DE FALSU CREDITU
Amaretenya Drinattapure
Il ritorno di Chandrika
Exodus edizioni, Pag. 714 Euro 20,00
Sono anni che ormai circola il nome della scrittrice singalese come probabile candidata al premio Nobel per la letteratura. L'autrice di Apaugasma (titolo che, ricordiamo, fu al centro di polemiche perché è parola tratta dalle sacre scritture, è la luminosità riflessa di Cristo che perfettamente riflette la maestà di Dio, ma utilizzata dunque dalla Drinattapure di religione buddhista e oltremodo di tradizione theravada) ne avrebbe ben donde: la sua coerenza stilistica e la sua discesa spirituale nel corpo-anima di quest'isola dell'Oceano Indiano, meriterebbero davvero il premio.
La conferma del suo immenso talento ci viene da questo romanzo-fiume, testimonianza drammatica ed emotivamente sconvolgente dello tsunami del dicembre del 2004 che distrusse l'intera regione.
La storia narra la vicenda del piccolo Mehinda, un ragazzo di nove anni che, dopo aver perso tutta la famiglia nella tragedia è convinto di poter ritrovare la sorella Chandrika, di 11 anni, per una sorta di illuminazione interiore che lo spinge ad attraversare l'intero paese.
Ecco dunque sfilare, senza che il lettore tra l'altro avverta il senso di una, permettetemi di dirlo, educazione geografica, le località costiere dello Srilanka che fanno da cornice a questa ricerca che diventa una sorta di toccante rito di passaggio adoloscenziale: Galle, Hambantota, Batticaloa, Trincomalee nella baia di Bengala, o Negombo o la stessa capitale Colombo nel golfo di Mannar.
In questo viaggio dell'anima e del corpo, il piccolo Mehinda sperimenta le emozioni più profonde, come l'incontro col contadino Badulla che lo indottrina sul significato della serendipità e sul concetto della parola ponte secondo la mitologia induista (e come si fa a tacere dell'episodio del pescatore Solomon che nell'atto 'finto' di pescare una luce, restituisce al bambino il senso di una ritrovata e 'abbagliante' serenità?).
La Drinattapure che non è scrittrice di facile 'ricezione', affronta per vie traverse anche l'annosa questione dello scontro tra le Tigri tamil e le forze governative, ma il tutto avviene attraverso l'occhio attento, ma nello stesso tempo magicamente infantile del protagonista che vede in questa lotta una trasposizione diretta delle sue difficoltà oggettive di esistenza e sostentamento: la politica dunque restituita alla purezza della contesa.
Le oltre settecento pagine del romanzo non concedono sosta e quando avviene finalmente l'incontro tra Mehinda e Chandrika, la cui primiera descrizione ha l'aura non soltanto dell'epifania, ma anche e soprattutto della rivelazione spirituale, il lettore, attraverso l'arte cristallina della scrittura della Drinattapure, avverte un senso di partecipata trasparenza.
Le guerre e la natura spesso assassina non sottraggono agli individui quel senso di appartenza alla terra e ai propri affetti che, nelle figure di Mehinda e Chandrika assumono il significato di una vera e propria religione del cuore. Che forse non avrà un dio, ma sicuramente più diretta e partecipativa.
La conferma del suo immenso talento ci viene da questo romanzo-fiume, testimonianza drammatica ed emotivamente sconvolgente dello tsunami del dicembre del 2004 che distrusse l'intera regione.
La storia narra la vicenda del piccolo Mehinda, un ragazzo di nove anni che, dopo aver perso tutta la famiglia nella tragedia è convinto di poter ritrovare la sorella Chandrika, di 11 anni, per una sorta di illuminazione interiore che lo spinge ad attraversare l'intero paese.
Ecco dunque sfilare, senza che il lettore tra l'altro avverta il senso di una, permettetemi di dirlo, educazione geografica, le località costiere dello Srilanka che fanno da cornice a questa ricerca che diventa una sorta di toccante rito di passaggio adoloscenziale: Galle, Hambantota, Batticaloa, Trincomalee nella baia di Bengala, o Negombo o la stessa capitale Colombo nel golfo di Mannar.
In questo viaggio dell'anima e del corpo, il piccolo Mehinda sperimenta le emozioni più profonde, come l'incontro col contadino Badulla che lo indottrina sul significato della serendipità e sul concetto della parola ponte secondo la mitologia induista (e come si fa a tacere dell'episodio del pescatore Solomon che nell'atto 'finto' di pescare una luce, restituisce al bambino il senso di una ritrovata e 'abbagliante' serenità?).
La Drinattapure che non è scrittrice di facile 'ricezione', affronta per vie traverse anche l'annosa questione dello scontro tra le Tigri tamil e le forze governative, ma il tutto avviene attraverso l'occhio attento, ma nello stesso tempo magicamente infantile del protagonista che vede in questa lotta una trasposizione diretta delle sue difficoltà oggettive di esistenza e sostentamento: la politica dunque restituita alla purezza della contesa.
Le oltre settecento pagine del romanzo non concedono sosta e quando avviene finalmente l'incontro tra Mehinda e Chandrika, la cui primiera descrizione ha l'aura non soltanto dell'epifania, ma anche e soprattutto della rivelazione spirituale, il lettore, attraverso l'arte cristallina della scrittura della Drinattapure, avverte un senso di partecipata trasparenza.
Le guerre e la natura spesso assassina non sottraggono agli individui quel senso di appartenza alla terra e ai propri affetti che, nelle figure di Mehinda e Chandrika assumono il significato di una vera e propria religione del cuore. Che forse non avrà un dio, ma sicuramente più diretta e partecipativa.
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