DE FALSU CREDITU
Fosco della Luparesca
La Maremmana
Il nibbio editore, Pag. 270 Euro 16,00
Il baccano stavolta fu talmente forte che la Maremmana, lesta, s'apprestò a richiudere la finestra e a confortare il Tiburzi. Avanzò treppicando e sciogliendo una canzone e fischiettandola: ma davanti al vetro apertò indietreggiò. Lo schiaffo del sinibbio le arrivò pungente, come una tirata di gatta che per grazia di Dio avesse sottratto la carne.
' Benedetto il Signore' disse, ma il core le fece un balzo di tristezza al rapido fruscio che sentì tra le foglie oltre la casa.
'Lucia, che hai, mi par tu abbia de' pensieri e di molti.'
Con Fosco della Luparesca (1845-1907) riscopriamo l'incedere arguto e simil-dialettale del toscanismo di Renato Fucini e del suo libro migliore Le veglie di Neri.
Ma nello scrittore di Cecina vi è inoltre una concretezza, se ci si passa il termine, ideologica che oggi la sua arte ci appare di più contestualizzata storicamente: non è un caso che il romanzo in questione tracci, anche se per somme vie, vicende e speranze delle guerre 'povere' di fine ottocento e il tentativo controrivoluzionario messo in atto dalla monarchia sabauda e dalla Chiesa, che determinò la grande protesta armata dei contadini contro i nuovi carichi imposti dal cosidetto Stato unitario e liberale.
Ma i personaggi principali de La Maremmana sono Lucia, la maremmana appunto, figura letteraria scolpita davvero nella roccia, con un profilo ed una tenzone mirabili che avrebbero affascinato lo stesso Manzoni e il Tiburzi, brigante davvero esistito, anzi, una sorta di emblema di quelle terre che fu assassinato dai regi Carabinieri il 23 ottobre 1896 nel casolare delle Forene di Capalbio ed immediatamente assurto ai fasti di eroe per un'intera popolazione e consegnato alla leggenda.
Fosco della Luperesca ci regala due ritratti intensi e mitici, dove nel racconto delle due esistenze si leggono istanze libertarie, ma anche i segni di una testimonianza di quegli anni vivida e netta. Nel discorrere della maremmana poi si avvertono, prodromi di un protofemminismo senza tara: donna sì, come si diceva allora, 'operaia dell'amore' (anzi, in questo Lucia anticipa e di molto, figure ancor più decise: la sua carnalità, i suoi accoppiamenti, i suoi amplessi dispendiosi), ma anche sostentatrice di sé e padrona della propria esistenza. La gestione che ha della locanda dove dà asilo ai briganti della zona, ai sensali, ai commercianti ambulanti e ai fiascherai è simbolo di un'emancipazione perfettamente riuscita e storicamente anticipatrice.
Dunque rileggiamo questo romanzo e rifrequentiamo autori non certo nostalgici, ma per certi versi cari ad un'idea della letteratura che nella globalizzazione ha perso le stimmate della propria innocenza.
' Benedetto il Signore' disse, ma il core le fece un balzo di tristezza al rapido fruscio che sentì tra le foglie oltre la casa.
'Lucia, che hai, mi par tu abbia de' pensieri e di molti.'
Con Fosco della Luparesca (1845-1907) riscopriamo l'incedere arguto e simil-dialettale del toscanismo di Renato Fucini e del suo libro migliore Le veglie di Neri.
Ma nello scrittore di Cecina vi è inoltre una concretezza, se ci si passa il termine, ideologica che oggi la sua arte ci appare di più contestualizzata storicamente: non è un caso che il romanzo in questione tracci, anche se per somme vie, vicende e speranze delle guerre 'povere' di fine ottocento e il tentativo controrivoluzionario messo in atto dalla monarchia sabauda e dalla Chiesa, che determinò la grande protesta armata dei contadini contro i nuovi carichi imposti dal cosidetto Stato unitario e liberale.
Ma i personaggi principali de La Maremmana sono Lucia, la maremmana appunto, figura letteraria scolpita davvero nella roccia, con un profilo ed una tenzone mirabili che avrebbero affascinato lo stesso Manzoni e il Tiburzi, brigante davvero esistito, anzi, una sorta di emblema di quelle terre che fu assassinato dai regi Carabinieri il 23 ottobre 1896 nel casolare delle Forene di Capalbio ed immediatamente assurto ai fasti di eroe per un'intera popolazione e consegnato alla leggenda.
Fosco della Luperesca ci regala due ritratti intensi e mitici, dove nel racconto delle due esistenze si leggono istanze libertarie, ma anche i segni di una testimonianza di quegli anni vivida e netta. Nel discorrere della maremmana poi si avvertono, prodromi di un protofemminismo senza tara: donna sì, come si diceva allora, 'operaia dell'amore' (anzi, in questo Lucia anticipa e di molto, figure ancor più decise: la sua carnalità, i suoi accoppiamenti, i suoi amplessi dispendiosi), ma anche sostentatrice di sé e padrona della propria esistenza. La gestione che ha della locanda dove dà asilo ai briganti della zona, ai sensali, ai commercianti ambulanti e ai fiascherai è simbolo di un'emancipazione perfettamente riuscita e storicamente anticipatrice.
Dunque rileggiamo questo romanzo e rifrequentiamo autori non certo nostalgici, ma per certi versi cari ad un'idea della letteratura che nella globalizzazione ha perso le stimmate della propria innocenza.
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