Tasti di scelta rapida del sito: Menu principale | Corpo della pagina

Il Paradiso degli Orchi
Home » Cinema e Musica » Il mezzo fascino tribale di Paul Simon: 'So beautiful or so what'.

Pagina dei contenuti


CINEMA E MUSICA

Alfredo Ronci

Il mezzo fascino tribale di Paul Simon: 'So beautiful or so what'.

immagine
Ho sempre avuto un conto in sospeso con Paul Simon, già dai tempi con Garfunkel. Nel senso che la sua musica, nonostante abbia toccato vertici assoluti, non ha mai pizzicato realmente le corde del mio cuore. E con tutta franchezza non so perché.

Lo ritengo autore da alti e bassi nonostante certe intuizioni che hanno lasciato il segno, (vedi Graceland), ma per esempio il suo ultimo disco da studio prima di questo, Surprise, era noioso ed irregolare, tanto irregolare che non sono riuscito mai ad ascoltarlo per intero.

La critica nostrana, a proposito di So beautiful or so what ha gridato al mezzo miracolo: facile in questi tempi di campionamenti e rifacimenti. Ma mi par di scorgere in questa ipervalutazione del musicista una sorta di attaccamento storico ai suoi passati, più che una vera disamina di un'eventuale predisposizione dell'artista all'esplorazione.

Perché diciamocela, So beautiful or so what, nonostante le belle parole di Elvis Costello all'interno dell'album (e ci sembrano oneste) non mostra particolari evoluzioni (ma è lecito chiederle ad un uomo che ormai è alle soglie dei settant'anni?) ed il punto di riferimento rimane ancora e sempre Graceland.

Basta ascoltare, per esempio, 'The afterlife' o 'Love & blessing' per capire da che parte gira la music: quell'etnica' che in questi anni ci ha permesso di conoscere artisti che altrimenti sarebbero rimasti nell'anonimato, ma che spesso e volentieri, nonostante innesti anche azzardati e coinvolgenti, rimane sempre un po' simile a se stessa. Eppure potrei spolmonarmi per consigliarvi l'ascolto di 'Rewrite' dove un posato e suggestivo Simon si fa accompagnare dalla kora maliana ed il risultato è stupefacente.

E nulla si può eccepire sull'impegno sociale del musicista: le storie contenute nel disco spesso parlano di perdenti e solitari, stritolati dai meccanismi della contemporaneità. Penso soprattutto al vagabondo barbone che attraversa il ponte di Brooklin nel pezzo 'Questions for the angels' o all'uomo, reduce dal Vietnam, che lavora in un autolavaggio: 'Rewrite'.

Come spesso avviene nei dischi di Simon la 'scaletta' è abbastanza eterogenea: oltre al già detto c'è spazio, per esempio, per un bluegrass ('Dazzlinb blue'), per uno strumentale ('Amulet') e per una ballad da musical come 'Love and hard times'.

Insomma, So beautiful or so what è un bel disco, ma come ha detto giustamente qualcuno, non scalda il cuore. Ma in questi casi mi chiedo sempre se siamo noi a pretendere quello che ormai non può arrivare più, o è la musica contemporanea a non offrire quello che con giustezza dovrebbe porgere.

Domanda amletica?





Paul Simon

So beautiful or so what

Concord - 2011





CERCA

NEWS

RECENSIONI

ATTUALITA'

CINEMA E MUSICA

RACCONTI

SEGUICI SU

facebookyoutube