CLASSICI
Alfredo Ronci
La guerra insolita di Nello Sàito: 'Maria e i soldati'.
Un libro inusuale, anche se materia e stile possono ricondurre ad una sorta di neorealismo appena 'fuori' dall'accademia. Inusuale nella sua costruzione rarefatta, in principio quasi 'fiabesca', nell'impegno a collocarlo in una dimensione più vicino al nostro sentire.
Perché Sàito, pur raccontando di guerra, di resistenza e partigianeria è lungi dal mitizzare quest'ultima e la sua innocenza.
Uscito nel '47 e salutato felicemente dagli addetti Maria e i soldati ha sempre fatto uno strano effetto, a metà strada tra una rappresentazione non ordinaria della guerra di liberazione e forse il suo esatto contrario.
Vediamo perché. La trama è semplice: in un isolato magazzino della Sussistenza, dove si sforna pane in continuazione, i soldati-operai che devono subire le angherie di un 'maresciallo' all'improvviso, dopo una cognizione aerea, cominciano a fare i conti con la guerra e con la spaccatura di un paese. Dunque dove stare? Dalla parte dei militi che occupano il magazzino e che alcune notizie indicano come responsabili di razzie ed eccidi nei paesi circostanti, o dalla parte dei combattenti che stanno sulle montagne e che sono guidati da un personaggio, Andrea, che assume ben presto connotazioni quasi mitiche?
A spostare l'ago della bilancia di una decisione sofferta e dolorosa saranno Remo, il protagonista, che nutre anche una passione niente affatto celata per Maria, spalla destra di Andrea, e Bianchini, collega di Remo che ancor più tenacemente si trasforma in breve tempo in un partigiano convinto (Una faccia già abbronzata, volpina: come fosse stato sempre con loro, a fare quella vita randagia, fuori dei magazzini, l'occhio odiosamente fisso in avanti. Era divenuto anche lui un uomo di imboscate. Ecco perché li difendeva.)
La presa di posizione di Remo è più complicata. Parte da un'idea della violenza e del martirio non adatto ai tempi: Per me uccidere è una cosa irreparabile: a volte mi domando se sono un vigliacco come tanti, come Antonio oggi.
Non è l'unico a pensarla a quel modo. Zampese, un altro operaio-soldato di fronte al nemico dice: Proprio questo volevo sapere da te. Io invece ti dico che a me, per esempio, piacerebbe sparare e non uccidere nessuno.
La guerra e la resistenza così come siamo abituati a considerarle e a leggerle non si ritrovano nella letteratura di Sàito (così come non si ritrovava la Sicilia 'vittoriniana' nel suo romanzo Gli avventurosi siciliani): in Maria e i soldati abbiamo un ambiente che inizialmente sembra una struttura chiusa da universo concentrazionista (i magazzini) ed una contrapposizione tra i militi (che non vengono mai chiamati fascisti o nazi-fascisti) ed i soldati (per non parlare degli 'imboscati', nell'accezione più giusta del termine, che tranne in un paio di occasioni, non vengono mai chiamati partigiani) che apparentemente non è ideologica.
Ma i conti alla fine tornano sempre, a cominciare dal gesto coraggioso e autodistruttivo di Mauro (che sarà condannato alla fucilazione solo perché è ritenuto un 'rosso' e invece ha solo sfidato ad una prova di coraggio un 'milite') che determinerà nel gruppo di operai una presa di coscienza e dalla dinamicità di Bianchini che si ritroverà in un battibaleno ad essere operativo tra i partigiani.
Si avverte comunque nell'arte di Sàito, e soprattutto in questo caso, una capacità alla 'sospensione' che non è, come si potrebbe pensare, una sorta di rinuncia ad una presa di posizione, ma una via terza alla vita. Lo stesso amore di Remo per Maria, che non è mai conchiuso se non nei rari momenti di assoluta intimità, è avvertito dal lettore come un rapporto procrastinabile ad libitum. Invece il finale del libro, pur mantenendo un coerente 'distacco' di fondo, lo mostra intenso e gagliardo.
Libro dunque, come si diceva all'inizio, inusuale per materia incasellabile. Sàito, che fu essenzialmente un finissimo germanista, si dedicò più volte al romanzo: Maria e i soldati, il suo esordio, colpì per una specie di ritrosia. Era invece un bel coinvolgimento diretto, ma raro, alle cose del mondo e della vita.
L'edizione da noi considerata è:
Nello Sàito
Maria e i soldati
I Garzanti - 1970
Perché Sàito, pur raccontando di guerra, di resistenza e partigianeria è lungi dal mitizzare quest'ultima e la sua innocenza.
Uscito nel '47 e salutato felicemente dagli addetti Maria e i soldati ha sempre fatto uno strano effetto, a metà strada tra una rappresentazione non ordinaria della guerra di liberazione e forse il suo esatto contrario.
Vediamo perché. La trama è semplice: in un isolato magazzino della Sussistenza, dove si sforna pane in continuazione, i soldati-operai che devono subire le angherie di un 'maresciallo' all'improvviso, dopo una cognizione aerea, cominciano a fare i conti con la guerra e con la spaccatura di un paese. Dunque dove stare? Dalla parte dei militi che occupano il magazzino e che alcune notizie indicano come responsabili di razzie ed eccidi nei paesi circostanti, o dalla parte dei combattenti che stanno sulle montagne e che sono guidati da un personaggio, Andrea, che assume ben presto connotazioni quasi mitiche?
A spostare l'ago della bilancia di una decisione sofferta e dolorosa saranno Remo, il protagonista, che nutre anche una passione niente affatto celata per Maria, spalla destra di Andrea, e Bianchini, collega di Remo che ancor più tenacemente si trasforma in breve tempo in un partigiano convinto (Una faccia già abbronzata, volpina: come fosse stato sempre con loro, a fare quella vita randagia, fuori dei magazzini, l'occhio odiosamente fisso in avanti. Era divenuto anche lui un uomo di imboscate. Ecco perché li difendeva.)
La presa di posizione di Remo è più complicata. Parte da un'idea della violenza e del martirio non adatto ai tempi: Per me uccidere è una cosa irreparabile: a volte mi domando se sono un vigliacco come tanti, come Antonio oggi.
Non è l'unico a pensarla a quel modo. Zampese, un altro operaio-soldato di fronte al nemico dice: Proprio questo volevo sapere da te. Io invece ti dico che a me, per esempio, piacerebbe sparare e non uccidere nessuno.
La guerra e la resistenza così come siamo abituati a considerarle e a leggerle non si ritrovano nella letteratura di Sàito (così come non si ritrovava la Sicilia 'vittoriniana' nel suo romanzo Gli avventurosi siciliani): in Maria e i soldati abbiamo un ambiente che inizialmente sembra una struttura chiusa da universo concentrazionista (i magazzini) ed una contrapposizione tra i militi (che non vengono mai chiamati fascisti o nazi-fascisti) ed i soldati (per non parlare degli 'imboscati', nell'accezione più giusta del termine, che tranne in un paio di occasioni, non vengono mai chiamati partigiani) che apparentemente non è ideologica.
Ma i conti alla fine tornano sempre, a cominciare dal gesto coraggioso e autodistruttivo di Mauro (che sarà condannato alla fucilazione solo perché è ritenuto un 'rosso' e invece ha solo sfidato ad una prova di coraggio un 'milite') che determinerà nel gruppo di operai una presa di coscienza e dalla dinamicità di Bianchini che si ritroverà in un battibaleno ad essere operativo tra i partigiani.
Si avverte comunque nell'arte di Sàito, e soprattutto in questo caso, una capacità alla 'sospensione' che non è, come si potrebbe pensare, una sorta di rinuncia ad una presa di posizione, ma una via terza alla vita. Lo stesso amore di Remo per Maria, che non è mai conchiuso se non nei rari momenti di assoluta intimità, è avvertito dal lettore come un rapporto procrastinabile ad libitum. Invece il finale del libro, pur mantenendo un coerente 'distacco' di fondo, lo mostra intenso e gagliardo.
Libro dunque, come si diceva all'inizio, inusuale per materia incasellabile. Sàito, che fu essenzialmente un finissimo germanista, si dedicò più volte al romanzo: Maria e i soldati, il suo esordio, colpì per una specie di ritrosia. Era invece un bel coinvolgimento diretto, ma raro, alle cose del mondo e della vita.
L'edizione da noi considerata è:
Nello Sàito
Maria e i soldati
I Garzanti - 1970
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