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Il Paradiso degli Orchi
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RECENSIONI

Hausfater-Douïch Rachel, Latyk Olivier

Il bambino stella

Pisani - Luna dorata, Euro 13,00
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Questo libro ha la copertina cartonata, e dimensioni, colori e forme ne segnalano all'istesso modo il destinatario: il cucciolo d'uomo. Antonio Faeti diceva in un suo testo fondamentale (Guardare le figure, Einaudi, Torino 1972, pp. 274-280) che l'editoria cattolica, sempre attenta a mantenere efficaci i propri metodi di propaganda (fede, beninteso), già nell'Ottocento realizzava grandi libretti edificanti, impaginati col testo a sinistra (intesa come collocazione spaziale - come il "porco" è "nel senso del maiale"(Jannacci-Fo)) e la figura a destra. Il mito è sempre a destra, si sa. E anche i miti, datosiaché quest'astuto posizionamento era studiato in modo da lasciare al bimbo magari non alfabeta la parte fenomenica, mentre il testo poteva con agio venir letto da chi aveva accesso al nuomeno: l'adulto supervisore, per solito la nonna. Una di quelle belle bianche nonne italiane ("il potere alle nonne!") che si facevano accompagnare a messa dai nipoti, e chiedevan loro di mandare "un bacino a Gesù".

Mi sono attardato sulle soglie del testo e sul cattolicismo perché, anche se destinato ai bimbi e di Casa Editrice laica - "pictura est laicorum literatura" -, la storia che viene raccontata ha a che vedere (ahinoi) col cristianesimo, e, ovvio, coi bambini. Ma è una storia così enorme, e terribile, che al recensore tremano i polsi a doversene occupare: allora perde tempo, e ricorda che è una storia narrata mille volte, e mille ancora, e suscita polemiche a non finire. Tra le quali: come continuare a raccontarla, per non farle correre i rischi della banalizzazione e dell'usura?

Per uno scrittorucolo come il Vs. Affettatissimo, egl'è un quesito di prima grandezza - lo stile. Tuttavia, vero è che, in sé e per sé, questo problema qui non dovrebbe esistere: si suppone che tanto siano piccoli i piccoli ai quali il libro si rivolge, che questa storia non l'abbiano mai ascoltata. Ma quelli son piccoli, non sono scemi: hanno orecchie per ascoltare e occhi per vedere, cuori per palpitare e cervelli per intendere. E dunque, se non per intero, la storia della quale questo libro parla, l'avranno afferrata dalla tv, dal cinema, dalle parole degli amichetti. E dalle loro parolacce, e insulti (cfr. Paola Thabet, La pelle giusta, Einaudi, Torino 1997). Essì: perché i bambini sono persone, persone intere. E quindi possono essere cretini esattamente come gli adulti: se poi crescono in famiglie cretine, c'è un'alta probabilità che ci diventino - il cretino è prevalente. Se, infine, la loro Nazione cede all'imbecillità, il probabile diviene certo - insegnamo ai bambini a temere l'uomo nero, e quando arriva, stiamo vent'anni a osannarlo, salutandolo romanamente. Lo narra, e come bene, Michel Tournier nel suo Il re degli ontani - consigliabile a tutti gli alieni dal vizio crociano di confondere giudizio e giustificazione.

E questa è anche una storia di cretineria: Ezra Pound di sé diceva "credevo di essere pazzo, ero solo un idiota". Per dire che la follìa ha una certa tragica grandezza. Qui, invece, si vola molto più basso: chi rese possibile la storia del bambino-stella non aveva nulla di grande. Era gente mediocre: pittori falliti, agitatori da birreria, piccoli burocrati, demagoghi. Pretendevano essere i campioni della loro razza di "bestie bionde": e come ogni dozzinale, ci sono riusciti a metà - difatti erano scuri di capelli, storti, malfatti, obesi, racchi (come me: solo, io non pretendo).

Il Lettore - il Paradiso è frequentato da adulti colti e vaccinati - avrà ben capito, insomma, di che storia si tratta (e l'esitazione del povero me a narrarla). E perché al bambino protagonista dicono che è una stella: e lui è contento. Ma subito s'accorge che la sua non è una stella come le altre: non ha cinque punte, ne ha sei. E il bambino comincia a vergognarsi: e più si vergogna, più la stella diventa grande - come l'ubriacone del Piccolo principe, che beveva per dimenticare la vergogna d'essere un ubriacone. Bellissimo è l'espediente grafico che rende questo passaggio: nella prima scena del Rigoletto, Monterone chiama "serpente" il gobbo, che "d'un padre ride al dolor" - e i bassi entrano discendendo nel loro registro più grave, a far vedere coi suoni e le dissonanze quel viscido strisciare di biscia. Qui la tavola che illustra l'inizio della vergogna è nei colori pastello "naturali" - il cielo è celeste, l'erba verde erba, il sole giallo sole. Ma la tavola seguente è rossa e nera: rosso il cielo, nero il sole e la terra, rosso il bambino sullo sfondo della terra, nera la stella davidica che porta sul petto.

Ed enormi, realizzati a metalliche meccaniche linee dritte - gli altri personaggi stondano - vediamo, alla pagina dopo, arrivare i "cacciatori di stelle". Nuovo chiasmo figurativo: per chi non lo sapesse, "chiasmo" in greco è "incrocio" (alla base del cervello c'è un "chiasma ottico", l'incrocio dei nervi che portano il segnale della rètina destra all'area visiva dell'emisfero sinistro, e viceversa). Nella tavola precedente, sole nero e cielo rosso corrispondono a bambino rosso e stella nera - è l'El Lissitsky di "batti i bianchi col cuneo rosso". Qui il rosso e il nero li troviamo di nuovo nel bracciale che marchia i "cacciatori di stelle": lo sfondo rosso, la nera croce uncinata - scelta perché simbolo solare indiano dalla società esoterica "Ultima Thule" che fu il primo nucleo del nazismo. Quasi a centro pagina, piccolo, rigido, fiancheggia i cacciatori smisurati il loro capo: nulla nel tratto tradisce un giudizio su di lui, che fu, assieme al tonitruante e pagliaccesco Kuce, il più grande assassino della storia. O forse proprio nell'assillante piccola normalità di questa figura tutto viene detto di lui, del suo regime, della patologia che non fu e non è soltanto sua, ma che s'annida nella norma, ne deriva, si nutre dei succhi venefici secreti dal "senso comune" che Manzoni già condannava alla colonna infame, dal patriottismo malinteso, e persino dall'adorazione d'un dio.

Superate queste pagine centrali - non solo perché fisicamente alla metà del libro - ricomincia il contrappunto fra i colori tenui, delicati, delle illustrazioni, e l'orrore della storia. C'è una campagna innevata, e un trenino che l'attraversa - immaginiamo faccia ciuf-ciuf. C'è una grande casa all'orizzonte, con un grosso comignolo dal quale esce del fumo. Ma quel treno è piombato. Il gelo della neve raddoppia le sofferenze di chi si stipa in quei vagoni. Di chi abiterà quella casa che non è una casa. Di chi alimenterà quel focolare che non dà calore. Di chi passerà per quel camino: tante stelle che non brillerano più. Ma il nostro bambino-stella è fortunato: è riuscito a spegnere la sua stella, dimodoché i cacciatori non la vedano. Ma così facendo, non solo la stella non sembra più una stella, ma - ancora una divergente e agghiacciante simmetria - lui non sembra più un bambino.

Però, non c'è notte tanto scura da non avere un'alba. E finalmente il sole torna sole, i prati prati, i bambini bambini - grazie a quelle "persone nuove", "un po' soli, un po' stelle", che hanno fatto di nuovo brillare il bambino-stella, attutendo la solitudine in cui si trovava al risorgere del sole - moltissimi come lui non ci sono più, sono stati annientati. Non c'è una parola, né d'odio né d'altro, per la scomparsa dei "cacciatori": una mi sento di dirla io. Qualcuno oggi ritiene che avrebbero dovuto vincerla loro, la partita: e chiama in causa l'amor di Patria, per dirlo. Ebbene: sono dei malconsigliati o dei reietti, che non hanno altra patria che la propria idiozia o il proprio tornaconto. La valanga di ferro e di fuoco che suscitarono e li sommerse fu guidata da uomini fallibili, sciocchi e crudeli talvolta: ma le loro idee e i loro principi erano giusti. Quelli sono la mia Patria.

Che tanti sentimenti e idee, e tanto complesse, siano state espresse con mezzi tanto semplici e raffinati assieme, e che vengano offerti a quelli di cui in genere si dice che "non possono capire", dimostra che nulla è al di fuori della comprensione, quando s'usano i mezzi adatti con intelletto d'amore. Naturalmente, nessun libro - nemmeno un piccolo libro perfetto come questo - può esaurire ogni riguardo d'una questione così immensa e centrale nella storia. Ma la sua esistenza può fornire spunti a non finire per discutere con i bambini - la forma più alta d'amore per loro (per chiunque) - del perché non vi siano libri che discutano d'altre stelle spente dai cacciatori: gli zingari, i comunisti, i froci e i pedofili, i deformi, i cosiddetti pazzi. E per farsi infine la domanda terribile: se solo loro avessero rinchiuso - e non i bambini-stella -, cosa sarebbero oggi i campi?

Forse, autogrill.



di Marco Lanzòl


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