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Il Paradiso degli Orchi
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RECENSIONI

Rocco Carbone

Il padre americano

Cavallo di ferro, Pag. 240 Euro 16,50
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Il padre americano dello scrittore prematuramente scomparso Rocco Carbone è un romanzo di affetti, di pudori e premure sempre contenute in un contegno fermo, perplesso e malinconico. Romanzo inedito, scritto prima di Per il tuo bene, l'altro titolo pubblicato postumo, esce ora a tre anni dall'incidente automobilistico che tolse la vita allo scrittore calabrese. Ci pensa l'editrice Cavallo di Ferro di Romana Petri, scrittrice che fu amica dello scrittore e a lui dedicò un breve racconto aggiunto in appendice a questa bella edizione.

Poiché "Dopo una certa età è difficile per un uomo non dare ragione a una donna giovane e bella", la storia inizia con un inopinato viaggio in America del narratore, convinto dalla ragazza con cui ha una relazione a prendere un aereo e lasciarsi alle spalle la mestizia di un lutto, quello del padre, cui l'uomo fa appena in tempo a organizzare un funerale. Non sembrerebbe una persona particolarmente attenta ai bisogni altrui, la ragazza, tant'è che si capisce presto l'aria che tira. Per quanto innamorata possa dirsi di lui, è capace di lasciarlo di stucco con parole sgradevoli dette con un eccesso di disinvoltura. E di abbandonarlo a un certo punto senza tante spiegazioni.

Del resto lo aveva fatto egli stesso, anni prima, con la moglie – a chiederselo, il perché, non saprebbe rispondere con sicurezza nemmeno lui. Un po' opaco l'intero paesaggio affettivo implicato in questa vita, insomma. Cui il protagonista non fa che ripensare, a partire dal rigore non sempre perspicuo del padre, un giudice calabrese che non ha nessuna intenzione di abbandonare quella terra triste e malsicura: è lì che servono quelli come lui, quelli che ci credono. Piuttosto aveva mandato lui, il ragazzo, lontano, a Roma, perché la minaccia di una vendetta della 'ndrangheta non si era fatta attendere. Il romanzo dunque cambia di continuo luogo e tempo con evidente abilità e scorrevolezza, costruendo con sagacia un tessuto narrativo che si fa più stretto man mano che si procede nella lettura. Il ricordo e la consapevolezza - che cresce con il tempo - di una regione, la Calabria (terra d'origine anche dell'autore) saccheggiata dalla malavita, dall'abusivismo, espropriata della legge, s'intreccia con gli anni romani del narratore, capace studente universitario, timido con le ragazze, fulminato dall'amicizia di Ernesto, giovane svagato e inconcludente prima, ben presto futuro ottimo scrittore afflitto dalla classica sindrome bipolare che si accanisce non di rado sulle menti molto creative.

Ma la relazione decisiva, quella intorno alla quale si stringono i nodi fondamentali della vita del narratore, ha da fare con il padre. Che, anziano, non può più farcela da solo, perde colpi e forse per questo con la senilità inizia ad aprire le porte prima sempre serrate alla cauta ma sorprendente rivelazione di vitali storie di famiglia. Un uomo insomma che ha fatto dell'onestà un principio basilare della sua vita, eppure è meno trasparente di quanto non sembri, avendogli tenuto nascosta la storia del padre – del nonno del narratore. Un uomo che aveva vissuto per qualche anno proprio in America. Ecco che il viaggio del nipote diventa l'occasione inaspettata per ricostruire un passato ignoto e scoprire segreti insospettabili.

Una scrittura denotativa e più che asciutta, persino grigia quella di Carbone, con un modesto indice di metaforizzazione, senza guizzi stilistici. Però di pregevole tenuta ritmica, passo regolare, antispettacolare ma in grado di rendere bene il clima non di rado angusto, disagevole, di apprensione trattenuta a fatica, di non detto che tedia le relazioni fra i personaggi. Una scrittura di cose e non di parole insomma, sebbene non vi accadano moltissimi fatti e parte non esigua del materiale narrativo sia di tipo psicologico, pensato oltre che vissuto. Un buon libro con un sapore molto tradizionale.



di Michele Lupo


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