RECENSIONI
Eduardo Halfon
L'angelo letterario
Cavallo di ferro, Pag. 160 Euro 15,50
E' un'operazione originale e rischiosa quella di Halfon, scrittore guatemalteco ossessionato da quella scatola nera in cui scocca la scintilla della creatività letteraria.
Trovare il momento preciso in cui una qualsiasi persona smette di essere una vergine letteraria e inizia a fare l'amore con le parole; o come mi disse un amico: trovare, nella vita di una persona, il momento in cui le circostanze le sono così poco favorevoli da far sì che un angelo le voli sopra la testa per farla cadere nella letteratura.
Di per sé l'argomento non è nuovo, ma Halfon esibisce una funambolesca leggerezza nel modo di assemblare le parti mescolando le storie di tanti scrittori, fra cui la propria. Le accosta, le incastra l'una nell'altra come scatole cinesi, le lascia e le riprende, entra nel particolare e si allarga all'universale, percorre il tempo in entrambe le direzioni, e mantiene il lettore continuamente in bilico nella paura di perdere il filo. Lui stesso più volte dichiara, candidamente, di non sapere dove andrà a parare la sua ricerca così appassionata.
Più vado avanti con questo libro, che nemmeno so cos'è, più mi rendo conto che corre il pericolo di trasformarsi, come quelle trapunte nordamericane, in un'accozzaglia di scampoli. Non so se li attraversa una storia, o se la storia con la quale penso di unirli è un mero artificio, un trucco di poco valore.
Con questa onestà disarmante (o è essa stessa un trucco e un artificio?) Halfon procede incontrando di persona o più spesso attraverso i libri i suoi autori preferiti. C'è Hemingway che a Parigi tira di boxe con Ezra Pound, il quale, prodigo di consigli fra un pugno e l'altro, gli raccomanda di revisionare e correggere continuamente i testi. Povero Hemingway, Gertrude Stein poco dopo lo gela affermando che la revisione è un'utopia, e gli propone una scrittura spontanea. Questioni di poco conto, a confronto con la perdita dei manoscritti che di lì a poco lo costringerà a ricominciare da zero. Assai meno drammatico il clima in cui Nabokov adolescente, sedotto dalla pioggia in un parco, compone la sua prima poesia ed entra nel mondo della letteratura come si entra in un sogno. Per Raymond Carver invece la voglia di scrivere è in perenne conflitto con le più materiali esigenze della vita quotidiana, come lavare i panni e far da mangiare ai bambini mentre la moglie è al lavoro. All'estremo opposto Hermann Hesse aspira fin dall'infanzia a diventare un mago per trasformare la realtà a suo piacimento.
Il libro è pieno di aneddoti, ma definirli tali è perfino riduttivo,perché non sono mai fine a se stessi. E' sempre sottesa la tensione di quella domanda: perché e come si diventa scrittori. A volte sembra che Halfon proceda con metodo, tracciando una genealogia in cui poter identificare le premesse familiari della vocazione artistica, come nel caso di Borges. In altri punti dà rilievo a episodi fortuiti che potrebbero fungere da detonatori dell'ispirazione, innescando una specie di folgorazione sulla via di Damasco. Altrove getta direttamente la spugna, riconoscendo una gamma di situazioni diverse e potenzialmente infinite, così come potenzialmente infinito è il numero dei possibili scrittori. Di certo il lettore che si aspettasse da questo libro una risposta sarebbe ampiamente deluso. Ma di stimoli sì, ce ne sono a iosa: a leggere, a scrivere, a interrogarsi e ad approfondire la conoscenza delle diverse personalità letterarie. Se per il lettore tutto ciò è interessante, per chi è lettore e scrittore insieme lo è doppiamente. E ancor più deve esserlo stato per l'Autore stesso, che non può fare a meno di confessare il proprio coinvolgimento diretto nella faccenda.
Quando ho cominciato io a scrivere? Non ne sono così sicuro. Questo potrebbe essere, allora, un altro argomento su cui soffermarsi in queste pagine frammentate che sembrano quasi un diario, un libro di fiabe, quasi un romanzo, quasi un'autobiografia.
di Giovanna Repetto
Trovare il momento preciso in cui una qualsiasi persona smette di essere una vergine letteraria e inizia a fare l'amore con le parole; o come mi disse un amico: trovare, nella vita di una persona, il momento in cui le circostanze le sono così poco favorevoli da far sì che un angelo le voli sopra la testa per farla cadere nella letteratura.
Di per sé l'argomento non è nuovo, ma Halfon esibisce una funambolesca leggerezza nel modo di assemblare le parti mescolando le storie di tanti scrittori, fra cui la propria. Le accosta, le incastra l'una nell'altra come scatole cinesi, le lascia e le riprende, entra nel particolare e si allarga all'universale, percorre il tempo in entrambe le direzioni, e mantiene il lettore continuamente in bilico nella paura di perdere il filo. Lui stesso più volte dichiara, candidamente, di non sapere dove andrà a parare la sua ricerca così appassionata.
Più vado avanti con questo libro, che nemmeno so cos'è, più mi rendo conto che corre il pericolo di trasformarsi, come quelle trapunte nordamericane, in un'accozzaglia di scampoli. Non so se li attraversa una storia, o se la storia con la quale penso di unirli è un mero artificio, un trucco di poco valore.
Con questa onestà disarmante (o è essa stessa un trucco e un artificio?) Halfon procede incontrando di persona o più spesso attraverso i libri i suoi autori preferiti. C'è Hemingway che a Parigi tira di boxe con Ezra Pound, il quale, prodigo di consigli fra un pugno e l'altro, gli raccomanda di revisionare e correggere continuamente i testi. Povero Hemingway, Gertrude Stein poco dopo lo gela affermando che la revisione è un'utopia, e gli propone una scrittura spontanea. Questioni di poco conto, a confronto con la perdita dei manoscritti che di lì a poco lo costringerà a ricominciare da zero. Assai meno drammatico il clima in cui Nabokov adolescente, sedotto dalla pioggia in un parco, compone la sua prima poesia ed entra nel mondo della letteratura come si entra in un sogno. Per Raymond Carver invece la voglia di scrivere è in perenne conflitto con le più materiali esigenze della vita quotidiana, come lavare i panni e far da mangiare ai bambini mentre la moglie è al lavoro. All'estremo opposto Hermann Hesse aspira fin dall'infanzia a diventare un mago per trasformare la realtà a suo piacimento.
Il libro è pieno di aneddoti, ma definirli tali è perfino riduttivo,perché non sono mai fine a se stessi. E' sempre sottesa la tensione di quella domanda: perché e come si diventa scrittori. A volte sembra che Halfon proceda con metodo, tracciando una genealogia in cui poter identificare le premesse familiari della vocazione artistica, come nel caso di Borges. In altri punti dà rilievo a episodi fortuiti che potrebbero fungere da detonatori dell'ispirazione, innescando una specie di folgorazione sulla via di Damasco. Altrove getta direttamente la spugna, riconoscendo una gamma di situazioni diverse e potenzialmente infinite, così come potenzialmente infinito è il numero dei possibili scrittori. Di certo il lettore che si aspettasse da questo libro una risposta sarebbe ampiamente deluso. Ma di stimoli sì, ce ne sono a iosa: a leggere, a scrivere, a interrogarsi e ad approfondire la conoscenza delle diverse personalità letterarie. Se per il lettore tutto ciò è interessante, per chi è lettore e scrittore insieme lo è doppiamente. E ancor più deve esserlo stato per l'Autore stesso, che non può fare a meno di confessare il proprio coinvolgimento diretto nella faccenda.
Quando ho cominciato io a scrivere? Non ne sono così sicuro. Questo potrebbe essere, allora, un altro argomento su cui soffermarsi in queste pagine frammentate che sembrano quasi un diario, un libro di fiabe, quasi un romanzo, quasi un'autobiografia.
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