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Il Paradiso degli Orchi
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CLASSICI

Alfredo Ronci

Gli implacabili ingranaggi delle dittature: 'La trappola' di Emmanuel Bove.

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Concedetecelo: il Paradiso, sin nell'edizione cartacea, s'interessò di Emmanuel Bove, letterato raffinatissimo, 'oggetto' di culto persino in patria ma, contemporanea allo scrittore, stranamente letargica ed esageratamente euforica per altri versi. Eh sì, perché quando uscì La trappola (La piège), all'indomani della liberazione, Bove fu ignorato ed il romanzo, che affrontava la questione della sordida realtà francese sotto il governo Vichy e del suo collaborazionismo con le forze occupanti naziste, passò del tutto inosservato.

Era (ed è) un capolavoro: le vicissitudine e la susseguente agonia del protagonista Joseph Bridet anticipa (e su questo la figlia ha visto giusto accusando la Francia letteraria di omertoso silenzio nei confronti del padre solo perché precedeva Sartre, Camus) tematiche poi divenute di stringente attualità decenni dopo, e mischia con sapiente armonia materiale kafkiano e dostoevskijano.

Si potrebbe dire tranquillamente che se di questo romanzo Hitchcock ne avesse tratto un film non avrebbe spostato di un millimetro l'intera misura della sua cinematografia.

Joseph Bridet pur conscio della realtà del governo fantoccio di Vichy (Il potere si era già insediato saldamente. La sua prima preoccupazione era stata di combattere la sciatteria. "Non è il momento – pensò Bridet – di andare a passeggio mezzo ubriachi), pur convinto che la sua idea della nazione è diversa da quella imperante (Questa Francia, la cui divisa è e sarà "Lavoro, Famiglia, Patria", ha gli occhi rivolti verso di noi, e se ci chiama in suo soccorso, noi, gli uomini del Maresciallo, sapremo difenderla, mi creda) decide di chiedere un salvacondotto alle autorità della cittadina sede ormai del governo centrale perché vuole rendersi utile come cittadino, ma nelle reali intenzioni dell'uomo, raggiungere le forze ribelli di De Gaulle.

Finirà in un ingranaggio micidiale che nemmeno l'aiuto di una moglie compromessa in parte con le forze naziste ("Quello che ci vorrebbe per noi è un Hitler". Ma non era stupida. Sapeva bene che Pétain non era Hitler. Soprattutto era troppo vecchio) lo aiuterà ad uscire di prigione. Intrappolato da una serie di volantini di propaganda comunista che alcune guardie introducono nelle tasche dei suoi pantaloni, verrà prima arrestato, dopo che per la stessa accusa era stato prosciolto da un tribunale francese, e poi fucilato dopo una lunga permanenza in un campo di concentramento.

Convinto assertore di una 'bontà' ultima del potere e per questo anche personaggio ingenuo (Era evidente che la polizia francese non aveva alcun potere reale, che obbediva ai tedeschi e basta, e dato che la principale preoccupazione dei tedeschi era il mantenimento a grandi linee dell'ordine, un francese che non fosse stato ebreo o comunista, che non si fosse fatto notare, poteva considerarsi al sicuro) trarrà le sue tristi considerazioni solo sul punto di morte.

Ne La trappola Bove riassume un po' la sua vita e i suoi ideali: nel 1934 lo srittore entra a far parte del Comitato di vigilanza degli scrittori antifascisti e testimonierà la sua solidarietà politica cominciando a pubblicare le proprie opere sulle principali riviste antifasciste. Dopo la rapida disfatta dell'esercito francese e la firma dell'armistizio, lui di origini ebraiche che aveva sposato una donna ebrea e militante comunista, fugge ad Algeri e vi rimane per due anni. E qui riallaccia i rapporti con diversi intellettuali, tutti rifugiati: Gide, Saint-Exupery ed altri.

Non è bastata una vita coerente ed una continua battaglia contro la vergognosa resa francese ai tedeschi a renderlo famoso: abbiamo già ricordato la noncuranza con cui fu accolta l'uscita del romanzo in questione. Ma l'oblio su Bove durò più di trent'anni, nonostante alcuni sporadici tentativi di riproposta e nonostante alcuni autorevoli colleghi (alla domanda quale scrittore francese consigliasse la lettura, Samuel Beckett rispondeva senza esitazione: Emmanuel Bove) ne rivelassero l'importanza. Se si pensa che solo nel 1999 l'editore Flammarion ha finalmente pubblicato per il mercato francese l'opera completa dello scrittore, costituita da ben 1014 pagine (e purtroppo mai tradotta in Italia), l'impressione che se ne trae è quella di un delittuoso e continuo oscuramento di uno dei letterati più fini ed introspettivi della cultura europea del secolo scorso.

Roland Barthes, affermando che è l'allucinazione dell'infimo dettaglio che domina la lettura di Bove, aveva perfettamente ragione. Quando ne La trappola lo scrittore descrive l'ambiente in cui il protagonista viene condotto per essere interrogato prima di essere arrestato, lo fa con queste incisive parole: Bridet fu spinto in una sala senza mobili, ma ingombra di attaccapanni.

Agghiacciante e quasi metafisico. Come questo straordinario romanzo e l'arte in genere di Emmanuel Bove.





L'edizione da noi considerata è:



Emmanuel Bove

La trappola

Le Mani editore – Genova 1995





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