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Il Paradiso degli Orchi
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CINEMA E MUSICA

Alfredo Ronci

L'incedere jazz e r'n'b della più grande soul singer del momento: Bettye Lavette.

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Credo che in Italia la conoscano in sei (ed ovviamente mi ci metto pure io): i suoi ultimi dischi sono un distillato puro dell'arte del canto soul, ma per chi volesse togliersi lo sfizio di 'incontrarla' vada sul suo sito www.bettyelavette.com ed ascolti la versione da infarto che fa di un classico di Pete Townshend Love Reign O'er Me sotto gli occhi attoniti ed estasiati dello stesso Pete, di Roger Daltrey e della stagionata e un pochino lessa Barbra Streisand. Un evento da non mancare.

E come tutti i grandi, che spesso e volentieri, per dar sfogo al loro istinto se ne fregano delle scadenze, a fine 2009 ha mandato in stampa Change is gonna come, una sorta di session blues formata da solo sei brani per poco meno di 25 minuti. Ma che brani e che emozioni!

Sei canzoni che sono dei veri capisaldi della musica afroamericana: si parte col pezzo che dà il titolo all'album, Change is gonna com, che è un classico del mitico Sam Cooke. La Lavette ne dà una versione rispettosa, ma aggressiva, affrontandola con una tonalità rauca che la trasforma da una dimensione più pop ad una decisamente bluesy.

L'artista non teme confronti se poi, senza tentennamenti, propone due colonne del firmamento jazz: Round Midnight e soprattutto God bless the child che fu del repertorio di Billie Holiday (chi ha detto che se un brano è stato cantato dalla più grande artista del novecento, beh non ce n'è per nessuno?). Bettye Lavette è anche qui rispettosa, ma grande: affronta una scansione che non è più soul, ma jazz appunto, ma lo fa con maestria e classe, sopportata da una vocalità che per natura e duttilità le permette di affrontare qualsiasi repertorio.

Non contenta spara pure Lush Life, il classico che Billy Strayhorn compose nel lontano 1933, evergreen cantato un po' da tutti e che vide l'ultimo fulgore, secondo il sottoscritto, nella versione accorata che Rickie Lee Jones fece nel formidabile Girl at her volcano (1983), che guarda caso era anch'esso figlioccio prematuro (piccolo nel formato, era un lp appena più condensato del classico '33, e ridotto nel minutaggio, con appena otto brani). Forse il pezzo meno coinvolgente, proprio perché adattato da altri con più partecipazione e devozione.

Ma è solo un appunto in una session brillante e sicura che vede una Aint no sunshine (ve la ricordate? La fece pure Paul McCartney) in un incedere curiosamente tribale (mai ascoltata prima) e la finale Aint that loving you baby del bluesman Jimmy Reed (che fu anche del repertorio di Elvis Presley) che la Lavette restituisce ad una dimensione più giustamente afro.

Si diceva poco meno di venticinque minuti, ma sufficienti, perché chi non ha mai ascoltato prima Bettye Lavette, possa rendersi conto della grandezza dell'artista e invece per chi già la conosce, di avere la conferma di un talento sconfinato e la convinzione di essere di fronte, come giustamente indicato sul sito, alla 'The great lady of soul'.

Ora che Tina Turner non canta più (anche se indiscrezioni la indicherebbero al rientro) a reggere le sorti di un genere che ormai è relegato negli spazi angusti del 'culto' ci rimane davvero Bettye Lavette. E non me ne vogliano quelli che sculettano al ritmo di Mary J.Blidge e Beyoncé (che tra l'altro piacciono anche a me... e ci faccio pure la rima), ma se parliamo di dimensione soul, se non addirittura blues, è qui che dobbiamo fermarci.

Di più: Bettye Lavette ha la statura per stare accanto alla grande Aretha e all'immaginifica Patty Labelle. Le altre al confronto sono comparse, per quanto piacevolissime.



Bettye Lavette

Change is gonna come

EP - Anti/Epitaph - 2009



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