DE FALSU CREDITU
Adelaide Micràs-Macràs
La casa delle Lupinje
Meduse e Polipi, Pag. 255 Euro 18,50
Vi era nel silenzio della casa un che di magico e surreale. Quando mio padre entrò, agitando quel che gli era rimasto delle braccia, il mondo e l'ambiente stesso sembrarono per un momento allontanare l'imponderabile e l'opprimente. L'aria intorno era un concerto stridente, ma incantato, del richiamo delle lupinje in amore.
Siamo a metà del romanzo: Theo, il padre della protagonista, violinista di discreto successo fino al 1945, dopo il terribile terremoto che devasta Skopje ed alcune isole dell'arcipelago Egeo nel gennaio del 1946, perde entrambe le mani e anche la possibilità di mantenere la famiglia intera. Diamanda, la figlia più grande, bella e contesa, ma sempre incerta tra il desiderio di un amore impossibile ed il riscatto per una sorte infame che l'ha privata all'improvviso dell'affetto della madre, si offre carnalmente a Egys Iuduris, il proprietario di una fabbrica di cordame a Patrasso, perché il padre possa avere un posticino e risolvere parzialmente i problemi economici del parentado.
Lo otterrà, ma per la ragazza, idealista ed appassionata, sarà l'inizio di un calvario che la porterà financo a fuggire dalla amata casa paterna e a rifugiarsi presso una coppia di adulteri, prosseneta lui, ladra lei, pur di sfuggire alle pressioni di colui che aveva approfittato, per la prima volta, del suo corpo vergine ed intatto.
La casa delle Lupinje (per chi non lo sapesse, le lupinje sono civette grigie dei Carpazi che svernano lungo le coste della Grecia per il periodo che va da novembre ad aprile, per poi tornare nelle più tiepide zone montane baòcanicje nei mesi estivi) è il secondo romanzo della scrittrice, di origine aromena-valacca, Adelaide Micràs-Macràs (il suo primo libro Montagne verdi, ha avuto un tale strepitoso successo da consentire al suo connazionale Vassilij Miacos, cantautore di successo in patria, di realizzare un brano omonimo che è diventato, in poco tempo, una sorta di inno epico-sentimentale delle nuove generazioni.
Quest'ultima opera bisserà, ne siamo sicuri, il consenso di pubblico del precedente. Grazie anche ad una straordinario, innovativo, metodo di diffusione. Prima di uscire in volume è stata offerta contemporaneamente sul quotidiano Ernia, (un breve capitolo al giorno, un po' come succedeva per i grandi classici dell'ottocento, e non è un caso che la struttura de La casa delle Lupinje ricordi abbastanza nettamente le avventure de I misteri di Parigi di Eugene Sue), sulla rete, dove sul sito www.lupinjehouse.gr, si potevano seguire le peripezie di Diamanda, settimana dopo settimana e dove già si sono gettate le basi per un seguito a breve scadenza e sul canale satellitare "Oikos" dove il lunedì sera, la stessa Adelaide Micràs-Macràs intratteneva i telespettatori con un riassunto rapido di quel che si poteva leggere sul quotidiano e sulla rete appunto.
Qualche critico ha storto il naso, non tanto per l'eccessivo battage pubblicitario – che in un paese economicamente depresso come la Grecia, può sembrare una forzatura oltre il lecito – ma per l'eccessiva ridondanza naive (espressione sì ossimorica, ma che la dice lunga sugli addentellati letterari della Micràs-Macràs) del romanzo. La cui protagonista più che seguire le orme di un'eroina alle prese con il terzo millennio, sembra fuggita da un piano parallelo dove regna ancora il piglio di una Jane Austen (Orgoglio e pregiudizio), il senso dell'avventura di una Daphne du Maurier (Donna a bordo) e il pessimismo cosmico di una Lisetta Crzay (Ora o mai più!)
Siamo a metà del romanzo: Theo, il padre della protagonista, violinista di discreto successo fino al 1945, dopo il terribile terremoto che devasta Skopje ed alcune isole dell'arcipelago Egeo nel gennaio del 1946, perde entrambe le mani e anche la possibilità di mantenere la famiglia intera. Diamanda, la figlia più grande, bella e contesa, ma sempre incerta tra il desiderio di un amore impossibile ed il riscatto per una sorte infame che l'ha privata all'improvviso dell'affetto della madre, si offre carnalmente a Egys Iuduris, il proprietario di una fabbrica di cordame a Patrasso, perché il padre possa avere un posticino e risolvere parzialmente i problemi economici del parentado.
Lo otterrà, ma per la ragazza, idealista ed appassionata, sarà l'inizio di un calvario che la porterà financo a fuggire dalla amata casa paterna e a rifugiarsi presso una coppia di adulteri, prosseneta lui, ladra lei, pur di sfuggire alle pressioni di colui che aveva approfittato, per la prima volta, del suo corpo vergine ed intatto.
La casa delle Lupinje (per chi non lo sapesse, le lupinje sono civette grigie dei Carpazi che svernano lungo le coste della Grecia per il periodo che va da novembre ad aprile, per poi tornare nelle più tiepide zone montane baòcanicje nei mesi estivi) è il secondo romanzo della scrittrice, di origine aromena-valacca, Adelaide Micràs-Macràs (il suo primo libro Montagne verdi, ha avuto un tale strepitoso successo da consentire al suo connazionale Vassilij Miacos, cantautore di successo in patria, di realizzare un brano omonimo che è diventato, in poco tempo, una sorta di inno epico-sentimentale delle nuove generazioni.
Quest'ultima opera bisserà, ne siamo sicuri, il consenso di pubblico del precedente. Grazie anche ad una straordinario, innovativo, metodo di diffusione. Prima di uscire in volume è stata offerta contemporaneamente sul quotidiano Ernia, (un breve capitolo al giorno, un po' come succedeva per i grandi classici dell'ottocento, e non è un caso che la struttura de La casa delle Lupinje ricordi abbastanza nettamente le avventure de I misteri di Parigi di Eugene Sue), sulla rete, dove sul sito www.lupinjehouse.gr, si potevano seguire le peripezie di Diamanda, settimana dopo settimana e dove già si sono gettate le basi per un seguito a breve scadenza e sul canale satellitare "Oikos" dove il lunedì sera, la stessa Adelaide Micràs-Macràs intratteneva i telespettatori con un riassunto rapido di quel che si poteva leggere sul quotidiano e sulla rete appunto.
Qualche critico ha storto il naso, non tanto per l'eccessivo battage pubblicitario – che in un paese economicamente depresso come la Grecia, può sembrare una forzatura oltre il lecito – ma per l'eccessiva ridondanza naive (espressione sì ossimorica, ma che la dice lunga sugli addentellati letterari della Micràs-Macràs) del romanzo. La cui protagonista più che seguire le orme di un'eroina alle prese con il terzo millennio, sembra fuggita da un piano parallelo dove regna ancora il piglio di una Jane Austen (Orgoglio e pregiudizio), il senso dell'avventura di una Daphne du Maurier (Donna a bordo) e il pessimismo cosmico di una Lisetta Crzay (Ora o mai più!)
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