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CINEMA E MUSICA

Alfredo Ronci

L'Elvis più bello di sempre è tornato. 'Live at the Fillmore' di Chris Isaak.

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C'eravamo appena compiaciuti con un album, Mr Lucky, che aveva colmato una lacuna durata ben sette anni (le ultime cose erano state un live in Australia, un best ed un disco natalizio) che Chris Isaak, icona sexy di almeno due generazioni, ci regala un altro live. E che live!

E' davvero un piacere sentirlo, con quell'inflessione presleyana che non ha mai fatto gridare alla scandalo, tanto meno al plagio, semmai ha deliziato folle intere con una misura ed una qualità che lo hanno reso unico nel panorama pop internazionale.

Live at the Fillmore è una cavalcata gioiosa nel suo repertorio, senza alcun inedito (beh le sue ultime cose originali sono appena del 2009!), ma con una scelta che qualifica con nettezza l'arte del cantautore americano. Si parte con un paio di rock'n'roll alla Presley che servono a scaldare gli animi (Lonely with a broken heart, Somebody's crying) per poi planare quasi subito nella migliore dimensione isaakiana: We let her down, tratto da Mr Lucky (peccato che nella scaletta non ci sia Cheater's town, secondo me il pezzo più coinvolgente del suo ultimo album) è una ballatona pop che stringe il cuore e che Isaak, con la sua voce screziata e fatta di singulti, rende alla perfezione.

Arriva pure il pezzo, composto quasi all'inizio di carriera e regalato a KD Lang, Western stars, che appartiene al periodo di transizione della cantante, quello cioè quando abbandona le origini country per una dimensione più 'torchista' e che nella versione live di Isaak mantiene tutta la sua carica emotiva.

Non poteva mancare nel concerto Wicked Games, la cui versione solo strumentale, ve lo ricordo, apparteneva alla colonna sonora del film di David Lynch, Cuore selvaggio, ma le cui potenzialità commerciali erano talmente evidenti che il cantante ne ha fatto un hit internazionale ed un suo cavallo di battaglia. Piace ancora di più la resa 'pianistica' di Worked it out wrong, canzone inizialmente contenuta in uno degli album più deboli di Isaak, quell'Always go tonight del 2002 che per un attimo aveva fatto temere per il futuro dell'artista. Qui il pezzo ti stende: provatelo ad ascoltare di notte o di fronte ad un tramonto (ma come sono romantico!) e poi ne riparliamo (Ora, il tempo non significa niente, no niente, da quando te ne sei andata, Baby mi sento solo e mi dispiace).

Concludono la scaletta San Francisco days intramontabile hit da quel Baja session che ha fatto la delizia di moti appassionati di mare, di sole, di surf e della west coast americana e due classicissimi come Dancin e soprattutto Blue spanish sky (e provate a resistere alla malia della voce di Chris Isaak!).

Qualcuno dirà: ma niente di nuovo! Sì e chissenefrega! L'artista americano (ricordiamoci che è stato pure attore con Bertolucci, con Lynch e che ha fatto una serie in tv) appartiene a quella schiera di musicisti (ci metto KD Lang, Shelby Lynne, l'adorato Amos Lee, Lucinda Williams) che senza clamori e senza isterie porta avanti un discorsetto niente male, con punte di struggente coinvolgimento.

E poi, se mi volete far felice, regalatemi una session di Chris con i Calexico: potreste vedermi andare in estasi (ad essere sincero un disco di KD Lang insieme ad Isaak sarebbe ancora meglio, visto che ci hanno già provato all'inizio di carriera). Si sogna.



Chris Isaak

Live at the Fillmore

Mailboat Record - 2010





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