CLASSICI
Alfredo Ronci
Il senso straniato delle cose di Antonio Tabucchi: 'Il filo dell'orizzonte'.
Dimentichiamo l'uomo, soprattutto quello degli ultimi tempi e soprattutto dimentichiamo le sue opere di successo che hanno testimoniato il suo mesto declino: Sostiene Pereira e La testa perduta di Damasceno Monteiro (ammetto di non aver letto la sua ultima raccolta di racconti pubblicata sempre Feltrinelli: e perché avrei dovuto farlo?).
Dimentichiamo pure 'l'agitatore', quello che scende nell'agone politico e che sembra tutt'uno con la verbosa propensione della sinistra italiana a confrontarsi con la destra sul piano dell'improperio e della banalità mediatica piuttosto che muovere la sostanza.
Direi di passare ad altro: ricordare soprattutto i suoi esordi, quanto meno quella fase della sua attività letteraria che aveva un senso e che raccontava senza orpelli e senza troppe elucubrate paranoie (pur essendo l'ossessione un marchio indelebile della sua opera) un'obbligata interrogazione sul perché dell'esistenza.
Il filo dell'orizzonte contiene uno degli incipit più belli della nostra letteratura degli anno ottanta (il libro è del 1986) e per questo va trascritto integralmente: Per aprire i cassetti bisogna girare la maniglia a leva, premendo. Allora la molla si sgancia, il meccanismo scatta con un lieve clic metallico, si mettono automaticamente in movimento i cuscinetti a sfera, i cassetti sono leggermente inclinati e scorrono da soli su piccole rotaie. Prima appaiono i piedi, poi il ventre, poi il tronco, poi la testa del cadavere. A volte, per i cadaveri non autopsiati, bisogna aiutare il meccanismo tirando con le mani, perché alcuni hanno il ventre gonfio che preme contro il cassetto superiore e ostacola il movimento. Gli autopsiati invece sono asciutti, come prosciugati, con quella specie di cerniera-lampo lungo il ventre e l'interno riempito di segature. Fanno pensare a bamboloni, a grandi fantocci di una rappresentazione finita buttati in un deposito di robe vecchie. A suo modo questo è un magazzino di vita.
E Il filo dell'orizzonte è un libro sulla vita, sulla costante ricerca di un senso al di là delle apparenze. Perché in fondo cosa vuole Spino (dice Tabucchi: Spino è un nome di mia invenzione, ed è un nome a cui sono affezionato. Qualcuno potrà osservare che è l'abbreviazione di Spinoza, un filosofo che non nego di amare; ma certo significa anche altre cose), che fa l'infermiere in un obitorio, nell'investigazione che lo porta a sondare l'esistenza di un cadavere anonimo ritrovato in un appartamento e che la cronaca nera ha tratteggiato come personaggio oscuro ed impenetrabile?
Nella parziale identificazione col personaggio, Spino ricerca se stesso, ancor prima che la moglie ne indichi la via (Sara gli è giunta alle spalle e piegata in avanti si è messa a leggere con la testa vicino alla sua. [...] "Con la barba e venti anni di meno potresti essere tu" dice. Lui non risponde, come se fosse un'osservazione senza importanza.) e il dettaglio che lei inavvertitamente coglie erompe e ingigantisce l'ossessione.
Il filo dell'orizzonte è figlio di Notturno indiano. Sono solo due gli anni che separano le due storie (1986 il primo, 1984 il secondo), ma l'intento è lo stesso, quello di scandagliare l'animo umano e di grattarlo attraverso la masticatura di ricordi ed incubi.
Spino tenterà la strada dell'identificazione anche attraverso lo studio di oggetti appartenuti allo sconosciuto, come una vecchia fotografia che ritrae quest'ultimo con altre persone in Argentina, o una giacca 'vintage' che il morto indossava quando è stato ritrovato e che scopre essere appartenuto ad un vecchio ragioniere.
Si diceva dettagli: quel che poi Spino fa nelle ultime righe testimonia la sua resa rispetto all'inafferrabile, ma anche, tutto sommato, il suo interesse: Si è girato e ha guardato l'acqua, a pochi metri di distanza. Poi è avanzato nel buio.
Dice Tabucchi nella postfazione a questa edizione:Il filo dell'orizzonte, di fatto, è un luogo geometrico, perché si sposta mentre noi ci spostiamo. Vorrei molto che per sortilegio il mio personaggio lo avesse raggiunto, perché anche lui lo aveva negli occhi.
Qualcuno in preda ad ossessioni etichettatorie l'ha definito un noir dell'animo: fesserie per chi crede che investigazione sia sinonimo di delitto. Semmai, in questo caso, investigazione è uguale a ricerca, nemmeno troppo metodologica (quindi cade anche la parentela col noir) del vivere.
Quella che facciamo noi di sovente, senza scomodare troppo la cronaca nera.
L'edizione da noi considerata è:
Antonio Tabucchi
Il filo dell'orizzonte
Universale Economica Feltrinelli - 1991
Dimentichiamo pure 'l'agitatore', quello che scende nell'agone politico e che sembra tutt'uno con la verbosa propensione della sinistra italiana a confrontarsi con la destra sul piano dell'improperio e della banalità mediatica piuttosto che muovere la sostanza.
Direi di passare ad altro: ricordare soprattutto i suoi esordi, quanto meno quella fase della sua attività letteraria che aveva un senso e che raccontava senza orpelli e senza troppe elucubrate paranoie (pur essendo l'ossessione un marchio indelebile della sua opera) un'obbligata interrogazione sul perché dell'esistenza.
Il filo dell'orizzonte contiene uno degli incipit più belli della nostra letteratura degli anno ottanta (il libro è del 1986) e per questo va trascritto integralmente: Per aprire i cassetti bisogna girare la maniglia a leva, premendo. Allora la molla si sgancia, il meccanismo scatta con un lieve clic metallico, si mettono automaticamente in movimento i cuscinetti a sfera, i cassetti sono leggermente inclinati e scorrono da soli su piccole rotaie. Prima appaiono i piedi, poi il ventre, poi il tronco, poi la testa del cadavere. A volte, per i cadaveri non autopsiati, bisogna aiutare il meccanismo tirando con le mani, perché alcuni hanno il ventre gonfio che preme contro il cassetto superiore e ostacola il movimento. Gli autopsiati invece sono asciutti, come prosciugati, con quella specie di cerniera-lampo lungo il ventre e l'interno riempito di segature. Fanno pensare a bamboloni, a grandi fantocci di una rappresentazione finita buttati in un deposito di robe vecchie. A suo modo questo è un magazzino di vita.
E Il filo dell'orizzonte è un libro sulla vita, sulla costante ricerca di un senso al di là delle apparenze. Perché in fondo cosa vuole Spino (dice Tabucchi: Spino è un nome di mia invenzione, ed è un nome a cui sono affezionato. Qualcuno potrà osservare che è l'abbreviazione di Spinoza, un filosofo che non nego di amare; ma certo significa anche altre cose), che fa l'infermiere in un obitorio, nell'investigazione che lo porta a sondare l'esistenza di un cadavere anonimo ritrovato in un appartamento e che la cronaca nera ha tratteggiato come personaggio oscuro ed impenetrabile?
Nella parziale identificazione col personaggio, Spino ricerca se stesso, ancor prima che la moglie ne indichi la via (Sara gli è giunta alle spalle e piegata in avanti si è messa a leggere con la testa vicino alla sua. [...] "Con la barba e venti anni di meno potresti essere tu" dice. Lui non risponde, come se fosse un'osservazione senza importanza.) e il dettaglio che lei inavvertitamente coglie erompe e ingigantisce l'ossessione.
Il filo dell'orizzonte è figlio di Notturno indiano. Sono solo due gli anni che separano le due storie (1986 il primo, 1984 il secondo), ma l'intento è lo stesso, quello di scandagliare l'animo umano e di grattarlo attraverso la masticatura di ricordi ed incubi.
Spino tenterà la strada dell'identificazione anche attraverso lo studio di oggetti appartenuti allo sconosciuto, come una vecchia fotografia che ritrae quest'ultimo con altre persone in Argentina, o una giacca 'vintage' che il morto indossava quando è stato ritrovato e che scopre essere appartenuto ad un vecchio ragioniere.
Si diceva dettagli: quel che poi Spino fa nelle ultime righe testimonia la sua resa rispetto all'inafferrabile, ma anche, tutto sommato, il suo interesse: Si è girato e ha guardato l'acqua, a pochi metri di distanza. Poi è avanzato nel buio.
Dice Tabucchi nella postfazione a questa edizione:
Qualcuno in preda ad ossessioni etichettatorie l'ha definito un noir dell'animo: fesserie per chi crede che investigazione sia sinonimo di delitto. Semmai, in questo caso, investigazione è uguale a ricerca, nemmeno troppo metodologica (quindi cade anche la parentela col noir) del vivere.
Quella che facciamo noi di sovente, senza scomodare troppo la cronaca nera.
L'edizione da noi considerata è:
Antonio Tabucchi
Il filo dell'orizzonte
Universale Economica Feltrinelli - 1991
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