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Il Paradiso degli Orchi
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CINEMA E MUSICA

Alfredo Ronci

Il fascino acquoreo di Giuseppe Righini: 'In apnea'.

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C'è scritto sul retro dell'elegante cd: Selezionato dal premio Tenco e dal Mei (Meeting degli indipendenti). Si sa, noi siamo orchi e paura non abbiamo e quindi insinuiamo: ma siamo davvero sicuri che il premio Tenco sia sinonimo di qualità a tutto tondo? Spesso e volentieri la manifestazione è una lagna indigeribile di cantautorato vecchio e trito (per poi ritrovarci a Sanremo un Vecchioni, eroe del Tenco, vecchio e trito e appunto lagnoso e dover leggere che quest'anno c'è stata una rivoluzione in merito...) e di certa spocchia simil-intellettuale da salotti radical chic della sinistra più altezzosa (vedi Dandini). Qui in Italia, credo, c'è sempre poco da fare i boriosi, soprattutto in musica.

Fortuna che la 'selezione' di Giuseppe Righini abbia centrato la questione (scorgete contraddizione? Dico di no, del premio Tenco ho solo suggerito che spesso e volentieri è una lagna, mica sempre).

Sì perché il cantautore riminese (definizione questa assai parziale perché l'uomo lo si può tranquillamente esplicitare come agitatore culturale nonché attore con varie esperienze al suo attivo) col suo disco, a tre anni dal precedente Spettri Sospetti, sempre selezionato dal Tenco, regala all'ascoltatore suggestioni particolari con un background che non fatichiamo a ricollocare in un'area new wave che parte dagli anni ottanta fino ai nostri giorni.

Sì perché i 12 brani che compongono l'opera (l'ultimo, 'Kreuzberg sonata' è solo recitato a conferma anche delle attitudini del Righini verso malie teatrali) ricordano certe intuizioni pacatamente elettroniche del post-punk (per esempio 'Satellite' mi richiama molto 'Aqua' degli Eurythmics o la fascinosa 'La luce del sole alle sei di pomeriggio' fa venire in mente le melodie dei Depeche Mode) con aggiunte – e meno male – di indigene evoluzioni cantautorali (prendiamo il pezzo che da il titolo all'album, 'Apnea', che suggerisce i percorsi di Cristina Donà, o 'Sul grande Pendaglio' che non può non far ricordare le cose migliori di Vinicio Capossela), se non addirittura di agganci alla migliore tradizione pop del nostro paese (vedo battisti nell'incedere ritmato di 'Anima d'animale' e Battiato ne 'L'ultimo sogno di Arthur Rimbaud').

Perché si parlava nel nostro titolo di fascino acquoreo? Perché l'arte di Righini sta proprio in questa prospettiva fluida della musica, dove la strumentazione, quasi accarezzata, (anche i pochi assoli di chitarra elettrica raddoppiano il senso quasi 'mistico' dell'emissione) accompagna in modo suadente il canto pacato ma sentito dell'artista.

Tutta l'operazione ci sembra riuscita (le mie personali preferenze vanno a due brani 'Non ho tempo' e 'I fiori di plastica sono per sempre'), perché la proposta di Righini è anche bina: nell'elegante 'astuccio' oltre al cd troviamo un libretto con diciassette (non deve essere superstizioso il nostro!) mini racconti che in qualche modo fanno il pari coi testi delle canzoni. Testi mai banali, ma degni compagni di una progetto effettivamente fascinoso ed inusuale: ogni movimento lento dondola/in apnea/ ogni istante mi rincorre senza fretta senza età/ pesci rossi sulle mensole/ squali nella tv/ preferisco il pesce luna sul soffitto/ tra le stelle lassù/ in apnea/ogni movimento lento dondola/ e sai già/ sai che per toccare il fondo ci vorrà giusto l'eternità.





Giuseppe Righini

In apnea

Interno Records/NdA press





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