DE FALSU CREDITU
Mario Malabotta
Gente di Roma
Eicrauti, Collana Seat, Pag. 3980 Euro 13,00
E finalmente, la fine.
Sia detto subito: questo non è un pezzo critico ma, orgogliosamente (e con coraggio), pura attività pubblicitaria; devo questo coraggio e orgoglio, ovvio, a Mario Malabotta che, come molti sapranno, da tanti, troppi anni, in solitudine, con costanza e pazienza, ha lavorato a questo romanzo: il romanzo finale.
Prevedo la guerra; ma anche il suo esito: questo volta non è da vili schierarsi dalla parte del vincitore. Dalla parte dei perdenti, infatti, troviamo: le comari, i vecchi inutili, i reperti da nosocomio, i geremiaci, e i disfattisti.
Dico io: cosa volevate, romantici, beatnik, psichedelici: l'edenica spensieratezza, la sospensione del giudizio, la libertà dal pensiero? Ed ecco il cinetivì.
E, a proposito di prodotti tardi del gesuitismo (Loyola con i suoi esercizi, i suo pensieri preconfezionati per un pubblico di sala), gente di fede, appassionati di guru emaciati, digiunatori dalla fiata santa, non volevate tanta spiritualità e misticismo? E allora ecco: ecco il vero rifiuto della carne, del sapore, della vita; ecco la controversione del bisogno alimentare (perché se il nostro scatolame, Mc Donald e compagnia bella non sono il meglio in fatto di contronatura allora io non ho capito niente).
Ma ve lo devo dire?: volevate il comunismo? Manco Stalin aveva sognato tanto per i suoi sudditi.
Abbiamo tutto. E, anzi, ora abbiamo di più: anche la letteratura, grazie a questo primo passo di Mario Malabotta, si avvia alla sua liberazione: liberazione, ovvio, dalla letteratura stessa. Liberazione dalla dittatura del letterato. Scrittori, poeti, critici a volere creare e dirigere il gusto? E allora il pubblico (che paga) e l'editore (che guadagna), ma che ci stanno a fare?
Non è questa una domanda retorica: ma lo diventerà.
Ed è (per dichiarazione stessa dell'autore) in questa domanda che troviamo la scaturigine del tanto lungo e travagliato sforzo che ha portato Malabotta a Gente di Roma: come fare una letteratura che sia letteratura di pubblico (ma possiamo anche dire di popolo) e, quindi di editore? Ovvio, smettendo i panni del letterato: e da qui, già nel titolo, l'attacco a Joyce, emblematicamente assurto a modello di letterato, brutto, con l'occhio storto, comare, vecchio inutile, reperto da nosocomio, geremiaco e disfattista: e che scriveva roba da farti bestemmiare in chiesa (che è peccato).
Sia chiaro: questa opera è coraggiosa: l'attacco è diretto e dichiarato. Non siamo qui davanti a uno dei nostrali giallisti, o orroristi, o compilatori di romanzi neostorici o neo qualcosa; davanti a un nostrale che, mettendo due parole pensose nell'ennesima novellizzazione tratta da soggetto cinetivì andato a male, ancora sotto sotto ti difende la letteratura.
Malabotta fa tabula rasa, spara altezza gente: il pubblico, ci dice Malabotta, non si vuole annoiare, ma divertire: e a questo scopo libro no buono; a questo scopo ci sono i cinema, le case di tolleranza e i francobolli di acido; specialmente, aggiunge, le case di tolleranza.
E allora la letteratura?
La letteratura, dice Malabotta non potrà mai valere Tersoni Ada Desiré, via Walter Tobagi, 2.....062945673, ma, almeno può essere utile ad arrivare a Tersoni Desiré, che vale veramente il caso.
E quindi ecco una letteratura che rinuncia all'estetico, alla retorica (alla sua ambiguità), alla complessità (e quindi alla difficoltà e peso) per farsi uno strumento utile, diretto, schietto di accesso alla vita: un romanzo dove si parla dell'uomo nell'essenziale, per quello che essenzialmente gli serve di sapere su se stesso: numero di telefono e indirizzo postale, il tutto in ordine genialmente alfabetico, dalla A di A.A. Alcolisti Anonimi Gruppo Centro 1, via Napoli 58.... 064825714 alla Z di ZiK Marzina Giuseppe via Luca Luca Riondino, 91.... 067898789 (ma vi prego: nessuna allusione all'alfa e omega) con un premessa sui numeri utili, tipo ospedali (ancora: non una metafora di qualche improbabile malessere), e via dicendo.
Storcano la bocca le comari, i vecchi inutili, i reperti da nosocomio, i geremiaci, e i disfattisti: le pagine gialle, gli elenchi del telefono, dicono (e immaginateveli che vi guardano con la faccia altera e intimamente blesa di Joyce), non sono letteratura.
Meglio, no?
Sia detto subito: questo non è un pezzo critico ma, orgogliosamente (e con coraggio), pura attività pubblicitaria; devo questo coraggio e orgoglio, ovvio, a Mario Malabotta che, come molti sapranno, da tanti, troppi anni, in solitudine, con costanza e pazienza, ha lavorato a questo romanzo: il romanzo finale.
Prevedo la guerra; ma anche il suo esito: questo volta non è da vili schierarsi dalla parte del vincitore. Dalla parte dei perdenti, infatti, troviamo: le comari, i vecchi inutili, i reperti da nosocomio, i geremiaci, e i disfattisti.
Dico io: cosa volevate, romantici, beatnik, psichedelici: l'edenica spensieratezza, la sospensione del giudizio, la libertà dal pensiero? Ed ecco il cinetivì.
E, a proposito di prodotti tardi del gesuitismo (Loyola con i suoi esercizi, i suo pensieri preconfezionati per un pubblico di sala), gente di fede, appassionati di guru emaciati, digiunatori dalla fiata santa, non volevate tanta spiritualità e misticismo? E allora ecco: ecco il vero rifiuto della carne, del sapore, della vita; ecco la controversione del bisogno alimentare (perché se il nostro scatolame, Mc Donald e compagnia bella non sono il meglio in fatto di contronatura allora io non ho capito niente).
Ma ve lo devo dire?: volevate il comunismo? Manco Stalin aveva sognato tanto per i suoi sudditi.
Abbiamo tutto. E, anzi, ora abbiamo di più: anche la letteratura, grazie a questo primo passo di Mario Malabotta, si avvia alla sua liberazione: liberazione, ovvio, dalla letteratura stessa. Liberazione dalla dittatura del letterato. Scrittori, poeti, critici a volere creare e dirigere il gusto? E allora il pubblico (che paga) e l'editore (che guadagna), ma che ci stanno a fare?
Non è questa una domanda retorica: ma lo diventerà.
Ed è (per dichiarazione stessa dell'autore) in questa domanda che troviamo la scaturigine del tanto lungo e travagliato sforzo che ha portato Malabotta a Gente di Roma: come fare una letteratura che sia letteratura di pubblico (ma possiamo anche dire di popolo) e, quindi di editore? Ovvio, smettendo i panni del letterato: e da qui, già nel titolo, l'attacco a Joyce, emblematicamente assurto a modello di letterato, brutto, con l'occhio storto, comare, vecchio inutile, reperto da nosocomio, geremiaco e disfattista: e che scriveva roba da farti bestemmiare in chiesa (che è peccato).
Sia chiaro: questa opera è coraggiosa: l'attacco è diretto e dichiarato. Non siamo qui davanti a uno dei nostrali giallisti, o orroristi, o compilatori di romanzi neostorici o neo qualcosa; davanti a un nostrale che, mettendo due parole pensose nell'ennesima novellizzazione tratta da soggetto cinetivì andato a male, ancora sotto sotto ti difende la letteratura.
Malabotta fa tabula rasa, spara altezza gente: il pubblico, ci dice Malabotta, non si vuole annoiare, ma divertire: e a questo scopo libro no buono; a questo scopo ci sono i cinema, le case di tolleranza e i francobolli di acido; specialmente, aggiunge, le case di tolleranza.
E allora la letteratura?
La letteratura, dice Malabotta non potrà mai valere Tersoni Ada Desiré, via Walter Tobagi, 2.....062945673, ma, almeno può essere utile ad arrivare a Tersoni Desiré, che vale veramente il caso.
E quindi ecco una letteratura che rinuncia all'estetico, alla retorica (alla sua ambiguità), alla complessità (e quindi alla difficoltà e peso) per farsi uno strumento utile, diretto, schietto di accesso alla vita: un romanzo dove si parla dell'uomo nell'essenziale, per quello che essenzialmente gli serve di sapere su se stesso: numero di telefono e indirizzo postale, il tutto in ordine genialmente alfabetico, dalla A di A.A. Alcolisti Anonimi Gruppo Centro 1, via Napoli 58.... 064825714 alla Z di ZiK Marzina Giuseppe via Luca Luca Riondino, 91.... 067898789 (ma vi prego: nessuna allusione all'alfa e omega) con un premessa sui numeri utili, tipo ospedali (ancora: non una metafora di qualche improbabile malessere), e via dicendo.
Storcano la bocca le comari, i vecchi inutili, i reperti da nosocomio, i geremiaci, e i disfattisti: le pagine gialle, gli elenchi del telefono, dicono (e immaginateveli che vi guardano con la faccia altera e intimamente blesa di Joyce), non sono letteratura.
Meglio, no?
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