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CINEMA E MUSICA

Alfredo Ronci

Il Liga è davvero incazzato (anzi, incassato).

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In una recente intervista al mensile XL Ligabue ha testualmente detto: Io non credo che il successo sia indicatore per forza di quello che vali, casomai il successo amplifica tutto e per chi ha un background fatto di sensi di colpa e senso del dovere, amplifica una responsabilità. Senti che è necessario per te esporti e aprirti sempre di più e più ti esponi e più diventi vulnerabile.

Sarà per questo che il Liga non si è risparmiato in questo nuovo album: risparmiato nel senso delle critiche al sistema e nel senso anche dei proclami.

Diciamocelo: non è un gran poeta, non ha la finesse di un Battiato o di un De Gregori, ma quando 'parla' è meno qualunquista del primo e più 'muscolare del secondo. E a noi sta bene.

Arrivederci, mostro è un sunto dei cinquant'anni dell'uomo e dei tanti da musicista: un bel raccontare, con quel linguaggio arrabbiato, ma mai fine a se stesso. Un sunto che nella canzone Nel tempo attiene ad un età che la stragrande maggioranza dei fans dell'artista non ha vissuto (che bello quel passaggio: 'Ed hanno ucciso Lavorini e dopo niente è stato come prima'... e sembra un pallino quello della violenza sui bambini, e ci torniamo), ma che lui 'snocciola' con una grazia ed una attenzione alla memoria considerevoli.

Non vogliamo fare come al solito i bastian contrari, ma alle dicerie dei più preferiamo una nostra visione e cioè: si è tanto parlato del brano Caro il mio Francesco dedicato a Guccini (dove... 'Caro il mio Francesco come vedi ti scrivo, e quando uno scrive deve avere un motivo, il mio è dirti che la tua 'avvelenata', in questi giorni l'ho consumata, risulta evidente quanto siam diversi, quanto son diversi i tempi del percorso, ma sono giorni in cui suona più vicina, tutta quella tua incazzatura'), ma ci par questo, pur se sentito e necessario, ma come direbbe lo stesso Liga, amplificato, un po' loffio, noioso assai nel suo incedere cantilenante e da vecchia nenia da osteria.

E pure la tanto sbandierata Quando mi vieni a prendere, rievocazione del sequestro e uccisione di una maestra d'asilo e di due piccoli in Belgio, nel suo 'passo' emozionale, ci pare comunque posata, troppo costruita. Anche un po' lunga da 'digerire'.

Liga da il meglio nella sua concezione artigianale della musica: ecco allora che la sua qualità muscolare si estrinseca meglio nei pezzi più rock (Quando canterai la tua canzone) dove anche qui la strofa 'Scegli tu tra botte e rime' ci sembra eloquente, ne La verità è una scelta ('La verità è una scelta, la verità è un'impresa') e nella splendida La linea sottile dove il passaggio 'E i primi che mangiano tutto e gli ultimi pagano tutto quel conto' sembra una risposta 'cantata' all'iniqua manovra di aggiustamento del governo Berlusconi (vabbé su, concedetecelo).

Anche nelle ballate Ligabue buca: sia in Ci sei sempre stata, che ne Il peso della valigia, dove il testo 'giovanilistico' è lontano dalle ruffianate alla Vasco (ma siamo davvero sicuri che un incontro tra i due sia un avvenimento musicale? Io li vedo talmente diversi...).

'Vivere è un atto di fede' dice ad un tratto il rocker aggiungendo (e questo completa il quadro sull'attenzione alle problematiche dell'infanzia) che 'Ho visto in sala parto la potenza delle cose' a testimonianza di un sentire la vita, la propria e quella che è appena iniziata, come suggello ad una strenua difesa della stessa. Non è un caso che l'ultimo pezzo della tracklist sia Il meglio deve ancora venire. Al di là di tutto ci sembra un buon augurio, nonostante i tempi.





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