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CLASSICI

Alfredo Ronci

L'universo 'glaciale' di Alice Ceresa: 'Bambine'.

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Nelle bocche degli stolti, di questi tristi tempi, sciabordano parole come 'rispetto della vita', 'famiglia', 'Dio', 'religione' (e per i più nostalgici 'patria'): per placare le loro ire da erinni basterebbe confutare l'ipotesi (ma son certezze) che sugli imprevedibili comodini di siffatta umanità nulla è più prevedibile dell'assenza di confronto culturale e quindi di un buon libro.

Perché, ci si chiederà? Perché la buona letteratura ha sempre raccontato la famiglia, ma quasi sempre dal lato di una decostruzione dell'istituzione stessa: mica per sfizio, solo per realismo non esente poi da buoni sentimenti e a volte lieto fine. Come scriveva Tolstoj nelle righe iniziali dell'Anna Karenina? Le famiglie felici sono tutte uguali; ogni famiglia infelice è infelice a modo proprio'.

Ma vallo a declamare nei family day.

Quando si parla di Alice Ceresa e del suo universo spesso l'aggettivo ricorrente è 'agghiacciante': sfido! In Bambine il mondo di una famiglia con la sua noiosa medietà (un padre padrone, una madre sottomessa e due figlie di anni e tentazioni diverse) è l'emblema stesso di una frigidità glaciale. Questione anche di adattabilità. Scriveva l'autrice anni fa (purtroppo è scomparsa nel 2001): Mi è dunque successo di nascere per così dire già emigrata. Come spesso succede nella Svizzera quadrilingue, la mia famigliola di lingua italiana si era trasferita nella Svizzera tedesca, dove io appunto venni al mondo. Per cui, benché a casa si parlasse la nostra lingua, la vita intorno a noi si svolgeva nell'altra. E così immagino che ho incominciato a capire quanto si diceva, e a parlare, in due lingue contemporaneamente senza nemmeno rendermene conto. I bambini sanno sopportare questo ed altro. La mia vita privata si svolgeva in italiano, la mia vita sociale (giochi, asilo infantile e prime classi elementari) in tedesco.

Ma è proprio la lingua scritta a segnare la dimensione della Ceresa: qualcuno l'ha definita sperimentale (ahimé quella sciocchezzuola che solo perché frequentò qualche riunione del Gruppo 63 la si è voluta d'avanguardia) confondendo il piano stilistico con quello delle prospettive letterarie. La narrativa della Ceresa risente solo della 'dualità' della cultura assorbita: scrivendo in italiano rifà anche il tedesco con l'uso eccessivo del gerundio,dell'ablativo e dei verbi di modo. Ma è solo uno spunto: meglio ancora affermare che nell'universo 'polare' della scrittrice l'unica lingua è quella di una perfetta distanziazione dai sentimenti.

Ecco come descrive la crescita delle due ragazze, in preda ai primi 'sconvolgimenti' puberali: E' quindi forse corretta l'estrema leggerezza del loro comportamento appuntato sulla comparsa di un certo adipe pettorale destinato al seno e in quanto tale accolto schifiltosamente e non senza riserva, mentre le pelurie pubiche e sottoascellari godono da subito un certo favore essendone nota la generale qualità di appannaggio del mondo degli adulti al quale comunque è inevitabile accedere.

Infatti l'accesso al mondo degli adulti, e quindi dei maschi, per le 'bambine' è arduo. Il padre-padrone, distratto dal suo lavoro, e spalleggiato da una moglie succube che dopo la morte dell'unico maschietto si è chiusa in se stessa, rende assai difficile la vita sociale: Controllava attentamente le amiche ormai ridotte a frequentarle dentro casa e riuscì con comportamenti estremamente inurbani a impedire l'accesso a ben tre di esse perché risultate all'interrogatorio munite di fratelli maggiori.

Qualcuno ha sottolineato la 'scientificità' della prosa della Ceresa, intendendo con essa, crediamo, il dettaglio attento e preciso 'ammorbato' da una luce artificiale, come se davvero il mondo intero fosse illuminato non dal sole ma da una miriadi di neon che creano soltanto zone grigie e fredde, angoli in cui, mi si passi la metafora, spira il vento gelido della tramontana esistenziale.

Una storia siffatta non può non finire con un rituale scontato, un quotidiano lagnoso: Desiderose anzitutto di cambiare casa, le due sorelle pare si sposassero in relativamente giovane età, non senza immaginiamo aver seguito la solita trafila dei trasporti o infatuazioni giovanili come poi chiamar si vogliano, scegliendo ognuna con tutta evidenza lo sposo meno adatto commisurato com'era alla figura del padre: quale per distanziarsene e quale per averlo almeno provvisto di una sempre ammirata bellezza. Di una si sa che ebbe anche due figli, l'altra invece divorziò di lì a poco e senza ricadute.

Paradossalmente la chiusa del romanzo non appartiene alla biografia dei protagonisti, in questo caso soprattutto delle protagoniste, ma ad un senso sterile della vita e dei suoi addentellati: Così restano immobili a guardare il mondo con il loro asimmetrico sguardo umano, un occhio grande aperto a contemplare il contemplabile, l'altro assente segue altrove la transitorietà degli organismi viventi e l'inutilità delle cose in genere.

Visto che il termine 'agghiacciante' s'adatta perfettamente alla presunta scientificità dell'arte della Ceresa?





L'edizione da noi considerata è:



Alice Ceresa

Bambine

Einaudi - 1990



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