INTERVISTE
Fabio Cremonesi

La prima domanda è d'obbligo: perché questo interesse esclusivo per la letteratura in lingua spagnola? Forse perché, come ha scritto qualcuno, leggendo scrittori, ascoltando certi politici e guardando alcuni film, si direbbe che la lotta antifranchista sia stata persino divertente?
Divertente? Beh, detto che la nozione di divertimento è molto personale, non credo che la lotta antifranchista sia stata uno spasso. Anche se in effetti una cosa che ci piace molto dello spirito spagnolo è proprio il saper sdrammatizzare anche i temi più seri. Il recupero della memoria storica è senza dubbio uno dei fenomeni più interessanti della Spagna degli ultimi anni: una memoria negata o manipolata nei quasi quarant'anni della dittatura e in buona sostanza anche durante la cosiddetta transizione alla democrazia. Noi italiani dovremmo riflettere sul fatto che si tratta prevalentemente di autori che non hanno vissuto in prima persona gli anni del franchismo (ve lo immaginate un venticinquenne italiano che scrive un best seller sul delitto Matteotti?) e sulle profonde ripercussioni che questo tipo di riflessioni hanno sulla vita del paese (movimenti di cittadini per la riapertura delle fosse comuni, la discussione pubblica sulla cosiddetta "Legge della memoria storica", addirittura trasmissioni televisive in prima serata).
Per quanto riguarda il nostro interesse per la narrativa spagnola, nasce da una passione personale, innanzi tutto, e poi dalla persuasione che capire la Spagna aiuti a capire anche l'Italia, come è e come potrebbe essere, date le significative affinità storiche e culturali che legano i due paesi, ma anche le profonde differenze: negli ultimi trent'anni la Spagna ha saputo rinnovarsi a un ritmo sorprendente in campo sociale, economico, politico, culturale, e la letteratura è uno specchio fedele di queste trasformazioni.
E poi c'è il resto del mondo ispanico: questo mese lanciamo una nuova collana di narrativa ispanoamericana.
Come si pone una casa editrice attenta ai nomi emergenti del panorama europeo in lingua spagnola e sudamericana di fronte ad alcuni numi tutelari. Che so, Garcia Marquez e Cortàzar, tanto per citarne due.
Non occorre un interesse specifico per la letteratura sudamericana per amare due scrittori del calibro di García Marquez e Cortázar... Va da sé che il nostro ruolo è quello di scoprire nuove voci e tendenze, piuttosto che confermare tradizioni e stili che, anche se di assoluta eccellenza, sono già affermati e consolidati. Un paio di esempi: la nascita o rinascita di letterature nelle cosiddette lingue co-ufficiali della Spagna (catalano, galego e basco) che sono la ragion d'essere della nostra collana di narrativa spagnola (che non a caso si chiama "collana di narrativa dalla Spagna plurale"), la scelta di autrici e autori in bilico tra ambiti geografici e linguistici differenti che caratterizzerà la nostra nuova collana ispanoamericana (si comincia con un'antologia di chicanos, statunitensi di origine messicana, che solitamente si esprimono in spanglish).
Quanto delle difficoltà e delle ingerenze imperialiste nella vita politica dei paesi sudamericani si ritrova ancora oggi nella letteratura ispano-americana?
Una domandina da nulla, eh? Allora, partiamo dal dato di fatto che il cosiddetto "cortile di casa" non è mai stato socialmente e politicamente così "indisciplinato" rispetto agli Stati Uniti come negli ultimi quattro o cinque anni. È presto per dire se questo avrà delle consistenti ricadute in ambito letterario; tuttavia è indiscutibile che ci siano dei forti segnali in questo senso: paesi storicamente ai margini del mappamondo letterario come la Bolivia, la Colombia, il Venezuela stanno iniziando a esprimere voci davvero autonome e interessanti. Va da sé che il percorso non è né semplice né lineare: se da un lato i grandi gruppi editoriali spagnoli hanno un ruolo complessivamente positivo, è ancora fortissima quella che si potrebbe definire "sindrome di Miami", ossia la fuga di cervelli, reale o metaforica, verso un'assimilazione in canoni culturali spesso ai limiti del neo-colonialismo. Accanto a questi paesi "emergenti", ci arrivano costanti conferme della vitalità di paesi con tradizioni letterarie solidissime, quali l'Argentina, Cuba o il Messico, e paesi che, venuti alla ribalta in anni un po' più recenti, possiamo oggi considerare "maggiorenni" a tutti gli effetti, penso al Brasile o al Cile.
C'è qualcosa che accomuna gli autori spagnoli di gran vía?
Oltre al tema del recupero della memoria storica di cui ho parlato prima – su cui si esercitano i nostri Isaac Rosa, Jesús Ferrero e in forma molto peculiare la catalana Mercedes Abad -, direi che in generale cerchiamo di dare spazio a scritture molto innovative e a voci che cercano di racontare il mondo che ci circonda, piuttosto che parlare del proprio ombelico (prodotto che l'Italia non ha certo bisogno di importare dall'estero!). Il tutto in maniera leggera, ironica, spesso apertamente comica. Penso al basco Unai Elorriaga o alla, autori notissimi in Spagna, e ad altri meno noti, come Juan Aparicio-Belmonte, un autentico "sabotatore" del genere noir, o Javier Corcobado, noto musicista rock alternativo prestato alla narrativa, o ancora Juanjo Olasagarre, che racconta la società basca con una lucidità impressionante e la giovanissima Maria Reimondez, fondatrice di una ong che lavora con le donne in India e Somalia e autrice di un romanzo compiutamente femminista - si può dirlo nel 2007 o è diventata una parolaccia?
Alla mostra della piccola e media editoria svoltasi a Roma, mi avete offerto un buon bicchiere di vino rosso spagnolo. Ma la vostra è un'ossessione?
Se la nostra ossessione fosse il Giappone, ti sarebbe toccato del sakè tiepido; con tutto il rispetto, meglio il nostro Rioja, no? Comunque sì, tutti noi di "gran vía" abbiamo vissuto per anni in Spagna, e diciamocelo: pubblicare autori spagnoli è un pretesto abbastanza plausibile per tornarci spesso...
Divertente? Beh, detto che la nozione di divertimento è molto personale, non credo che la lotta antifranchista sia stata uno spasso. Anche se in effetti una cosa che ci piace molto dello spirito spagnolo è proprio il saper sdrammatizzare anche i temi più seri. Il recupero della memoria storica è senza dubbio uno dei fenomeni più interessanti della Spagna degli ultimi anni: una memoria negata o manipolata nei quasi quarant'anni della dittatura e in buona sostanza anche durante la cosiddetta transizione alla democrazia. Noi italiani dovremmo riflettere sul fatto che si tratta prevalentemente di autori che non hanno vissuto in prima persona gli anni del franchismo (ve lo immaginate un venticinquenne italiano che scrive un best seller sul delitto Matteotti?) e sulle profonde ripercussioni che questo tipo di riflessioni hanno sulla vita del paese (movimenti di cittadini per la riapertura delle fosse comuni, la discussione pubblica sulla cosiddetta "Legge della memoria storica", addirittura trasmissioni televisive in prima serata).
Per quanto riguarda il nostro interesse per la narrativa spagnola, nasce da una passione personale, innanzi tutto, e poi dalla persuasione che capire la Spagna aiuti a capire anche l'Italia, come è e come potrebbe essere, date le significative affinità storiche e culturali che legano i due paesi, ma anche le profonde differenze: negli ultimi trent'anni la Spagna ha saputo rinnovarsi a un ritmo sorprendente in campo sociale, economico, politico, culturale, e la letteratura è uno specchio fedele di queste trasformazioni.
E poi c'è il resto del mondo ispanico: questo mese lanciamo una nuova collana di narrativa ispanoamericana.
Come si pone una casa editrice attenta ai nomi emergenti del panorama europeo in lingua spagnola e sudamericana di fronte ad alcuni numi tutelari. Che so, Garcia Marquez e Cortàzar, tanto per citarne due.
Non occorre un interesse specifico per la letteratura sudamericana per amare due scrittori del calibro di García Marquez e Cortázar... Va da sé che il nostro ruolo è quello di scoprire nuove voci e tendenze, piuttosto che confermare tradizioni e stili che, anche se di assoluta eccellenza, sono già affermati e consolidati. Un paio di esempi: la nascita o rinascita di letterature nelle cosiddette lingue co-ufficiali della Spagna (catalano, galego e basco) che sono la ragion d'essere della nostra collana di narrativa spagnola (che non a caso si chiama "collana di narrativa dalla Spagna plurale"), la scelta di autrici e autori in bilico tra ambiti geografici e linguistici differenti che caratterizzerà la nostra nuova collana ispanoamericana (si comincia con un'antologia di chicanos, statunitensi di origine messicana, che solitamente si esprimono in spanglish).
Quanto delle difficoltà e delle ingerenze imperialiste nella vita politica dei paesi sudamericani si ritrova ancora oggi nella letteratura ispano-americana?
Una domandina da nulla, eh? Allora, partiamo dal dato di fatto che il cosiddetto "cortile di casa" non è mai stato socialmente e politicamente così "indisciplinato" rispetto agli Stati Uniti come negli ultimi quattro o cinque anni. È presto per dire se questo avrà delle consistenti ricadute in ambito letterario; tuttavia è indiscutibile che ci siano dei forti segnali in questo senso: paesi storicamente ai margini del mappamondo letterario come la Bolivia, la Colombia, il Venezuela stanno iniziando a esprimere voci davvero autonome e interessanti. Va da sé che il percorso non è né semplice né lineare: se da un lato i grandi gruppi editoriali spagnoli hanno un ruolo complessivamente positivo, è ancora fortissima quella che si potrebbe definire "sindrome di Miami", ossia la fuga di cervelli, reale o metaforica, verso un'assimilazione in canoni culturali spesso ai limiti del neo-colonialismo. Accanto a questi paesi "emergenti", ci arrivano costanti conferme della vitalità di paesi con tradizioni letterarie solidissime, quali l'Argentina, Cuba o il Messico, e paesi che, venuti alla ribalta in anni un po' più recenti, possiamo oggi considerare "maggiorenni" a tutti gli effetti, penso al Brasile o al Cile.
C'è qualcosa che accomuna gli autori spagnoli di gran vía?
Oltre al tema del recupero della memoria storica di cui ho parlato prima – su cui si esercitano i nostri Isaac Rosa, Jesús Ferrero e in forma molto peculiare la catalana Mercedes Abad -, direi che in generale cerchiamo di dare spazio a scritture molto innovative e a voci che cercano di racontare il mondo che ci circonda, piuttosto che parlare del proprio ombelico (prodotto che l'Italia non ha certo bisogno di importare dall'estero!). Il tutto in maniera leggera, ironica, spesso apertamente comica. Penso al basco Unai Elorriaga o alla, autori notissimi in Spagna, e ad altri meno noti, come Juan Aparicio-Belmonte, un autentico "sabotatore" del genere noir, o Javier Corcobado, noto musicista rock alternativo prestato alla narrativa, o ancora Juanjo Olasagarre, che racconta la società basca con una lucidità impressionante e la giovanissima Maria Reimondez, fondatrice di una ong che lavora con le donne in India e Somalia e autrice di un romanzo compiutamente femminista - si può dirlo nel 2007 o è diventata una parolaccia?
Alla mostra della piccola e media editoria svoltasi a Roma, mi avete offerto un buon bicchiere di vino rosso spagnolo. Ma la vostra è un'ossessione?
Se la nostra ossessione fosse il Giappone, ti sarebbe toccato del sakè tiepido; con tutto il rispetto, meglio il nostro Rioja, no? Comunque sì, tutti noi di "gran vía" abbiamo vissuto per anni in Spagna, e diciamocelo: pubblicare autori spagnoli è un pretesto abbastanza plausibile per tornarci spesso...
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