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Il Paradiso degli Orchi
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DE FALSU CREDITU

Marco Croce

I Santarelli

De Gasperi Editore, Pag. 183 Euro 18,00
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Vennero chiamati "Musicarelli" i film che negli anni '60 deliziavano platee vocianti ed isteriche di più o meno effimeri cantantucoli pop-olari. Morandi, Little Tony, Caterina Caselli, Rita Pavone segnarono un'epoca di lustrini e qualunquismo a damigiane, offrendo un'imago spensierata, ludica e soprattutto democristiana della vita e del suo incedere.

Curiosamente un filone, nato ancor prima, ma parallelo e forse più fornito, ma non assurto a vera e propria venatura, marchiò il costume cinematografico del nostro paese, tanto che Marco Croce, in questo suo saggio esaustivo e apprezzabilissimo per rigore iconografico, l'ha ribattezzato dei "santarelli".

Perché questa semplificazione neologistica? Perché davvero il cinema nostrano, dai primi anni '50 fino alla fine dei '60, produsse una serie di pellicole a sfondo religioso tanto che preti, monache, conventi, suore e alti prelati furono famosi, o forse di più, di maggiorate, motorizzati, capelloni e falsi rivoluzionari yé-yé.

Tutto ebbe inizio con Cielo sulla palude (1949) di Augusto Genina, basato sulla storia e il martirio di Santa Maria Goretti. Un successo clamoroso. Come non ricordare poi Nostra Signora di Fatima del 1953 con una fulgida Susan Whitney, film che ottenne anche una candidatura Oscar. O Il figlio dell'uomo del 1953, sponsorizzato dalla potentissima San Paolo e girato tra l'altro a Peschici.

Forse non tutti sanno che accanto a questi veri e propri Kolossal, o presunti tali, vi fu un sottobosco di pellicole similari che ottemperò per lo più al compito di "educare" masse di italiani il cui unico svago era quello di frequentare la parrocchietta sotto casa e il cui messaggio, alla fine, arrivava limpido e tutto sommato formativo da un punto di vista confessionale.

Croce tenta, nel magma impressionante dei dati, una suddivisione per capitoli/categorie. La categoria dei "preti" offrì tra l'altro un convincente Tiziano Terrigni (attore preso dalla strada come fece Visconti coi protagonisti de La terra trema, analfabeta e pure disabile) che con il film Don Oronzo di Osimo (storia di un parroco di provincia che sogna il Paradiso vivendo nella sporcizia e allevando pidocchi e zecche sul proprio corpo perché creature di Dio) ottenne la nomination ai Nastri d'Argento.

Ancor più eclatante, nella categorie "suore" fu il caso dell'ex "donna di strada" Alfonsa dell'Arco che, chiamata improvvisamente dall'aiuto regista di Alberto Lattuada Amerigo Collinella, si produsse in un'autorevole performance in Suor Castalda donna calda (titolo molto ambiguo tanto da costringere l'allora sottosegretario Giulio Andreotti ad un intervento diretto presso la Santa Sede per convincere le gerarchie che il titolo sottintendeva un ardore passionale, ma illuminante, della protagonista in odor di santità) e che meritò una menzione come miglior attrice protagonista al festival cinematografico "Santocchio di Verrecchie" sponsorizzato dalla Congregazione delle Madri Dolorose del Salento.

Non ultimo, nella sezione "i francescani" da segnalare la triste vicenda di Mario Cossu, sardo e anch'esso analfabeta (sull'uso di attori improvvisati e senza istruzione alcuna si veda il saggio di Porfirio Duse Ci sei o ci fai – Marengo Edizione ) che dopo la fine delle riprese del film Il fratellastro di Francesco perì disgraziatamente in un burrone nel vano tentativo di inseguire una farfalla multicolore (si vocifera che i versi de La farfalla impazzita, presentata al festival di Sanremo da Paul Anka e Johnny Dorelli, peraltro esclusa dalla fase finale, "vola la farfalla impazzita ah ah/ era quasi fra le mie dita ah ah/ vola nell'immensità si allontana dove andrà chi lo sa" fossero dedicati proprio allo sfortunato, ma intenso in quell'occasione, protagonista del film "francescano".

Sarebbe lungo l'elenco dei film che propone il saggio e soprattutto l'elenco dei protagonisti. Vanno ricordati però Alcide Riomarzo in Mi merito Dio, Laudasia Cardarelli in La rivolta del cuore, Ida Dai in L'uccello del Signore e soprattutto Artemide Cestia in La monaca di Magonza. E fra i registi un giovanissimo Lucio Fulci che, prima della sbandata horror-cult, scaldò i muscoli con un pugno di pellicole tra le quali vanno comunque ricordate Francesco nell'inferno di legno, Per un pugno di talenti (riscrittura dalla parte di Giuda)e l'apocalittico Nessuno mi può giudicare che, apparentemente musicarello, in realtà rappresentò la vera storia di Maria Maddalena alle prese con le dicerie dell'ambiente.





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