INTERVISTE
Fulvio Abbate
Lei ha cominciato a pubblicare narrativa nel 1990. Ci piacerebbe sapere cos'è successo sei mesi prima, diciamo, e sei mesi dopo quella data.
Armato del candore cristologico dei trentatreenni, mi dicevo così: fra poco esce il mio romanzo, ce l'ho fatta, s'avvera il Sogno. Sei mesi dopo stavo già sul cazzo a tutti, o quasi. Passavo per comunista, per cacacazzi, ma i veri comunisti erano invece ormai quegli altri, certi miei colleghi, loro che non erano mai stati ribelli, uomini in rivolta, nel senso che Camus dà a questa parola, loro che bevevano la Coca Cola alla festa dei quarant'anni di Walter Veltroni.
Alcuni scrittori, prima di scrivere, fanno schemi o sceneggiature dei propri testi, e li vagliano, dopo, con numerose riletture. Anche lei pratica tale modo?
Io traccio una "scaletta", e mi dico che voglio andare da qui a lì. Strada facendo però ogni cosa si assesta, o almeno così credo, improvvisamente m'accorgo che fa tutto schifo, come se un'iceberg frantumasse da sotto la calotta artica del racconto. Ed è giusto così. Godo, godo a tagliare, non sono di quelli che soffrono come cani a buttare via una sola riga.
Fra gli Autori anagraficamente più vicini, chi ritiene vicino anche nei contenuti e nello stile? Cerami, forse?
No, Cerami neppure un po', Pier Paolo Pasolini semmai benchè sia un autore "resistenziale".
Massimo Mila sosteneva che, come Beethoven era stato il compagno dell'uomo ottocentesco, Mozart lo sarebbe stato dell'uomo moderno. Quale scrittore o artista crede possa considerarsi il compagno adatto per l'uomo attuale?
L'incontro con qualcuno che ti trasmette il proprio vissuto straordinario, mi è accaduto con un vicino di casa, ex gerarca fascista quasi centenario, non per nulla nel '95 gli ho dedicato un romanzo, Dopo l'estate.
Gadda dichiarò che Céline era l'unico Autore a somigliargli. Ci sono Autori, anche nel recente passato, che vantino somiglianze con entrambi?
Conosco Céline, nel senso che mi sono laureato in filosofia con una tesi dedicata a lui, alla sua apocalisse, ma Céline è irriprodicibile, se non in termini stilistici, ma a quel punto siamo nella maniera.
Cosa chiedono oggi gli uomini agli artisti?
Le stesse cose che chiedono a una canzone, farli sognare, sollevare dalla linea di terra, una forma di droga, sì, il paradiso.
S'è occupato a lungo d'arte figurativa. Ci sono - e nel caso, quali - relazioni tra parola e immagine?
Solitamente, salvo rari casi, i letterati non capiscono un cazzo d'arti visive, pensano che Balthus sia il massimo, mentre il Novecento è aniconico o comunque va verso la smaterializzazione della figura, resta quindi, molto semplificando, Paul Klee, non per nulla ha ispirato Walter Benjamin. La poesia visiva invece fa spesso pena, è un quadro mancato.
Come Autore teatrale e televisivo, s'è trovato dinanzi una parola che diviene voce, assume una sua sostanza, ch'è differente da quella scritta. Ciò, immagino, le ha posto dei problemi da risolvere - o no?
Non sono un autore televisivo in senso stretto, ho soltanto trasformato un mio romanzo, /strong>Teledurruti, quand'era ancora inedito, in una trasmissione situazionista, dichiaratamente anarchica, e ho fatto bene perché ancora adesso qualcuno me ne parla con affetto, come se quella mia invenzione gli avesse trasmesso un senso di libertà, di rivolta contro il luogo comune.
Uno spettacolo con Claudio Bisio s'intitola "I bambini sono di sinistra". Sono - anche, invece - anarchici, o di destra?
I bambini sono conservatori, perché temono soprattutto di perdere il proprio bene assoluto, l'affetto dei genitori, i bambini si proteggono dal mondo, anzi, proteggono il proprio.
Com'è noto, in guerra sono i ragazzi a morire. A casa loro, uccidono (le stragi nelle scuole in USA, le liti al coltello da noi) e si fanno uccidere. Gli adulti si preoccupano che non si facciano le canne, che non scopino, che abbiano successo. Qualche commento?
I ragazzi sono "carne da macello" in tutte le guerre. I grandi ritengono che sia necessario il controllo sociale, e lo stesso vale per i ragazzi una volta divenuti adulti. E' forse una legge di natura. Quanto al sesso, è la chiesa che non vuole che si scopi. La religione fa male, molto male, ma essere liberi costa fatica.
Ultimamente, s'è dato a ragionare sul conformismo. Vuol parlarcene?
Sì, ho scritto un pamphlet sul "Conformismo di sinistra" e poi un libro su Roma, l'ho fatto per dire che non voglio assomigliare a nessuno, forse neppure a me stesso. Il conformismo, lo dico senza enfasi, è l'abito da festa del consenso, necessario sia al potere sia al mercato, che sono poi la stessa cosa.
In un Suo articolo (E-polis, due marzo 2007) è intervenuto a favore di "Inchiesta su Gesù", di Corrado Augias e Mario Pesce, presentandolo come un problema di censura. Potrebbe dirci se è così, e illustrarci un Suo punto di vista più generale sulla censura medesima?
La chiesa pretende di imporre il sacro, la propria intoccabilità, ma il sacro, come dice Antonin Artaud, è eversione, non può essere imposto in nome dei codici da un papa, teologo impazzito, che ritiene il proprio punto di vista come unico e necessario, così facendo si afermerà sempre più l'anticlericalismo, che è una posizione rispettabile non meno del suo opposto.
Vorrei infine chiederle del suo rapporto con Roma, e delle differenze o somiglianze che potrebbe avere con l'analogo/opposto rapporto pasoliniano.
Roma è una città piccolo borghese, un aggregato di quartieri abitati da inurbati meridionali che lavorano nei ministeri, una città dove fa opinione uno come Renzo Arbore. Roma è per definizione una città dei sogni. Nel senso che in molti, se non tutti, sognano prima o poi di andarci a vivere, come si sceglie un luogo unico al mondo. Come resistere allora alla tentazione di raccontarla? Dall'Altare della Patria allo sconosciuto cimitero di Parrocchietta, alla casa di Alberto Sordi in piazza Numa Pompilio, da via del Corso (famosa perché ospita un MacDonald's) al contrassegno della vigilanza notturna che appare in tutti i film della commedia all'italiana, dalle zoccole ai luoghi dei film poliziotteschi di Umberto Lenzi, dalla Roma di Jacovitti alla spiaggia di Capocotta con la trattoria "Dar Zagaja", dalla Cloaca Maxima all'imprendibile via del Mare, dal set di Fellini di La città delle donne al pittore Mario Schifano e la pop art degli anni Sessanta, da Bombolo con il suo leggendario "Me cojoni" al Quarticciolo con le storie della Resistenza e del Gobbo, da piazza Bologna e l'epicentro del neofascismo degli anni Settanta alla tomba del Pci al Verano; senza comunque dimenticare altri eroi cittadini Antonello Venditti e i suoi terribili Ray-Ban con parasudore. Su tutto, un omaggio a una grande figura del paesaggio "civile", Pier Paolo Pasolini attraverso il racconto delle case in cui lo scrittore abitò, da Monteverde all'Eur. Dimenticavo: la città di Roma si trova in provincia di Fonopoli, la città dei sogni di Renato Zero. I grandi, saggi, i veri santi, i giusti sono tutti morti; il mio unico sogno ormai è che, un giorno o l'altro, resusciti Pasolini.
Fulvio Abbate è nato a Palermo nel 1956 vive a Roma, fa lo scrittore. Ha pubblicato i romanzi Zero maggio a Palermo (1990), Oggi è un secolo (1992), Dopo l'estate (1995), La peste bis (1997), Teledurruti (2002). E il reportage Capo d'Orlando. Un sogno fatto in Sicilia
I "saggi-documentari": Il rosa e il nero (2001), Il ministro anarchico (2004), C'era una volta Pier Paolo Pasolini (2005), il pamphlet Sul conformismo di sinistra (2005), Reality (2006), Roma. guida non conformista alla città (2007).
"Sagome" è il titolo della rubrica che scrive su l'Unità.
"Conformismi" è il titolo della rubrica che scrive su Il Foglio.
http://utenti.lycos.it/fulvioabbate
Armato del candore cristologico dei trentatreenni, mi dicevo così: fra poco esce il mio romanzo, ce l'ho fatta, s'avvera il Sogno. Sei mesi dopo stavo già sul cazzo a tutti, o quasi. Passavo per comunista, per cacacazzi, ma i veri comunisti erano invece ormai quegli altri, certi miei colleghi, loro che non erano mai stati ribelli, uomini in rivolta, nel senso che Camus dà a questa parola, loro che bevevano la Coca Cola alla festa dei quarant'anni di Walter Veltroni.
Alcuni scrittori, prima di scrivere, fanno schemi o sceneggiature dei propri testi, e li vagliano, dopo, con numerose riletture. Anche lei pratica tale modo?
Io traccio una "scaletta", e mi dico che voglio andare da qui a lì. Strada facendo però ogni cosa si assesta, o almeno così credo, improvvisamente m'accorgo che fa tutto schifo, come se un'iceberg frantumasse da sotto la calotta artica del racconto. Ed è giusto così. Godo, godo a tagliare, non sono di quelli che soffrono come cani a buttare via una sola riga.
Fra gli Autori anagraficamente più vicini, chi ritiene vicino anche nei contenuti e nello stile? Cerami, forse?
No, Cerami neppure un po', Pier Paolo Pasolini semmai benchè sia un autore "resistenziale".
Massimo Mila sosteneva che, come Beethoven era stato il compagno dell'uomo ottocentesco, Mozart lo sarebbe stato dell'uomo moderno. Quale scrittore o artista crede possa considerarsi il compagno adatto per l'uomo attuale?
L'incontro con qualcuno che ti trasmette il proprio vissuto straordinario, mi è accaduto con un vicino di casa, ex gerarca fascista quasi centenario, non per nulla nel '95 gli ho dedicato un romanzo, Dopo l'estate.
Gadda dichiarò che Céline era l'unico Autore a somigliargli. Ci sono Autori, anche nel recente passato, che vantino somiglianze con entrambi?
Conosco Céline, nel senso che mi sono laureato in filosofia con una tesi dedicata a lui, alla sua apocalisse, ma Céline è irriprodicibile, se non in termini stilistici, ma a quel punto siamo nella maniera.
Cosa chiedono oggi gli uomini agli artisti?
Le stesse cose che chiedono a una canzone, farli sognare, sollevare dalla linea di terra, una forma di droga, sì, il paradiso.
S'è occupato a lungo d'arte figurativa. Ci sono - e nel caso, quali - relazioni tra parola e immagine?
Solitamente, salvo rari casi, i letterati non capiscono un cazzo d'arti visive, pensano che Balthus sia il massimo, mentre il Novecento è aniconico o comunque va verso la smaterializzazione della figura, resta quindi, molto semplificando, Paul Klee, non per nulla ha ispirato Walter Benjamin. La poesia visiva invece fa spesso pena, è un quadro mancato.
Come Autore teatrale e televisivo, s'è trovato dinanzi una parola che diviene voce, assume una sua sostanza, ch'è differente da quella scritta. Ciò, immagino, le ha posto dei problemi da risolvere - o no?
Non sono un autore televisivo in senso stretto, ho soltanto trasformato un mio romanzo, /strong>Teledurruti, quand'era ancora inedito, in una trasmissione situazionista, dichiaratamente anarchica, e ho fatto bene perché ancora adesso qualcuno me ne parla con affetto, come se quella mia invenzione gli avesse trasmesso un senso di libertà, di rivolta contro il luogo comune.
Uno spettacolo con Claudio Bisio s'intitola "I bambini sono di sinistra". Sono - anche, invece - anarchici, o di destra?
I bambini sono conservatori, perché temono soprattutto di perdere il proprio bene assoluto, l'affetto dei genitori, i bambini si proteggono dal mondo, anzi, proteggono il proprio.
Com'è noto, in guerra sono i ragazzi a morire. A casa loro, uccidono (le stragi nelle scuole in USA, le liti al coltello da noi) e si fanno uccidere. Gli adulti si preoccupano che non si facciano le canne, che non scopino, che abbiano successo. Qualche commento?
I ragazzi sono "carne da macello" in tutte le guerre. I grandi ritengono che sia necessario il controllo sociale, e lo stesso vale per i ragazzi una volta divenuti adulti. E' forse una legge di natura. Quanto al sesso, è la chiesa che non vuole che si scopi. La religione fa male, molto male, ma essere liberi costa fatica.
Ultimamente, s'è dato a ragionare sul conformismo. Vuol parlarcene?
Sì, ho scritto un pamphlet sul "Conformismo di sinistra" e poi un libro su Roma, l'ho fatto per dire che non voglio assomigliare a nessuno, forse neppure a me stesso. Il conformismo, lo dico senza enfasi, è l'abito da festa del consenso, necessario sia al potere sia al mercato, che sono poi la stessa cosa.
In un Suo articolo (E-polis, due marzo 2007) è intervenuto a favore di "Inchiesta su Gesù", di Corrado Augias e Mario Pesce, presentandolo come un problema di censura. Potrebbe dirci se è così, e illustrarci un Suo punto di vista più generale sulla censura medesima?
La chiesa pretende di imporre il sacro, la propria intoccabilità, ma il sacro, come dice Antonin Artaud, è eversione, non può essere imposto in nome dei codici da un papa, teologo impazzito, che ritiene il proprio punto di vista come unico e necessario, così facendo si afermerà sempre più l'anticlericalismo, che è una posizione rispettabile non meno del suo opposto.
Vorrei infine chiederle del suo rapporto con Roma, e delle differenze o somiglianze che potrebbe avere con l'analogo/opposto rapporto pasoliniano.
Roma è una città piccolo borghese, un aggregato di quartieri abitati da inurbati meridionali che lavorano nei ministeri, una città dove fa opinione uno come Renzo Arbore. Roma è per definizione una città dei sogni. Nel senso che in molti, se non tutti, sognano prima o poi di andarci a vivere, come si sceglie un luogo unico al mondo. Come resistere allora alla tentazione di raccontarla? Dall'Altare della Patria allo sconosciuto cimitero di Parrocchietta, alla casa di Alberto Sordi in piazza Numa Pompilio, da via del Corso (famosa perché ospita un MacDonald's) al contrassegno della vigilanza notturna che appare in tutti i film della commedia all'italiana, dalle zoccole ai luoghi dei film poliziotteschi di Umberto Lenzi, dalla Roma di Jacovitti alla spiaggia di Capocotta con la trattoria "Dar Zagaja", dalla Cloaca Maxima all'imprendibile via del Mare, dal set di Fellini di La città delle donne al pittore Mario Schifano e la pop art degli anni Sessanta, da Bombolo con il suo leggendario "Me cojoni" al Quarticciolo con le storie della Resistenza e del Gobbo, da piazza Bologna e l'epicentro del neofascismo degli anni Settanta alla tomba del Pci al Verano; senza comunque dimenticare altri eroi cittadini Antonello Venditti e i suoi terribili Ray-Ban con parasudore. Su tutto, un omaggio a una grande figura del paesaggio "civile", Pier Paolo Pasolini attraverso il racconto delle case in cui lo scrittore abitò, da Monteverde all'Eur. Dimenticavo: la città di Roma si trova in provincia di Fonopoli, la città dei sogni di Renato Zero. I grandi, saggi, i veri santi, i giusti sono tutti morti; il mio unico sogno ormai è che, un giorno o l'altro, resusciti Pasolini.
Fulvio Abbate è nato a Palermo nel 1956 vive a Roma, fa lo scrittore. Ha pubblicato i romanzi Zero maggio a Palermo (1990), Oggi è un secolo (1992), Dopo l'estate (1995), La peste bis (1997), Teledurruti (2002). E il reportage Capo d'Orlando. Un sogno fatto in Sicilia
I "saggi-documentari": Il rosa e il nero (2001), Il ministro anarchico (2004), C'era una volta Pier Paolo Pasolini (2005), il pamphlet Sul conformismo di sinistra (2005), Reality (2006), Roma. guida non conformista alla città (2007).
"Sagome" è il titolo della rubrica che scrive su l'Unità.
"Conformismi" è il titolo della rubrica che scrive su Il Foglio.
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