo che esiste l'auto che non inquina, ma viene tenuta segreta perchè non è conveniente commercializzarla).
D'altronde i sieropositivi caricano la sveglia per avvelenarsi giornalmente...
Sì può essere, però non generalizziamo. Ci sono scienziati che con le loro scoperte hanno cambiato il destino dell'umanità e la ricerca scientifica ha un'importanza straordinaria. La stessa rivoluzione della psichiatria avvenuta con la Legge 180 in Italia deve molto ai farmaci introdotti negli anni 50 che consentono la gestione degli episodi di crisi in modo efficace e umano. Ricordo che quando si diffusero i primi casi di AIDS frequentavo come volontario una comunità di tossicodipendenti e ricordo come i ragazzi che si ritrovarono sieropositivi fossero terrorizzati. Oggi li incontro cresciuti e maturati, è vero, fortemente condizionati da assunzioni di farmaci ripetute nella giornata, ma comunque vivi.
Domanda forse non attualissima, ma legata in qualche modo alle precedenti. Non ritiene che il tentativo del dottor Sacks di risvegliare i suoi pazienti e per il quale è diventato famoso in tutto il mondo, sia stato in realtà un fallimento clamoroso?
Se ci riferiamo alla transitorietà dei "risvegli" che il dottor Sacks aveva ottenuto sui suoi pazienti affetti da Encefalite letargica (malattia del sonno) sì, in effetti non ci fu nessuna guarigione definitiva e il tentativo di cura fallì. Ma se consideriamo l'insegnamento di non dare per perso nessun malato, di non dare per scontato che "tanto non capisce, non è in grado di reagire, non ha sentimenti", allora l'esperienza che il libro prima e il film poi ci trasmettono è comunque straordinaria. D'altra parte i pazienti stessi nei loro risvegli raccontavano di essersi sempre sentiti vivissimi e straziati dall'impossibilità di esternare pensieri e sentimenti. E se così fosse anche per tanti pazienti, per tanti "diversi" che diamo per spacciati e irrecuperabili e che invece dietro al loro mondo murato vivono il dramma dell'incapacità a comunicare? In questo senso allora il tentativo del dottor Sacks è l'esempio vincente della necessità della speranza anche dove sembra esserci soltanto la notte encefalitica e questo è un successo comunque vada a finire.
Diamo il Ritalin ai bambini troppo vivaci, e il Prozac a quelli troppo tranquilli. In Usa ormai la prassi sembra consolidata, ma in Italia?
In Italia (e in Europa) siamo come sempre velocissimi, ahinoi, ad adeguarci alle cattive abitudini americane, convinti che facciano moda... E' recente l'autorizzazione fatta dall'AIFA, l'Agenzia Italiana per il Farmaco, recependo una delibera europea, per l'uso del Prozac in età pediatrica. Questa segue l'autorizzazione all'uso del Ritalin, un potente psicofarmaco, per i bambini affetti dalla cosiddetta Sindrome da deficit di attenzione e da iperattività. Il dottor Cancrini ha così commentato: "La diffusione acritica degli antidepressivi sui bambini è un grande rischio per la salute mentale delle nuove generazioni". E Luca Poma portavoce nazionale di "Giù le Mani dai Bambini" ha osservato "E' davvero scandaloso che si possa presumere di risolvere il disagio profondo di un minore medicalizzandolo con una pastiglia di Prozac. Una volta di più, si conferma la contiguità dell'industria farmaceutica con le istituzioni sanitarie: l'Agenzia Europea del Farmaco dipende infatti non già dalla Direzione Generale Sanità, come sarebbe auspicabile, bensì dalla Direzione Generale Industria".
E' allora evidente il bisogno delle industrie dei farmaci di ampliare il loro mercato e questa necessità viene molto prima delle evidenze di efficacia e, soprattutto, della garanzia di mancanza di effetti collaterali. Nel romanzo Psicofarmaci agli psichiatri questo piccolo cenno all'uso ingiustificato dei farmaci per la mente sui bambini riassume in maniera molto stringata quanto potete trovare ampiamente documentato ai siti www.giulemanidaibambini.org e www.forumsalutementale.it all'argomento "psicofarmaci". In giulemanidaibambini vi raccomando in modo particolare le "brevi storie di minori stroncati dall'abuso di psicofarmaci".
Cos'è questa storia che i malati cronici nelle cliniche o nei manicomi non vengono mai "rilasciati" perché sono mano d'opera a basso costo?
Questa è un'affermazione che il Dottore dell'isola di Itamaracà propone per dimostrare quanto i pregiudizi influenzino l'andamento della malattia mentale e di come spesso i pregiudizi si basino proprio sugli interessi. La storia della malattia mentale per molto tempo ha coinciso con la storia dei manicomi e oggi possiamo documentare quanto l'andamento della schizofrenia, ad esempio, sia molto diverso quando venga curata in un contesto extraistituzionale. E la storia dei manicomi, come quella di tutte le istituzioni totali, come i carceri, le caserme e i collegi, è incredibile. Al loro interno avvengono dinamiche che hanno prima di tutto l'obiettivo di mantenere in vita l'istituzione stessa e non l'interesse delle persone. I manicomi hanno da sempre rappresentato una grande fonte di potere, di interessi economici e di sfruttamento, per cui è sostenibile che nessuno avesse tanto interesse a dimettere i pazienti che erano, per l'appunto, solo un ingranaggio nel mantenimento dell'istituzione stessa.
Lei è direttore artistico di "Rete 180, la voce di chi sente le voci". Ce ne parla?
Psicofarmaci agli psichiatri pur non trattando dell'esperienza di Rete 180, la radio costituita da pazienti con disturbi mentali nata nel Servizio psichiatrico di Mantova, ne risente di una grande influenza tanto che il romanzo è dedicato proprio ai redattori di Rete 180. Più che parlare di questa radio, che si ispira alla mitica Radio La Colifata di Buenos Aires, vi invito ad ascoltarla 24 ore su 24 al sito www.rete180.it. Da parte mia posso solo ribadire che questa esperienza ha cambiato il mio modo di fare lo psichiatra: coi redattori-pazienti (e vi posso assicurare che si tratta di persone con gravi disturbi mentali e veri professionisti della comunicazione radiofonica) il rapporto non è più frontale, cioè quello tipico di un medico che guarda in faccia il suo paziente per scrutarlo, indagarlo e, nel migliore dei casi proporgli il suo aiuto, ma è diventato un rapporto di affiancamento. Questo significa che nella redazione della radio, quotidianamente, si crea uno scambio di competenze riferibili al contesto in cui si opera: in questo scambio il rapporto di vicinanza tra operatori e pazienti diventa particolare e rivoluzionario. Insieme si condivide un comune obiettivo, un comune orizzonte, un comune futuro. Alcune figure straordinarie che compongono la trama di Psicofarmaci agli psichiatri mi sono state ispirate dai redattori di Rete 180 che, anche qui, mi sente in dovere di ringraziare.
Un libro sul suo comodino che non sia legato al suo lavoro.
Senz'altro Cent'anni di solitudine che ha il respiro delle grandi storie, da quelle di Omero a quelle dei grandi narratori russi riuscendo a mantenere una leggerezza narrativa esemplare. Però, a ben pensarci, è un libro legato al mio lavoro: considero le vicende ambientate a Macondo descrizioni perfette di storie di follia e, di più, il modo in cui scorre la vita nella città creata da Marquez, il miglior trattamento terapeutico possibile per così tanti matti tutti insieme. Perciò devo passare al libro che sul mio comodino sta sotto Cent'anni di solitudine che è Il piccolo principe: la storia della rosa che è la tua rosa e che è più bella e diversa da tutte le altre per il fatto che è tua è davvero straordinaria. L'indicazione di questi due libri può sembrare una scelta banale o troppo semplice, ma mi convinco sempre più che nella semplicità ci stiano le cose più importanti e che in superficie ci stia la vera profondità. E per mia fortuna questa è una citazione importante e profonda (viene da Nietzsche!).
CERCA
NEWS
-
4.04.2025
Adelphi
Rosa Matteucci -
27.03.2025
Sellerio
Uwe Timm -
27.03.2025
Nutrimenti
Fabrizia Ramondino
RECENSIONI
-
Francesco Troccoli
Dugo e le stelle
-
Fred Vargas
Sulla pietra
-
Giulia Funiciello
L’Eletta. La leggenda di Alice Tempesta.
ATTUALITA'
-
Stefano Torossi
HENRY PURCELL 1659 – 1695
-
Stefano Torossi
Jean Sibelius 1865 - 1957
-
Marco Minicangeli
BookClub "Di Mercoledì"
CLASSICI
CINEMA E MUSICA
-
marco minicangeli
The Shrouds
-
marco minicangeli
Una barca in giardino
-
Marco Minicangeli
La gita scolastica
RACCONTI
-
Valentina Casadei
Diciotto metri quadrati.
-
Leonello Ruberto
Dispositivi mobili
-
Sara Calzolari
Quella volta il vento...