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Il Paradiso degli Orchi
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INTERVISTE

Gianfranco Manfredi

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Due parole su di te, per chi eventualmente non ti conoscesse.



Sono nato a Senigallia (Ancona) e ho vissuto a Milano dall'età di otto anni. Mi sono laureato in Storia della Filosofia , sono stato ricercatore presso l'Università, e ho poi abbandonato la carriera accademica per dedicarmi alla mia attività di cantautore, di sceneggiatore cinematografico e di romanziere (più altri mestieri più occasionali) . Nei fumetti ho debuttato abbastanza tardi,cioè nel 1991 con Gordon Link per poi passare a >strong>Dylan Dog, Nick Raider, Tex come sceneggiatore, e a Magico Vento come sceneggiatore e ideatore della serie e del personaggio. Da quest'anno uscirà in edicola, a partire da ottobre, il mio nuovo romanzo a fumetti in quattordici episodi Volto Nascosto.



Domanda ineludibile: Parco Lambro, la musica "militante". Illuminaci sulla sua ragione e sul suo sentimento (e sulle sue cazzate)?



La musica era il linguaggio favorito della mia generazione. Nel post 68, si leggevano soprattutto saggi e la narrativa (a torto o a ragione) veniva considerata un retaggio del passato. Solo a partire dagli anni ottanta molti di noi hanno rivelato apertamente che il nostro vero e segreto amore era il romanzo. D'altro canto è indubbio che la musica sia un linguaggio più universale, per certi versi più astratto ,per altri più concreto perché più vicino al vissuto e alle emozioni. Alla fine degli anni 70 poi la musica (i concerti) assolvevano anche a un compito di aggregazione sociale, molto più partecipativa di quanto non avvenga oggi nella musica da stadio dove tutti cantano in coro le canzoni del loro piccolo mito e ne celebrano la Gloria in spettacoloni con megapalcoscenici rispetto ai quali quello di Woodstock appare come un palco da festa di paese. Ai nostri tempi non si adoravano i cantanti, ma la musica in quanto tale: generi sperimentali e difficili erano bene accolti oppure contestati allo stesso modo della musica da ballo o degli stornelli popolari. Nessuno di noi era cultore di un unico genere e tutti eravamo critici di ogni genere. Non era assolutamente un fatto di militanza. Questa parola è stata usata, è vero, ma veniva da un passato già distante: la nostra musica anche quella politica, era espressione di un vissuto, non era già più ideologica o mirante a dare indicazioni di linea politica come in parte era accaduto nel 68. Il limite più evidente fu dovuto al fatto che mentre tra i musicisti la voglia di trasgredire i moduli e i canoni portava sempre più al "difficile" , il nuovo pubblico metropolitano in realtà , soprattutto quello dei proletari, aveva una gran voglia di ballare e di divertirsi. Ecco perché la Disco uccise in breve tempo la musica di ricerca o quella di impronta più studentesca.



La sopravvivenza economica, gran problema di chi campa d'arte. Come ce l'hai fatta?



Il primo principio che ho applicato è il codice della spia che prescrive: lasciarsi sempre aperta una via di fuga. Per la mia generazione questo voleva dire sfuggire alla ricerca del posto fisso, dell'inserimento in una qualche nomenclatura, tutte cose che consideravamo mortifere e affliggenti. Il "vissi d'arte,vissi d'Amore" nasce nell'ottocento. Per praticare questo stile di vita bisogna saper essere sobri , fregarsene degli status symbol e non dipendere, per creare, da esigenze di reddito troppo onerose. A uno scrittore,dopotutto, non serve essere miliardario, perché tanto la maggior parte delle ore della sua giornata, le spenderà comunque seduto di fronte al computer. Che senso ha del resto essere proprietari di diciotto ville, quando si può dormire solo in un

letto alla volta? Se uno sceglie il lavoro creativo per diventare ricco, beh si guadagna di più facendo lo spacciatore o prostituendosi.



Negli anni '60-'70 ci si liberava in generale – anche rispetto al tabù delle età. Oggi i ragazzini sono protagonisti d'un'ondata di terrorismo giornalistico, psicologico e morale. Tu eri giovane all'epoca, e oggi sei cinquantottenne papà. Qualcosa da dire?



Dagli anni cinquanta/sessanta fino alla metà degli ottanta, i giovani erano protagonisti del mercato, oggi invece lo sono solo i giovanissimi. Questo fa molta differenza. In Italia in particolare, ma in genere in tutto l'Occidente, i giovani sono considerati persone in attesa (infinita) di diventare adulte o perenni adolescenti. Noi non rimpiangevamo l'infanzia perduta perché questo genere di nostalgie le consideravamo roba da vecchi. Eravamo gelosi e fieri della nostra autonomia ,di vita e di scelte, e se il mercato (anche quello del lavoro) non ci offriva spazio o risposte, questo spazio e queste risposte ce le davamo da soli. Il punto non è che oggi i giovani siano psicologicamente o politicamente più fragili, ma che contano meno sul mercato e vengono manovrati come nuovi schiavi attraverso una condizione di avvilente precariato e di subordinazione. I risultati sono già devastanti, ma lo diventeranno anche di più negli anni a venire quando queste masse imponenti di giovani non inseriti e nemmeno antagonisti, diventeranno adulti e vecchi disillusi, frustrati, senza lavoro, senza pensione e senza assistenza sociale. Si passerà di colpo dall'infanzia ritardata alla vecchiaia precoce. Chi oggi è giovane e non avrà saputo sfruttare questo periodo per viaggiare, conoscere il mondo, imparare le lingue, lavorare da nomade, vivere cioè da cittadino planetario, sarà un emarginato totale.



Cade il muro di Berlino. E tu?



Berlino oggi è una città fantastica, un modello per quanto riguarda ad esempio i centri sociali. Nessuno potrebbe certo rimpiangere l'epoca del muro. Ma questo non significa che i muri siano crollati, anzi se ne sono alzati di nuovi (in Palestina, al confine Stati Uniti/Messico, persino all'interno delle città tra quartiere e quartiere). C'è un vecchio mondo che non considera più il Muro come una barriera, un limite, una prigionia, ma come una protezione necessaria e una garanzia di sicurezza. E' desolante questa umanità che scambia la galera per libertà. Ma non credo nemmeno ci si debba preoccupare eccessivamente, perché questo vecchio mondo sarà spazzato via dallo sviluppo stesso.



Sei cantante, scrittore, illustratore, saggista. Ti capita che l'idea per un racconto possa generare anche un disegno, una canzone, uno studio, o ogni idea ti nasce accompagnata dal mezzo con cui la realizzerai?



Lavorando in vari campi sono portato ad apprezzarli nella loro specificità. Oggi tutti i campi sono in profonda relazione, ma questo non significa che non abbiano ciascuno una propria natura/struttura. Considero sbagliato ad esempio scrivere un romanzo, sperando che poi diventi un film. Tanto vale allora scrivere subito un film, sicuramente si farà un lavoro migliore. Naturalmente c'è chi sfrutta i suoi cinque minuti di celebrità per buttare sul mercato tutto il campionario: libro, CD, film, TV, e ultimamente in (Italia) anche un partito politico personale. Ma questi sono feccia.



Un tuo racconto ambientato sui treni è stato pubblicato sulla rivista ferroviaria "Voci della rotaia". Ci racconteresti come è accaduto?



Semplice. Me l'hanno chiesto perché avevano letto il mio romanzo Trainspotter, dal quale traspariva il fascino (piuttosto oscuro) che il treno ha sempre esercitato su di me.



Ti professi protestante. Ci parleresti di questa tua misticanza (ogni riferimento a Battiato...)?



Lasciamo stare Battiato. Io sono protestante di famiglia. Mi ritengo ancora protestante in quanto è dalla Riforma che è nata la libertà di pensiero e delle scelte individuali di vita. Ma sotto il profilo teologico sono ateo e considero le Religioni (nessuna esclusa) come organizzazioni truffaldine, fondate su retaggi superstiziosi, foriere di violenza, di razzismo, di oppressione e di ignoranza.



Vivi nella sedicente Repubblica del Nord. Che ne dici?



Mi sono spostato da Milano ai confini della Svizzera e qui sto benissimo. Milano è un cimitero, dove tra l'altro il tuo loculo te lo fanno pagare carissimo. La nuova cultura lombarda tutta affari, danè, cemento, cocaina, ipocrisia morale, supponenza e asocialità, è intollerabile. La Lega e Forza Italia hanno ottenuto un risultato impensabile. Mentre nei decenni passati Milano era una meta ambita e giustamente considerata all'avanguardia nei cambiamenti positivi di questo paese, oggi sta sulle palle a tutti. E i milanesi eredi dell'antica apertura mentale lombarda, appena possono scappano dalla città. Temo che se le cose continuano così, l'esodo si allargherà alla regione. Forse sarebbe stato meglio concedere la secessione, almeno la Lombardia si sarebbe tolta dalle scatole, con beneficio per il resto del paese.



Dei nomi: Paolo Pietrangeli, Enzo Iannacci, Ricky Gianco, Mina, Andrea Barbato, Silverio Corvisieri.



I nomi non contano niente. Contano le cose che si fanno e il modo in cui si vive.



Noi cantiamo e quelli vincono. Saremo (Sanremo) scemi?



Ciascuno fa la sua strada. Non c'è motivo di invidiare quella degli altri se non ci piace.



A proposito di Sanremo: c'è chi intesta al fratello un giornale, e chi lo vede nei "Figli di Bubba". Qualcosa da dire?



Mio fratello lavora da anni nello spettacolo come me, ha scelto in genere altri ruoli, più organizzativi e defilati, ma anche sul piano creativo è un eccellente autore televisivo. Sa suonare diversi strumenti (molto meglio di me), da giovane era un bravissimo disegnatore ed è una persona di grande vivacità intellettuale. Io non l'ho piazzato proprio da nessuna parte, tutto quello che ha fatto e che fa lo deve a se stesso e al proprio valore professionale e umano.



Scrittori – da Omero alla Tamaro. Chi ti ispira, chi ti spiace? Quale LP porteresti sull'isola deserta? Che direbbe (o ha detto) Andrea Pazienza di te?



Leggo di tutto. I miei autori favoriti ,cioè quelli cui sono tornato spesso nel corso della vita, sono Edgar Allan Poe, Emile Zola, Jean Jacques Rousseau. Ma come ho detto, mi interessano le opere più che gli scrittori in sé. Anche un grande scrittore può scrivere un'opera poco riuscita agli occhi di chi la legge, e viceversa uno sconosciuto o uno scrittore considerato minore o dimenticato, può aver scritto cose notevoli. Per il resto: il bello di un'isola

deserta è che non ci si porta dietro niente. Non ho mai conosciuto Andrea Pazienza di persona, purtroppo. Conosco sua moglie Marina che è una persona straordinaria, non le ho mai chiesto cosa pensasse Andrea di me. Per la verità, non chiedo mai a nessuno di dirmi cosa pensa di me. Ho conosciuto persone con cui in teoria avrei dovuto avere una grande affinità non solo artistica , ma anche di orientamento sociale e politico, e a volte ho tristemente scoperto che erano degli stronzi. Viceversa ho potuto apprezzare sul piano umano persone totalmente diverse da me, qualche volta persino opposte.



La nostra generazione, ha perso?



La "nostra generazione" non esiste. Della mia generazione fa parte anche l'onorevole La Russa. E' sbagliato considerare le persone generazionalmente. Si nasce e si cresce diversi, non si viene sfornati per classi di età.





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